Lamezia, Arci: “No alla riapertura dei Cie, strumenti inutili e inadeguati”

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Lamezia Terme – Arriva un secco no alla riapertura dei Centri d'Identificazione ed Espulsione, come proposto dal neo Ministro dell’Interno Marco Minniti, da parte del comitato Arci Lamezia Terme/Vibo, che fa suo le considerazioni che la presidente dell’Arci Nazionale, Francesca Chiavacci, ha espresso in una lettera inviata al Ministro.

Nella lettera al Ministro, l’Arci “evidenzia che la proposta di affidare ancora una volta le politiche sull’immigrazione ad un investimento sui Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) è vecchia e stantia ancor prima di essere avviata. La stessa strategia è stata adottata, senza successo e senza risultati concreti, da precedenti Governi e Ministri”.

“L’idea sottostante all’aumento dei CIE – scrivono in una nota - è quella della gestione dell’immigrazione in chiave di espulsione, creando semplificazioni e facili correlazioni tra immigrazione e terrorismo, aumentando i pregiudizi e l’odio contro i migranti. Nel suo messaggio di fine anno, il Presidente Mattarella è intervenuto con forza e autorevolezza per lanciare un monito contro il collegamento sbagliato tra immigrazione e terrorismo, a dimostrazione che il clima diffuso nell’opinione pubblica va proprio in questa direzione”.

“Non vi è dubbio che occorre mostrarsi rigorosi e inflessibili contro ogni forma di violenza, - sottolineano - contro il tentativo in atto di minare le fondamenta dell'Europa, alimentando un clima di paura e uno stato di instabilità emotiva. Ma non possiamo agire riducendo le garanzie e i diritti degli immigrati, negando la nostra Costituzione e il principio di uguaglianza davanti alla legge, rinnegando in un colpo solo l’identità su cui si fonda l’idea stessa di Europa”.

“Ciò di cui abbiamo bisogno sono canali d’accesso regolari, - sottolineano - sia per la ricerca di lavoro sia per la richiesta di protezione internazionale, (canali da sempre chiusi, in particolare negli ultimi anni, nei quali non è stato emanato il decreto flussi, se non per gli stagionali, favorendo di fatto gli ingressi irregolari). Il CIE si rivela dunque strumento inutile e inadeguato: dati alla mano, - scrivono dall’Arci - si colpiscono quasi esclusivamente persone che hanno perso il lavoro e riguardano comunque poche migliaia di persone e non quei soggetti pericolosi e criminali, che trovano comunque il modo di entrare in Italia. A dimostrazione di ciò basta recuperare i dati e le esperienze di alcuni CIE in Italia, incluso quello di Lamezia Terme, chiusi per gestioni discutibili”. “Da qui il nostro No- commentano -  a qualsiasi ipotesi di riapertura e/o ampliamento dei CIE in Calabria o sul resto del territorio italiano. Se non si vuole consegnare questo Paese ai Salvini e alle destre xenofobe, bisogna mettere in campo una politica che punti a impedire le morti da frontiera, lo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici, le diseguaglianze crescenti, la povertà diffusa”.
“È sulla base della nostra esperienza concreta di questi anni, signor Ministro”, conclude la missiva dell’ARCI al Ministro, “che Le chiediamo di congelare ogni iniziativa volta ad aumentare il numero dei CIE e di aprire un confronto con le organizzazioni sociali, laiche e religiose, con i sindacati e le organizzazioni di categoria, riaprendo quel Tavolo Immigrazione Nazionale che da anni è stato bloccato, per mettere in campo iniziative concrete nel campo dell’immigrazione e dell’asilo. A partire dall’esperienza dei soggetti del Terzo settore e delle organizzazioni sociali che – concludono - quotidianamente, nei territori, si confrontano con le persone, con le loro storie e i loro diritti”.

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