Lamezia e i suoi primi 50 anni, nonostante tutto

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di Virna Ciriaco.

Cinquanta anni e non sentirli. Tanto è passato dalla fondazione di Lamezia Terme. Era il 4 gennaio 1968, infatti, quando fu ufficializzata l’unione dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia nell’omonima Piana. Un’anima da sempre tripartita tra commercio, agricoltura e sviluppo infrastrutturale che ha stentato e che stenta, tutt’oggi, a decollare.

Una città che non ha mai raggiunto il suo grado di fusione, il suo “unicum”, una città nata da pensiero lungimirante di Arturo Perugini che in Lamezia vedeva “la Brasilia del sud”. Nel tempo, però, la città della piana si è poi adagiata su se stessa facendo il gioco di chi, dall’esterno, vedeva in questa neonata città la reale possibilità di divenire il centro politico e culturale della Calabria a discapito della tre province “storiche”.

Ma a Lamezia, a distanza di 50 anni dall’unione e dell’auspicio di Perugini, è rimasto solo l’aeroporto più grande della Calabria. Il sogno dell’università, della Sir di Rovelli e di un centro direzionale regionale è naufragato grazie anche alle divisioni interne che hanno animato la politica cittadina, lacerata tra anime nicastresi e sambiasine a tutto vantaggio di città come Catanzaro, in primis, e poi Cosenza (vedi Unical, ndr) e Reggio Calabria.

Una divisione ancora presente e che travalica le mura lametine se è vero che fuori Lamezia ancora associano a quest’ultima le parole “Nicastro”, “Sambiase” e “Sant’Eufemia” per capire l’esatta collocazione di un’attività commerciale o dove abita un lametino. E tutto questo si riflette anche nello sport ed il calcio, su questo fronte, ne è un esempio: una città, Lamezia, che esprime non una o due ma più squadre di calcio e che, attualmente, non rientrano neppure nel calcio professionistico. Anche la segnaletica stradale non aiuta. Anni fa, dalle pagine di questo giornale, abbiamo più volte segnalato come la cartellonistica in prossimità dell’autostrada ancora indichi ai viaggiatori la suddivisione cittadina con i nomi dei tre ex comuni così come lungo diverse strade provinciali che attraversano il territorio comunale.

L’unità, a cinquant’anni, dall’unione di questi tre ex comuni, passa anche da queste piccole cose. Ovviamente non esistono solo di queste facezie su cui riflettere ma anche argomenti più importanti e, per certi versi, più complessi. Come il fatto che la città festeggia i suoi “primi” cinquanta anni con l’inizio di un commissariamento a seguito del terzo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Una città, quindi, che a livello d’immagine ne esce profondamente lacerata.

Festeggiamenti, probabilmente, in tono minore, con un comitato che è stato fondato proprio per affrontare al meglio questo cinquantennale ma che al suo interno, prima ancora dell’inizio delle celebrazioni, ha già presentato il conto con le sue divisioni e l’addio di uno dei suoi membri.

Una città complessa che negli anni ha subito diversi scacchi e depauperamenti: dalla sanità fino ad arrivare alla chiusura del carcere e di tanti uffici e delegazioni regionali e provinciali. Lamezia, per la sua complessità, potrebbe essere paragonata ad una piccola Italia, tante ne ha viste e ne ha fatto vedere in cinquant’anni. Capitolo a parte, ovviamente, è quello relativo alla criminalità che l’ha fatta da padrona anche se lo Stato, soprattutto negli ultimi anni, ha ripreso in mano la situazione spronando i cittadini, con le diverse operazioni, ad alzare la testa e ribellarsi all’egemonia mafiosa.

Purtroppo, se da una parte c’è chi ha deciso di denunciare le vessazioni subite, c’è anche chi ha svenduto il proprio voto verso i “soliti noti” facendo così cadere la città nuovamente nel baratro del commissariamento.

Un refrain che si ripete sempre uguale e che non fa che contribuire a depauperare una città che con tutte le operazioni condotte da Dda e forze dell’ordine stava cercando di ritrovare un suo equilibrio ed una visione positiva per il futuro.

A cinquant’anni dalla sua fondazione, dunque, Lamezia si ritrova a fare un bilancio in chiaroscuro, con tanti giovani ancora senza lavoro e costretti ad emigrare, beni archeologici da valorizzare piuttosto che tener chiusi o abbandonati all’incuria, un aeroporto internazionale da potenziare, una politica che faccia il suo dovere piuttosto che vendersi al miglior offerente o esser ancora manovrata dalla “longa manus” della criminalità.

Una città sospesa tra ciò che poteva e doveva essere e ciò che, invece, è divenuta: la Cenerentola tra le città più grandi della Calabria, il brutto anatroccolo che, alla soglia dei cinquant’anni, aspetta ancora di trasformarsi in cigno. Nel frattempo, però, al via i festeggiamenti da parte del comitato con i premi ai migliori lametini degli ultimi cinquant’anni.

Tanti, nel bene o nel male, a prescindere dai premiati dal comitato organizzatore dei festeggiamenti, sono le persone che negli anni hanno deciso di rimanere a Lamezia e cercare di mantenerla a galla. Una menzione speciale, a cinquant’anni dalla fondazione di Lamezia, va dunque rivolta a quanti hanno deciso di rimanere e di investire in questa città così complessa. Un premio, ed una speranza, va a tutti quei lametini che ancora, a distanza di cinquant’anni, con tutti i depauperamenti subiti e la nomea di città mafiosa, hanno deciso di rimanere a Lamezia Terme per dare una speranza ed un futuro a loro stessi, ai loro figli ed alla città che ogni giorno che passa dichiarano fieramente di amare e difendere, nonostante tutto. 

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