Lamezia, concluso laboratorio formativo "Stato di salute" della Comunità Progetto Sud

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Lamezia Terme - Stato di salute è il titolo dell’ultimo Laboratorio formativo della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme, svolto il 15 e 16 dicembre 2017, con gli operatori dei suoi servizi sociosanitari e culturali. “Ci siamo chiesti – affermano dalla Progetto Sud - “dove porteremo la sanità calabrese?” (e non “dove andrà la sanità calabrese?”), perché è deleterio lasciarla ancora nelle mani di soli rappresentanti politici. Costoro l’hanno portata al commissariamento, non gli ammalati, costringendone troppi a migrare e provocando il fuggi fuggi di operatori socio sanitari che avrebbero piuttosto potuto lavorare in Calabria”. Nel corso dell’incontro è stato affrontato come. per creare salute vera, “le istituzioni dovrebbero impegnarsi maggiormente a corrispondere ai bisogni veri di singoli, famiglie e gruppi i quali, a loro volta, dovrebbero partecipare di diritto e di fatto alla costruzione di quel bene comune che è la salute pubblica. Solo compartecipando potremo spuntarla, ammalarsi di meno e curarsi meglio in una regione ancora inadeguata a fornire salute alla popolazione. Sì, perché la regione diverrà inferma se le sue istituzioni pensano di poter continuare a fare da sole e a ostacolare la partecipazione dei cittadini al funzionamento corretto dei servizi di prevenzione, cura e riabilitazione”.

Alla relazione “Per restare e crescere in salute” del Presidente Don Giacomo Panizza è seguito l´intervento puntuale di Antonio Bevacqua, Segretario generale della Fp CISL Calabria su “I punti forti e le debolezze del comparto della sanità in Calabria”. Undici gruppi di studio hanno analizzato l’argomento da diversi punti di vista, e col dottor Massimo Campedelli, Sociologo, hanno esaminato “Le indefinite dimensioni della salute”in una regione in cui il comparto sanitario rimane farraginoso rispetto agli smisurati bisogni esistenti. I servizi gestiti dalla Progetto Sud, spiegano “promuovono salute quando si prendono cura delle persone con disabilità, con dipendenza da droghe, alcol o azzardopatie. Tutelano la salute quando prevengono malattie sia alle donne costrette in strada a prostituirsi che ai “clienti” e ai loro familiari. Fanno salute quando coinvolgono le comunità locali ad accogliere gli stranieri o gli italiani esclusi dalla vita sociale. Producono salute quando sui mass media e i social diffondono informazioni utili al benessere delle famiglie. Ci sarebbe ancor più salute se ci fossero scambi più cooperativi tra le Istituzioni e i servizi pubblici e privati”.

La salute, infatti, precisano “non viene veicolata solo dall’ospedale ma anche da varie realtà territoriali appropriate, come il lavoro, la scuola, lo sport, le opportunità di benessere attraverso agenzie e servizi validi. Purtroppo, stiamo arretrando verso un sistema di delega e paternalistico piuttosto che avanzare verso uno democratico e partecipato. Diventa necessario liberare il comparto della sanità calabrese da questioni afferenti al mero potere. Il salto vero sarà quello capace di offrire risposte di salute alla popolazione; di mettere in campo professioni sociali, sanitarie e educative a regime con gli standard nazionali dei livelli essenziali di assistenza; di impiegare i nostri giovani titolati che impoverirebbero la Calabria semplicemente andandosene altrove. La salute può tanto aiutare la libertà e la libertà aiutare la salute. Nessuno le regala, vanno prese”.

In finale l’incontro si è soffermato sul ruolo futuro dei soggetti che offrono l’assistenza in Italia. “Senza sorprenderci, abbiamo constatato – concludono - che le famiglie rappresentano il quarto pilastro del welfare e che per l’assistenza esse spendono più di quanto spendono i loro comuni, seppur parecchie sopportino pesanti indebitamenti. Da questo, accanto all’importanza di considerare i soggetti che organizzano l’assistenza, abbiamo approfondito il se e il come poter organizzare chi ne ha bisogno al fine di fare in modo che la spesa privata di una famiglia, su un bisogno uguale a quello di altre famiglie, possa venire compartecipata. È importante che il “cliente” solitario divenga collettivo. È apprezzabile ripensare il mutualismo tra famiglie con persone con disabilità, con componenti non autosufficienti, con altri che se rimarranno soli possano avere un'altra chance per ri-fare casa e famiglia. Ci è piaciuto riproporre la mutualità come altro nome della solidarietà, a patto che lo Stato e le sue istituzioni non lascino sole le persone nelle situazioni di bisogno ma facciano bene e fino in fondo la loro parte”.

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