Lamezia, relazione del Prefetto su scioglimento: “Apparente perbenismo per nascondere l’infiltrazione della criminalità”

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Lamezia Terme – “Condotte illecite connesse ad una vera e propria mercificazione di voti e 'dimissioni a tappeto' che hanno rappresentato un ulteriore indizio del sistema utilizzato per nascondere l’infiltrazione mafiosa e il condizionamento della criminalità organizzata dietro un apparente perbenismo”. La proposta di scioglimento del prefetto Luisa Latella inviata al Ministro dell’Interno fa emergere un quadro allarmante e disegna inoltre una sorta di “fil rouge” con lo scioglimento degli anni 1991 e 2002, ripetendosi in assoluta continuità, “con un passaggio di mano da padre/figlio e nipote”. Il dpr dello scioglimento è stato notificato proprio oggi a Sindaco e consiglieri comunali. 

In attesa della pubblicazione del Decreto di scioglimento su Gazzetta ufficiale però, quello che viene delineato dalla relazione della Prefettura di Catanzaro è un contesto ben preciso: illegittimità e illeciti in materia di appalti sempre assegnati alle stesse ditte, “mala gestio” sulla vicenda della mensa scolastica, sulla gestione del verde pubblico e dell’ex cantina sociale, ma anche un riferimento all’ormai ex sindaco Mascaro sugli incarichi legali da lui ricoperti.

“Nonostante le operazioni di Polizia, continuano ad operare quattro cosche”

Ciò che emerge di Lamezia, terza città della Calabria e area centrale che ospita importanti infrastrutture, è quello di un territorio che, nonostante le numerose e importanti operazioni di polizia susseguitesi, resta dominata e influenzata da quattro cosche: Giampà, Iannazzo, Cerra-Torcasio-Gualtieri, Cannizzaro-Daponte-Gagliardi.

"Mercificazione di voti"

“Le indagini di polizia giudiziaria  – è scritto facendo riferimento anche alla più recente Crisalide – hanno messo in evidenza l’influenza delle cosche lametine nella campagna elettorale per l’elezione del Sindaco e del consiglio comunale relativa alle consultazioni del 31 maggio 2015”.

Si parla così di “consultazioni inquinate all’origine da condotte illecite connesse ad una vera e propria ‘mercificazione di voti’  che ha riguardato direttamente o indirettamente esponenti di maggioranza e di minoranza, ed in primis, il presidente e vicepresidente del consiglio comunale, nonché diversi assessori.

Dimissioni a tappeto: “perbenismo per nascondere condizionamento criminalità”

Un riferimento importante poi, alle tante dimissioni che durante l’amministrazione Mascaro si sono susseguite tra consiglio e Giunta. “Le dimissioni a tappeto – è precisato – con conseguenti surroghe che sono seguite all’insediamento della commissione d’accesso – non modificano, anzi aggravano il quadro d’insieme perché costituiscono un ulteriore indizio del sistema utilizzato per nascondere l’infiltrazione ed il condizionamento della criminalità organizzata dietro un apparente perbenismo”.

"Duplice veste" del Sindaco

La relazione stilata dalla commissione d’accesso si è inoltre soffermata in particolare sulle attività antimafia del Comune, come ad esempio la costituzione di parte civile nei processi contro la criminalità e o nell’assegnazione di beni confiscati.

Da quanto emerge, “si evidenzia la contemporaneità degli atti di costituzione parte civile con la difesa di esponenti di massimo rilievo delle cosche lametine dei Iannazzo e di loro sodali, da parte del sindaco e del vicesindaco, entrambi avvocati, in prima persona, attraverso i propri studi legali. La lettura della cronologia degli atti adottati – si specifica ancora – nella duplice veste di rappresentanti legali dell’Ente e di liberi professionisti – contraddice le pubbliche dichiarazioni rilasciate per smentire tale contemporaneità”.

"Anomalie ed omissioni nell'aggiudicazione dei beni confiscati"

Sotto la lente d’ingrandimento inoltre, “anomalie ed omissioni nelle procedure di aggiudicazione dei beni confiscati”. Come nella relazione del ministro Minniti, si fa infatti riferimento ad un bene agricolo aggiudicato da una società inattiva da tempo perché sottoposta ad indagini per indebite percezioni di erogazioni pubbliche, falso in atti e truffa nei confronti dell’Arcea” e della quale, uno dei responsabili risulterebbe vicino ad esponenti della criminalità crotonese.

Dalla relazione della commissione d’accesso, che ha passato al vaglio un vasto numero di determine adottate dalla dirigenza comunale, emergerebbe “una diffusa casistica di illegittimità ed in alcuni casi di illeciti che potrebbero avere rilievo penale stante l’utilizzo accertato di procedure non conformi alla norma soprattutto in materia di appalti”. Si parla inoltre di un vero e proprio “sistema” che avrebbe portato da un lato, all’aggiudicazione di appalti sempre alle medesime ditte attraverso una loro rotazione, e per un altro verso, “il sostanziale recupero del ribasso offerto in sede di gara, utilizzando il meccanismo delle proroghe dell’appalto”. Inoltre, si evidenzia come i lavori apparissero “eseguiti senza alcuna programmazione e senza controlli in corso d’opera, con ricadute negative sul territorio e sulla popolazione destinataria dei servizi". 

“Mala gestio” e carenza di controlli

Nella proposta di scioglimento si parla poi di una vera e propria “Mala gestio” nella vicenda dell’appalto mensa alla Cardamone colpita da interdittiva antimafia, nella gestione del verde publico e dell’ex cantina sociale. “Quando la mala-gestio è così diffusa – si evidenzia – è sicuramente imputabile all’amministrazione la carenza di controlli, che, ancorchè a campione, devono comunque esserci e devono, unitalmente all’atttività di indirizzo, investire trasversalmente l’operato dei funzionari con qualifiche dirigenziali”.

“Un fil rouge” che lega i tre scioglimenti

Tutti elementi, che il prefetto di Catanzaro reputa in assoluta continuità con quelli del 1991 e del 2002. “Appare di particolare rilievo – si legge infine – il raffronto tra le risultanze dell’accesso attuale e le relazioni propedeutiche agli scioglimenti degli organi comunali per infiltrazione della criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetistico avvenuti nel 1991 e nel 2002. Una sorta di fil rouge lega le tre relazioni, ripetendosi in assoluta continuità i nomi degli attori sempre scelti all’interno delle medesime famiglie che ruotano attorno ai clan dominanti, con una sorta di passaggio di mano da padre/figlio e/o nipote”.

Alessandra Renda

 

 

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