E il metodo Dalla Chiesa mandò in galera Matteo Messina Denaro

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Dalla Chiesa “sapeva già tutto”; Dalla Chiesa sapeva di correre seri rischi quando venne nominato prefetto in Sicilia nell’aprile del 1982.  Alcuni stralci del suo diario, parlando idealmente alla prima moglie Doretta (Dora Fabbo) deceduta, tratti da La Stampa del 14 novembre 1985: “la verità è che in poche ore sono stato catapultato […] in un ambiente infido, ricco di un mistero e di una lotta che possono anche esaltarmi, ma senza nessuno intorno, e senza l’aiuto di una persona amica, senza il conforto di avere alle spalle una famiglia. Mi sono trovato d’un tratto in casa d’altri e in un ambiente che da un lato attende dal tuo Carlo i miracoli e dall’altro va maledicendo la mia destinazione e il mio arrivo. Mi sono trovato, cioè, al centro di uno Stato che affida la tranquillità della sua esistenza non già alla volontà di combattere e debellare la mafia e una politica mafiosa, ma all’uso e allo sfruttamento del mio nome per tacitare l’irritazione dei partiti, pronti a buttarmi al vento non appena determinati interessi saranno o dovranno essere compressi”. Dalla Chiesa “sapeva già tutto”, addirittura che sarebbe diventato vittima sacrificale; venne ucciso per mano mafiosa in pieno centro a Palermo. È sopravvissuto, però, il suo metodo d’indagine che ha permesso la cattura di Matteo Messina Denaro. Non ci crederete, ma il giorno dell’arresto ho visto il Generale sorridere compiaciuto. Mah, saranno gli scherzi visionari dell’età che avanza.

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