Lamezia, ricordato don Milani a cinquant'anni dalla sua morte: “Il suo messaggio ancora attuale”

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Lamezia Terme - A cinquant' anni dalla sua morte, presso l'IC don Milani di Lamezia Terme, nel presentare "Lettera ai cappellani militari - Lettera ai giudici" edizione critica e postfazione di Sergio Tanzarella, è stato ricordato il pedagogista, scrittore e docente italiano don Lorenzo Milani. L' evento, organizzato dal Sistema Bibliotecario Lametino e dal Cenacolo Filosofico, si ripeterà in pomeridiana alle 18 al nuovo Caffè Letterario, Chiostro San Domenico, ed è aperto alla cittadinanza. Oltre al professor Filippo D'Andrea, ideatore del Cenacolo Filosofico, ad introdurre la figura storica di don Milani, in merito al libro in questione, è stato lo studente Domenico Caparello. All' evento, oltre all' IC Don Milani, hanno preso parte anche l'IC di Sant' Eufemia Lamezia, l'Istituto d' Istruzione superiore Leonardo Da Vinci, il Centro Ricerche Personaliste Prospettiva Persona della Calabria, la società Filosofica Italiana - Sezione Universitaria Calabrese. 

Un momento particolarmente partecipato, in sala polivalente, che ha visto l'apertura colorata e dinamica degli studenti di più fasce d'età, per ricordare con un flash mob e performance le frasi più celebri della figura che nel tempo e, grazie alla sua pedagogia, ha rivoluzionato il sistema scolastico italiano. Don Milani, il cui nome riporta ai valori umani essenziali, quali la fratellanza, l'altruismo, la democrazia, la legalità, ma anche ai principi di uguaglianza e di inclusione sociale, ha introdotto la scrittura collettiva ed ha coinvolto i giovani disagiati della scuola di Barbiana alla conoscenza e alla reciprocità, a quel tipo di istruzione ben lontana da lezioni frontali. Ma più di ogni altra cosa, di lui si ricorda l'obiezione di coscienza opposta al servizio militare per cui fu anche denunciato e processato per 'apologia di reato'. "Un reato estinto per morte del reo - ha ricordato Giacinto Gaetano, responsabile del Sistema Bibliotecario Lametino - Quest'anno c'è stata una giustizia storica. Papa Francesco si è recato a Barbiana e ha riconosciuto don Milani come sacerdote". Dunque, ricordarlo a distanza di cinquant' anni può voler dire attualizzare il messaggio di don Milani, necessario soprattutto per questo momento storico. "Venendo qui stamattina - commenta ancora Gaetano - notavamo che oggi è festa delle forze armate, un motivo in più per riflettere sulle due lettere che costarono la condanna di don Lorenzo, lettere diventate manifesto dell'antimilitarismo".

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"Una scuola gratuita senza voti, senza competizione, senza cattedre ne pagelle - così hanno letto i ragazzi della primaria - La scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde". Un chiaro interrogativo, lanciato da don Milani, verso i docenti e verso i linguaggi ancora da reinventare. Troppo spesso, infatti, uno dei problemi più frequenti è quello di non riuscire a persuadere i giovani perdendo la loro attenzione con programmi ministeriali troppo rigidi, o con metodi vecchi.

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"Possedere più parole vuol dire essere liberi" così diceva don Milani. Allora si svuotino di retorica le parole e si riempiano di contenuti, stando innanzitutto in ascolto delle nuove generazioni. Ed è quello che ha fatto accadere questa mattina, in pochi minuti, Sergio Tanzarella, lasciando il tavolo e sedendo con i più piccoli per terra.

"Perché si fa la guerra? - ha chiesto - Perché non si va d'accordo, perché ci sono i soldi, e i soldi ci sono perché ci sono le armi - l'avvicendarsi delle risposte è stato immediato - Don Milani ha scritto una lettera contro la guerra e contro la violenza. Perché la guerra si fa per i soldi ma non si può giustificare. Don Milani - prosegue Tanzarella, ordinario di storia della Chiesa presso la facoltà teologica dell'Italia - ha inoltre preso le guerre che l'Italia aveva combattuto. La prima e la seconda, e ha cercato di scrivere una storia diversa da e sui libri di storia. La prima guerra mondiale (1915 - 1918) ha spiegato che si poteva anche non fare. Sapete quanti morti ci sono stati? Circa 700 mila morti. Adesso sti sta celebrando al monumento ai caduti non tanto un ricordo ma una vittoria. Ma quanto denaro è costata? Per combatterla l'Italia ha fatto dei debiti. 70 anni di debiti che solo negli anni '80 abbiamo finito di pagare. E poi ancora 1 milione di feriti. Fra questi circa 100 mila persone ferite gravemente, cioè mutilate". 

Valeria D'Agostino

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