Il discorso di Mattarella a Nairobi e il Festival della Complessità

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla_865eb_a280e_8b2cb.jpgMentre ascoltavo alla tv il 16 marzo scorso il discorso di Mattarella all’Università di Nairobi in Kenya, mi accorgevo che molti passaggi riguardavano le problematiche economiche collegate alla sostenibilità ambientale e alle tematiche della Complessità: “Non ci si può cullare nell’illusione di perseguire prima gli obiettivi di sviluppo economico per poi affrontare in un secondo momento le problematiche ambientali. (…) Non da oggi siamo consapevoli come le attività umane abbiano un impatto sull’ambiente e sul clima. (…) Gli effetti del cambiamento climatico stanno subendo un’accelerazione definitiva. (…) Ondate di calore, inondazioni, siccità, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari. (…) Il contrasto al cambiamento climatico, secondo modi e tempi, dettati dalla comunità scientifica costituisce un obbligo ineludibile che riguarda tutti “. A tal proposito ha ricordato la keniota Wangari Maathai, prima donna africana a ricevere il premio Nobel per la pace; ambientalista e attivista ha profuso un impegno continuo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace: “Grazie alla sua azione che lo sviluppo sostenibile non è solo appannaggio di politici e scienziati”. Carbon fossile e ossido di carbonio hanno provocato l’innalzamento della temperatura del Pianeta e la diminuzione della biodiversità: perdita irreparabile di ecosistemi con gravi rischi per l’umanità. Urgente “un’economia decarbonizzata; catastrofe imminente e non ci sarà un secondo tempo. Necessario il cambio di paradigma per affrontare l’emergenza climatica”. I ghiacciai rischiano di scomparire sul monte Kenya, sul Kilimangiaro e sulle Alpi”. Bisogna coniugare efficacia e solidarietà: “E’ un obbligo che riguarda tutti, se vogliamo lasciare alle giovani generazioni un pianeta dove l’umanità possa vivere in pace”.

 E’ sicuramente un obbligo contraddistinto dall’etica anche per Giuseppe Gembillo, filosofo della Complessità, direttore del Centro Edgar Morin di Messina e coordinatore per 18 anni della Scuola di alta formazione Francesco Fiorentino di Lamezia Terme; da decenni si occupa di tali tematiche in chiave storica, teoretica e scientifica. Lo studioso relazionò al Festival della Complessità nel 2019 sul Fare una buona scienza. In quella occasione ricordò Rachel Louise Carson, biologa e zoologa statunitense, che nel 1962 pubblicò Primavera silenziosa (Silent Spring); la stagione del risveglio primaverile era appunto diventata silente perché non si sentiva il canto degli uccelli scomparsi per l’uso indiscriminato del DDT.  Il libro mette a fuoco attraverso ricerche e analisi scientifiche, i danni causati dall’uso dei pesticidi sull’ambiente e sull’uomo; la pubblicazione ebbe notevole successo, creò una tale sensibilizzazione che il DDT venne vietato anni dopo; Silent Spring è considerato il primo manifesto ambientalista. Ciò nonostante, da allora, purtroppo, i danni ecologici si sono moltiplicati al di là della messa al bando di alcuni pesticidi.

Ma l’opera del professore Giuseppe Gembillo, insieme a quella di altri intellettuali, continua; tra iniziative, seminari, convegni e ricerche riafferma un cambio di paradigma per favorire lo sviluppo sostenibile e risolvere le problematiche ambientali. Tappa importante sarà quella dei prossimi mesi in cui coordinerà insieme a Fulvio Forino, presidente di Dedalo ’97, ideatore e direttore della manifestazione, gli eventi della XIII edizione del Festival della Complessità che si svolgeranno da maggio a luglio. Tema di quest’anno, Dialoghi sui mondi possibili.  Come nella lettera di presentazione, “il Festival della Complessità nasce dalla convinzione che la natura, la vita, i sistemi biologici e le persone sono complessi”. Allo stesso modo i sistemi sociali, le città, i linguaggi e la società. Lo sviluppo è la conseguenza di tale complessità caratterizzata da relazioni, connessioni, collaborazioni, integrazioni, ma anche da egoismi e conflitti. E noi dobbiamo trovare le soluzioni. Tante volte nella Scuola di Alta Formazione Francesco Fiorentino si è discusso sui limiti dello specialismo che ci dà spiegazioni parziali della realtà; l’approccio, al contrario, deve esser sistemico, un metodo che sta conquistando uno spazio sempre più importante sia nell’ambito delle scienze sia in ambito umanistico. Interrelati tra di loro. Tutto ciò “per trovare soluzioni inedite ai tanti problemi che la stessa complessità genera”.

Lo specialismo non è in grado di dare una spiegazione esaustiva della realtà perché essa è tutta intrecciata, è una rete: “Ogni essere vivente è un sistema complesso, aperto e adattivo. Emerge e prende vita da reti e relazioni tra più sottosistemi che lo compongono e che mutano senza sosta, influenzandosi a vicenda all’interno di un contesto con il quale co-evolvono e con cui hanno una relazione di reciproca influenza. Si generano così complessità, incertezze e situazioni (…) che vanno affrontate (…) dopo aver elaborato una strategia flessibile che porti a decisioni e ad azioni efficaci”. E allora, attraverso il Festival, “bisogna promuovere la cultura della complessità e la visione sistemica”. Approfondire attraverso un linguaggio divulgativo le tematiche proposte dai gruppi di lavoro. Le conversazioni saranno i contenuti da proporre nelle scuole e negli incontri con le forze produttive. Si possono veicolare anche con mostre, spettacoli musicali, visite guidate, spettacoli teatrali.

Per quanto riguarda il tema di quest’anno, Dialoghi sui mondi possibili: “Oggi il mondo sta cambiando più rapidamente e profondamente che mai. (…) Ci sono un’infinità di mondi. Ambiente, società scuola, scienza, tecnologa, arte e cultura.  Sono solo alcuni dei mondi da esplorare alla ricerca di fatti, esperienze, conoscenze che aiutino a rendere più probabili nuovi modi di essere di mondi possibili”. La ricerca si rivolge sia a ciò che è conosciuto in maniera incompleta sia all’ignoto o alla distanza che ci separa tra i due mondi. E la curiosità diventa il motore della ricerca. Per andare oltre il conosciuto bisogna abituarsi a leggere la realtà complessa: multidimensionalità, relazioni, cambiamento, pluralità dei punti di vista, dei saperi, evitando la semplificazione.

Chi ha voglia di impegnarsi diventa partner promotore del Festival, realizzando eventi nella propria realtà: “Sono persone, associazioni, istituzioni, enti locali e altri soggetti motivati a proporre una riflessione sulla complessità per favorire una cultura sistemica”. I partner promotori si raccordano con lo Staff, gruppo di volontari impegnato a coordinare le diverse esperienze e facilitare gli eventi proposti. In questo lavoro costante sono sempre presenti gli obiettivi più importanti: “Approfondire e divulgare i concetti di complessità e di approccio sistemico che aprono nuove visioni della vita e della realtà”.

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