Lamezia, ricordato giudice Giovanni Falcone a 26 anni dalla Strage di Capaci, Procuratore Curcio: "Obiettivo è recuperare etica sociale"

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Lamezia Terme - Ricordato a 26 anni dalla sua tragica morte, Giovanni Falcone. Il giudice, passato alla storia per aver contribuito a sconfiggere la mafia mediante il suo onesto sacrificio professionale e la sua devozione al servizio dello Stato, è stato oggetto di dibattito nell'aula 14 del Tribunale di Lamezia Terme. L'uditorio, che nonostante la commemorazione ha lasciato molte sedie vuote, ha prestato ascolto ad una serie di interventi mirati a più spunti di riflessione. Organizzato dalle libere professioniste Kitsy Niaty, ricercatrice specializzata in diritto costituzionale italiano e comparato, e Zaira Niaty, legale per il Movimento Difesa del Cittadino, in collaborazione con Aiga Lamezia.

"La figura di Giovanni Falcone nella comprensione del fenomeno mafioso, tra mafia, politica e istituzioni, a 26 anni dalla Strage di Capaci", questo il titolo del convegno che ha visto fra i relatori, preceduti dal Commissario Straordinario Francesco Alecci, anche il Procuratore della Repubblica di Lamezia Terme Salvatore Curcio, lo storico e giornalista esperto del fenomeno 'ndranghetista Arcangelo Badolati, il Presidente della Commissione speciale anti 'ndrangheta della Regione Calabria Arturo Bova, il Presidente dell'Ordine dei Dottori commercialisti e revisori dei conti di Lamezia Terme, Massimiliano Canzonieri, Andrea Parisi avvocato e coordinatore regionale Aiga.

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In aula, anche il messaggio di Maria Falcone, sorella del giudice commemorato, che ha tenuto a ribadire la differenza fra bene e male, attuando un continuo controllo e decidendo da che parte stare. Ancora, un omaggio a Falcone, con la poesia di Alda Merini grazie alla voce di Ivonne Garo. In più momenti è stato posto l'accento su mafia e politica. Nella fattispecie il Commissario Alecci, che oggi siede al posto della poltrona del sindaco a seguito di un comune di 71 mila abitanti sciolto per mafia, si è chiesto del sentire comune e degli umori della città. All' intreccio di connivenza fra istituzioni e mafia, deve seguire però da parte dei lametini onesti l'orgoglio ad abitare questa città. L'invito del Commissario è orientato al rispetto della legge e dei valori più alti e nobili dello Stato.

A restituire memoria al giudice Falcone, le immagini fornite dalle parole di Badolati il quale ha rimandato al maestro Rocco Chinnici, all'amicizia sacra con Paolo Borsellino, alla lotta a Cosa Nostra partendo dai primi interrogatori a pentiti come Tommaso Buscetta, fino ad arrivare alla sua instancabile forza e poi all'isolamento dei colleghi. "Falcone era oltraggiato - ha affermato Arcangelo Badolati - perché era un uomo di destra, ed era oltraggiato nei fatti, nella prosecuzione della sua carriera. Quando si è candidato al Csm è stato letteralmente 'trombato', cioè non eletto. È come se la morte lo avesse salvato da ciò che gli avevano tolto". Quando si parla di Falcone non si può non fare riferimento alla sua forte caratura umana, grazie alla quale il giudice del maxi processo era riuscito ad identificare i tratti identitari di Cosa Nostra. Ma dagli interrogatori fatti con alcuni pentiti, Falcone ne usciva quale giudice corrotto.

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"Se dobbiamo rendere omaggio a questo giudice - ha aggiunto Badolati - dobbiamo essere sinceri e dire la verità, Falcone è stato oltraggiato e calunniato. Anche Sciascia si lasciò trascinare". Cosa Nostra e 'ndrangheta non erano estranee fra loro. Altro dato interessante fornito dallo storico si ricollega all'uccisione del giudice Antonino Scopelliti, di Reggio Calabria. Quando Falcone arrivò a Villa San Giovanni disse "Questa non è una cosa calabrese - ha proseguito Badolati - c'è di mezzo il maxi processo".

Il Procuratore Curcio, a cui è seguito un plauso per i numerosi risultati portati avanti nella Procura di Lamezia, di stagioni antimafia ne ha viste tante, ma riguardo l'antimafia sociale sente di fornire un ulteriore accenno: "c'è una certa stanchezza nel sentire discorsi teoretici - ha affermato - siamo circondati da parolai, abbiamo bisogno non di maestri ma di testimoni. Meglio perdere 100 processi piuttosto che assistere ad associazioni antimafia che pensano solo ad arricchirsi a livello personale". Il Procuratore Curcio, entrato in magistratura 30 anni fa, ha avuto la fortuna di fare il tirocinio a Roma proprio con Giovanni Falcone. Ma cosa ha lasciato, da trasmettere, Falcone? "La circolarità e la specializzazione - ha aggiunto il Procuratore - il metodo Falcone è passato alla storia per essere un metodo investigativo nuovo, ci ha trasmesso serietà e professionalità e soprattutto la necessità a non prediligere scorciatoie investigative. Dobbiamo ritornare a parlare di quella antimafia che ha a che fare con le coscienze, l'obiettivo principale è recuperare un'etica sociale".

Valeria D'Agostino

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