Lamezia, Cavaliere su nomine cda Multiservizi: “Si attinga alle risorse della città”

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Lamezia Terme – “Penso alla città e mi viene in mente lo scrittore scozzese Stevenson che dopo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde pubblica un altro romanzo sorprendente ma meno conosciuto, Il signore di Ballantrae”. E’ quanto afferma Claudio Cavaliere sulla situazione in città, in particolar modo su quella in cui versa la società partecipata della Lamezia Multiservizi dopo il rifiuto dell’incarico da parte dei nuovi nominati del Cda.

“Forse perché uno dei protagonisti – afferma ancora Cavaliere - come Lamezia, muore tre volte per finta, sfugge anzi per tre volte alla morte vera per poi, inevitabilmente, trovarla. Oppure perché è un romanzo quasi prevalentemente notturno che non propone nessun finale consolatorio; è una storia sulla paura e sul male che alla fine inghiotte tutti; è passato e presente con dentro quelli che appaiono gli incubi ricorrenti di Stevenson, il doppio interno, l’alter ego antagonista e irriducibile. Tutti temi che richiamano la storia e le situazioni che sta vivendo la nostra città e anche noi cittadini.

Con una aggravante, che ribadisco per come mi viene, sommessamente e spero senza boria: le iniziative dei commissari - al netto della mitica “eredità” che in Calabria non si nega a nessuno - appaiono discutibili, ultimo quelle sulle designazioni alla Multiservizi. Non si lascia una Spa senza rappresentanza legale; non si designano persone prima di avere assunto la loro piena e completa disponibilità; non si revocano rappresentanti se non si nominano contestualmente i sostituti facendo decadere il cda.

Mi chiedo e chiedo: perché non attingere alle risorse della città quasi si trovassero di fronte ad una comunità di qualche centinaio di abitanti che non ha al suo interno alcuna energia positiva, nessuno in grado di assumersi uno straccio di responsabilità?

Ritengo sbagliata questa concezione della vita pubblica radicata esclusivamente nell’idea di una struttura politica e sociale accentrata nello Stato. C’è in questa visione una sfida diretta alla concezione di cittadinanza col suo accento sul potere di iniziativa. C’è in questa visione una concezione che crea danno allo spazio civico che già appare, senza alcun ombra di dubbio, l’elemento di maggiore debolezza del quadro locale.

Chi viene da fuori potrà abbellire il suo curriculum anche se avrà provocato sfracelli che nessuno potrà in futuro ricordargli. Chi viene da fuori è soprattutto interessato a tutelare la propria posizione come si è verificato con i designati nel cda della Multiservizi che inviano lettere inutili che servono a costruire nulla. Ma amministrare significa anzitutto assumersi responsabilità, sbrogliare rogne quotidiane più che viaggiare sul velluto, trovare soluzioni più che essere formalisti, magari tenendo in mente quella famosa scritta che il presidente Usa Truman teneva bene in vista sulla sua scrivania: The buck stops here, Lo scaricabarile finisce qui!

Pochi fanno riferimento all’ultimo comma dell’art. 145 del Tuel che dovrebbe servire ad impedire alle commissioni straordinarie di chiudersi nel fortino ed alzare il ponte levatoio nei confronti della città, con un atteggiamento di sdegnoso non coinvolgimento che ricorda molto le truppe di occupazione.

Sulla Multiservizi c’è e ci sarà molto da dire a partire dalla circostanza banale che le scelte politiche sbagliate alla lunga si pagano. Non credo che la nostra città abbia bisogno di qualcuno – che ha semplicemente rinunciato ad una designazione e non si è dimesso da niente è bene chiarirlo – che ci faccia sapere quello che già conoscono tutti. E soprattutto un solo lato della medaglia che mette in agitazione fornitori e dipendenti. Che omette di dire che il maggiore debitore della società è proprio quell’ente che li aveva designati in una spirale schizofrenica che non serve a nessuno.

Si sa che c’è un manierismo antimafioso che si è impadronito di molte cose, un potere dei luoghi comuni che ha provocato danni, indignazione senza talento, parole senza conseguenze, scelte senza responsabilità, ciarlatani assurti a riferimento. Loro malgrado, i commissari di un comune sciolto per infiltrazioni mafiose sono anche dei simboli. E allora occorre dire che i simboli generalmente si accettano o si negano, rischiano perciò di creare tifosi, partigianeria, impossibilità di discussione. Creano conformismo, sciocchezze semplicistiche, impedendo che le questioni spinose siano discusse apertamente e senza vincoli o autocensure. Esattamente ciò di cui non abbiamo bisogno.

Penso alla città - conclude Cavaliere - e mi viene in mente quello che pochi giorni fa ha detto il Ministro di Grazia e Giustizia all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Catanzaro: “Siamo in Calabria perché qui pesano di più l’inefficienza e l’assenza dello Stato.”

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