L’università di facebook

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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 Stiamo assistendo da giorni e giorni a qualcosa di incredibile e di inaudito, nel rincorrersi di sensazioni e di emozioni, di rabbia e di dolore, dopo la tragedia di Genova. Il segno di un tempo triste e degenerato, figlio di un’epoca che ha prodotto mostri politici - e altri ne genererà ancora -se non si corre al riparo nelle scuole, nelle università ma soprattutto nelle famiglie. Parlo di quella che è stata definita l’università di Facebook ma potrei chiamarla anche l’università di Twitter o della rete in genere, o finanche di alcune reti tv, dove sta tenendo banco impunemente il festival dell’ignoranza, del qualunquismo, dell’improvvisazione, del sentito dire, dell’ incultura, della violenza verbale, della cattiveria, dell’insulto approssimativo quanto volgare. Un’università in cui tutti sono docenti, in cui dilagano in verità i ciucci e presuntuosi.

Ognuno, infatti, è diventato ingegnere o strutturista, architetto o progettista; tutti sono ora in grado di dire quanto crollerà il ponte di Catanzaro o quello di Celico, se non prima quello di Caulonia o quello di Crotone. Anche coloro i quali avrebbero il compito di agire e non di parlare a vanvera stanno fornendo il meglio del loro repertorio. Il dilagare della follia ascientifica e puramente di dileggio è il segno di tempi bui e cupi, frutto e segno non solo di un passaggio d’epoca ma di un mutamento di costumi e di assenza di serietà. Questo paese forse non merita tutto ciò ma forse sì, non so.

È il momento che a questa follia si ponga, però, un freno, un alt o almeno che qualcuno si svegli da un torpore che ha portato a questo quadro sociale ancor prima che politico, che ci sta regalando una stagione di regresso persino antropologico. Se i ponti e le strade crollano, se tutto attorno a noi sembra collassare siamo noi a esserne responsabili per primi, con la nostra incultura e il nostro pressappochismo, la nostra fretta, la nostra volontà di colpire e ferire senza alcun interesse a capire. Quei morti di Genova meritavano e meritano un altro paese, un’altra Italia, un altro rispetto. Siamo diventati invece un popolo di smanettatori seriali, di torquemada da strapazzo e il senso del limite, della modestia, della solidarietà, dell’umiltà non sappiamo più cosa siano. E questo non riguarda più solo il popolo generico ma anche il popolo che sta in alto e che dovrebbe dare l’esempio. E invece ne gode. Speriamo che qualcuno si svegli e prenda coscienza. L’università di Facebook non ci porterà molto lontano...

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