Incontro su migranti e lavoro a Lamezia, Mimmo Lucano: “Questo un Governo dell'odio e della morte"

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Lamezia Terme – “Non siamo venuti solo per solidarizzare o per fare testimonianza, siamo venuti perché è doveroso" afferma Alioune Badara, Diop dell’ Ufficio Europa Fiom Nazionale per l’incontro che mette a confronto Fiom - Cgil nazionale. "Non è stata uccisa solo una persona ma un’istituzione, un sindacalista, non possiamo lamentarci se tutto il resto crolla”.

Il pilastro che crea le fondamenta verso la tutela di tutti, non solo dei migranti ma dell’Italia intera, questa l’idea di sindacato su cui restano impresse nella memoria le azioni di Soumaila Sako, e che continuano a camminare e ad infondere speranza in chi come lui crede nei principi di uguaglianza e solidarietà. “Gli articoli 1 e 3 della Costituzione italiana – dice Diop, comunità senegalese e cittadino italiano – garantiscono il diritto al lavoro e l’uguaglianza senza distinzione di razza”.

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"Il Cammino della speranza. Migranti: accoglienza, dignità, lavoro"  il titolo dell’iniziativa che restituisce di nuova luce la Sala Napolitano del Comune di Lamezia Terme. Presenti molti esponenti dei sindacati locali e nazionali, migranti, attivisti, volontari, e figure istituzionali calabresi fra cui Mario Oliverio Presidente della Regione Calabria. Un momento che si pone l’obiettivo non solo della riflessione su quanto di spiacevole è accaduto negli ultimi tempi, sul tema dello sfruttamento dei migranti, ma anche della riorganizzazione interna a sigle sindacali e partiti politici di contrasto all’attuale Governo Salvini.

“È restando sullo slogan Nord – Sud uniti nella lotta, che richiama l’ultima venuta in Calabria della Fiom Nazionale nel ’72 che vogliamo riorganizzarci – afferma Massimo Cavello della segreteria Cgil Calabria – un dibattito aperto non solo sull’emergenza ma anche sulla storia. È nel lavoro che i lavoratori trovano alleanza, che rivendicano una dignità individuale e collettiva”.

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Uno sguardo ampio quello assunto dagli intervenuti, che spazia da un argomento all’altro ma sempre a tutela dei diritti. A sfatare luoghi comuni e dicerie sgradevoli che partono dall’alto sono i racconti di torture, violenze, minacce, ricatti, i numeri dei migranti morti. “Altro che crociere – dice lo psichiatra di Medici per i diritti umani che opera con un team in provincia di Ragusa – c’è chi cade dai pick up e viene lasciato a terra nel deserto, c’è chi viene seviziato in Libia, trasmettendo le urla in diretta telefonica ai familiari  a cui chiedere i soldi del viaggio, ci sono ghetti in Libia in cui si defeca e si urina stando ammucchiati in 50 in una stanza. Sappiamo spesso dei morti nel Mediterraneo ma non sappiamo mai abbastanza dei morti nel deserto o nei centri di detenzione in Libia (9 su 10 muoiono)”. Intensificare l’ informazione può aiutare a leggere il presente.

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“Ci sono molti progetti che presto andranno in porto – spiega Federico Tsucalas, di Unhcr – qui a Lamezia con la Progetto Sud abbiamo lavorato sul tema dell’agricoltura sociale e sull’apicoltura”. La Calabria insieme al Piemonte e all’Emilia Romagna farà parte del piano nazionale sulla integrazione. “La Calabria rappresenta un buon modello anche per quanto riguarda l’esperienza di accoglienza diffusa, e per i progetti SPRAR che si basano non sulla emergenza ma sul principio di sussidiarietà”.

I migranti che vivono in Calabria sono felici di restare in Calabria, ma le imprese continuano nell’incessante sfruttamento dei braccianti agricoli. Da potenziare dunque la lotta al caporalato per dare dignità ai lavoratori. “Dal Porto di Gioia Tauro denunciamo sempre le condizioni di vita e di lavoro dei migranti – afferma un ragazzo senegalese – malgrado l’allestimento della nuova tendopoli le cose non sono per niente migliorate, non si può continuare a vivere con un 1 euro a cassetta di mandarini”.

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La difficile situazione in cui versano i migranti, partendo dalle guerre e dalle violenze, dal tragico viaggio, fino ad arrivare in Italia, e al suo conseguente sfruttamento, è fomentata dagli slogan politici al vertice del Governo. Ed anche di fronte ai modelli virtuosi sembra avere la meglio l’intolleranza. È il caso del piccolo pese di Riace, 1,600 abitanti di cui 450 migranti accolti dal sindaco Mimmo Lucano, passato alla storia per essere riuscito ad accogliere, integrare, i migranti e da questi e dal loro lavoro far rinascere un paese sempre più in fase di spopolamento. I controlli della mafia, le istituzioni corrotte, del più largo territorio non ci stanno, ed è per questo che continuano a creare problemi di non poco conto al sindaco.

“Invece di essere un problema – dice Lucano – l’immigrazione a Riace s’è rivelata una ricchezza, sebbene ancora in condizioni precarie poiché non s’è raggiunta l’autosufficienza. Abbiamo accolto tutti, anche persone sbarcate in situazioni di soccorso. Ci sono 20 nazionalità che ci dimostrano ogni giorno quanto sia normale la convivenza. S’è possibile a Riace è possibile in tutte le altre parti del mondo. Un Governo dell’odio e della morte – continua Lucano, seguito da un lungo applauso del pubblico in piedi – con cui l’Italia si sta macchiando di crimini contro l’umanità. Io voglio credere in una politica capace di avviare un’idea di emancipazione delle persone più deboli. Noi vogliamo giustizia per Soumaila Sako, noi vogliamo giustizia Becky Moses, i sindacati e la sinistra trovino il modo di reagire”.

Valeria D'Agostino

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