Lamezia, “Senza identità non v'è appartenenza”: incontro formativo Osservatorio delle Due Sicilie all'Istituto "Ardido-Don Bosco"

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Lamezia Terme – “Senza identità non v’è appartenenza”. Questo è lo slogan che ha accompagnato l’incontro formativo organizzato dalla Scuola Secondaria di I grado per le classi 3^G e 3^H, tenuto dall’Osservatorio delle Due Sicilie, l’associazione culturale operante sul territorio lametino da più di 10 anni e che ha come scopo quello di diffondere la verità storica pre- e post-unitaria. Quella verità che “non è mai statica ma frutto di un lavoro di riscoperta che l’Associazione svolge da tempo, e che si innesta sul lavoro trentennale di ricerca fatta da altre realtà associative italiane, con la raccolta e l’incrocio di dati e informazioni provenienti da archivi italiani ma anche spagnoli, francesi e maltesi, attraverso una indagine meticolosa scientificamente sostenuta che ha portato alla luce ciò che la storiografia ufficiale del passato non ha scritto e solo in alcuni casi ha solo accennato”.

Il dottor Alessandro Malerba, presidente dell’Associazione, insieme ad alcuni membri, l’ing. Roberto Longo, l’ing. Carlo Bernardo, il sig. Gennaro Strangis, il prof. Giuseppe De Sensi, ha presentato le tappe storiche più importanti che hanno visto protagonista questa parte d’Italia anche attraverso interessanti aspetti linguistici e culturali. Ad aprire l’incontro di contenuto storico-sociale è stato il sindaco di Mongiana, arch. Francesco Angilletta, che ha raccontato la sua esperienza di emigrazione che lo ha riportato nel paese nativo dei genitori dopo avere frequentato le scuole in Germania. Perché proprio dal percorso didattico-educativo  incentrato sulla tematica  “Lavoro ed emigrazione” affrontato con le suddette terze dalle professoresse Elena Bianco e Valentina Greco, è partita l’idea di invitare l’associazione che dal 2017 presenta nelle scuole la rassegna “Il Risorgimento visto dal Sud”. La scuola è infatti il luogo privilegiato dove costruire consapevolmente il futuro conoscendo il passato, perché le scuole devono essere fucina di menti pensanti e di spirito critico con cui accostarsi alla Storia ponendo e ponendosi delle domande, per capire quello che sono state le nostre radici culturali, sociali ed economiche.

Con un racconto ampio e appassionato, che ha saputo catturare l’attenzione delle alunne e degli alunni, il dott. Malerba ha dato la possibilità ai ragazzi di scoprire molti aspetti finora sconosciuti, anche con un filmato conclusivo definibile “emozionale” in cui sono racchiusi tutti i “primati” che il Regno delle Due Sicilie deteneva nella seconda metà dell’Ottocento. Alla fine della presentazione curata con linguaggio adeguato alle conoscenze e alle competenze storiche di questa fascia d’età, gli alunni delle classi partecipanti che si erano preparati all’evento grazie anche alla lettura del libro “Io resto al Sud” scritto dal giornalista pugliese Lino Patruno alcuni anni fa, hanno rivolto domande di curiosità e proposto riflessioni.

L’obiettivo, pienamente raggiunto, è stato non solo quello di  far conoscere di più le caratteristiche del nostro passato, le risorse di questa parte d’Italia nel periodo pre- e post- unitario, ma anche quello di incuriosire i ragazzi perché possano costruire o sviluppare un senso di appartenenza, lontano da quell’atteggiamento di radicata vergogna e di diffuso disagio che spesso accompagna gli abitanti del Sud nei confronti del  Nord, forse proprio frutto di quella “educazione alla minorità” che l’antropologia annovera tra le conseguenze della forzata unificazione del Regno delle Due Sicilie al resto d’Italia.

Perché le giovani generazioni, se dovessero mai lasciare la loro terra, non per libera scelta ma per indotta necessità, continuando a dare seguito a quella dolorosa fuga di cervelli che da molti anni il Sud Italia conosce, portino almeno con sé nel loro bagaglio la loro identità. Perché se è vero che senza identità non v’è appartenenza, è innegabile che senza appartenenza non vi è quella specificità identitaria necessaria per correggere quelle storture che il mondo globalizzato, insieme ai tanti vantaggi, porta inevitabilmente con sé, e costruire quindi un futuro “glocalizzato”, un futuro migliore in cui ognuno abbia a pieno titolo il proprio posto.

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