Un po’ di geopolitica per comprendere la guerra in Ucraina

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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In questi tempi di guerra mi sono rivolto alla geopolitica per avere un quadro realistico, o per lo meno verosimile, della tragedia a cui stiamo assistendo, lontano dal condizionamento dei talk show, il più delle volte strumentali ai tornaconti della politica politicante nostrana. Da circa due mesi a questa parte le letture del sottoscritto si sono concentrate su Limes, Domino e Scenari, riviste di geopolitica. La prima in edicola fin dal 1993, le altre due fresche di stampa. Come è successo anche per altri avvenimenti trattati precedentemente, qualche cenno storico sugli ultimi decenni ai fini di una migliore comprensione di alcune dinamiche del presente nei luoghi di guerra dell’Europa orientale. Dopo Gorbaciov ed Eltsin, Vladimir Putin è diventato il nuovo leader della Russia. In precedenza è stato nel KGB (Comitato per la Sicurezza dello Stato nell’ ex Unione Sovietica); si dimise nel 1991 e fece i primi passi in politica come vicesindaco a San Pietroburgo. In seguito si unì all’amministrazione di Eltsin che gli affidò la direzione dell’FSB (Servizio federale per la sicurezza in Russia). Nel 1999 diventò Primo Ministro, nominato da Eltsin dimissionario. Per due mandati Capo del Governo; per quattro mandati Presidente della Federazione Russa.

Il conflitto in Ucraina non è scoppiato all’improvviso; nel 1991, quando l’Urss (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) si sciolse, cominciarono a determinarsi come entità politiche indipendenti quelle regioni che avevano fatto parte dello Stato sovietico o sue alleate. Successivamente la Nato (Alleanza Atlantica in materia di sicurezza) si allargò su loro richiesta ad alcuni di quei Paesi che prima erano nell’area dell’ex Unione Sovietica (Estonia, Lituania, Slovenia, Polonia, Ungheria, Romania…). Accettando, quindi, l’articolo 5 del Trattato Nato secondo cui un attacco armato ai danni di uno o più Stati alleati si considera come attacco contro ogni componente; in tal caso scatta l’autodifesa collettiva in ossequio all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. A tal riguardo la politologa Maria Morini ricorda nel suo articolo su Scenari l’intervento molto duro di Putin alla conferenza sulla sicurezza a Monaco il 10 febbraio del 2007. Disse tra l’altro: “Vorrei citare il discorso del generale della Nato Manfred Worner a Bruxelles il 17 maggio del 1990: < Il solo fatto che non siamo disposti a dispiegare le truppe della Nato fuori dal territorio tedesco fornisce all’Unione Sovietica salde garanzie di sicurezza>. Dove sono queste garanzie?”. La citazione per mettere in evidenza “la sindrome dell’accerchiamento” sempre presente nella dottrina della politica estera russa.

L’Ucraina allora non aderì; nacque come Stato indipendente neutrale. Al suo interno, però, ci sono sempre state tensioni tra filorussi e filoccidentali. Tali frizioni si sono tradotte in lotta politico-elettorale tra i candidati presidenziali, in particolare fra il filorusso Janukovic e il filo occidentale Juscenko; nel 2004 la “rivoluzione arancione” in seguito alla denuncia di brogli elettorali; verso la fine del 2013 proteste per la decisione del governo di Janukovic di sospendere l’accordo di associazione con l’Unione europea (libero scambio); escalation delle proteste  e  “Rivoluzione della dignità”; parteciparono  forze variegate, anche minoranze di estrema destra e gruppi ultranazionalisti; le manifestazioni furono in massima parte pacifiche fino a metà febbraio del 2014;  il 19 e il 20 dello stesso mese  unità speciali della polizia di Kiev spararono sulla folla; il Parlamento ucraino votò per rimuovere  Janukovic che  riparò in Russia. Da ricordare il rogo ad Odessa di manifestanti di estrema sinistra nella Casa dei Sindacati ad opera di esponenti di estrema destra.

 Sempre nel 2014 soldati russi, i cosiddetti uomini verdi, si impadronirono della Crimea; conseguente referendum, non riconosciuto da Kiev, e annessione della Crimea alla Russia. Nello stesso anno “gli uomini verdi” occuparono alcuni edifici amministrativi della regione del Donbass. Dalla Russia arrivarono finanziamenti e aiuti militari. La guerra cominciò i primi di aprile quando venne autoproclamata dai separatisti filorussi la Repubblica popolare del Donetsk; allo stesso modo della Crimea, furono indetti dei referendum a Donetsk e Lugansk, regioni al confine con la Russia; vittoria del “sì”. Tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 gli “Accordi di Minsk”; furono firmati nella capitale della Bielorussia con la mediazione di Germania e Francia; si cercò così di porre fine alla guerra che aveva causato 14 mila vittime. Dopo la Presidenza ad interim di Turcinov, fu eletto nuovo presidente Poroshenko; ma non avvenne il cambiamento sperato: non riuscì a limitare la corruzione e l’arricchimento degli oligarchi; inoltre non erano stati puniti coloro che avevano sparato contro i manifestanti del 2014; e ancora, continuavano, anche se in tono minore, le ostilità con i separatisti.

Nell’ottobre del 2019, la voglia di cambiare dell’elettorato portò sulla scena politica dell’Ucraina un altro presidente, Zelesnky, vittorioso al ballottaggio con Poroshenko, avendo ottenuto il 73% dei consensi.  Attore di successo, all’improvviso politico; efficace nella comunicazione; ha provato a instaurare un dialogo con Putin senza riuscirci; un solo incontro fallimentare e alcune telefonate con zero risultati. Tensione. Già a novembre dell’anno scorso truppe russe al confine con l’Ucraina; secondo alcune fonti statunitensi Putin era pronto per l’invasione e per rovesciare il governo Zelesnky; contatti tra funzionari degli Usa e della Russia senza soluzioni; rinforzi militari ad Est nelle zone di confine da parte della Nato; il 21 febbraio, dopo il riconoscimento delle Repubbliche di Donetsk e di Lugansk, il capo del Cremlino ha inviato altre truppe nel Donbass; il 24 febbraio inizia l’operazione militare speciale. Il nuovo “zar” della Russia ha motivato l’invasione con la denazificazione dell’Ucraina non considerando che Zelensky ha origini ebraiche ed era stato liberamente eletto; forse aveva creduto di fare un’operazione speciale lampo, ma l’esercito russo si è impantanato in territorio ucraino. Sono trascorsi più di due mesi e non si vede la conclusione del conflitto, città distrutte, migliaia di vittime, civili e militari. Per adesso mi fermo qui. Ci sarebbe tanto altro da scrivere. Ma credo che sia sufficiente per la comprensione della guerra, non scoppiata all’improvviso. Spero vivamente che si arrivi ad un “cessate il fuoco”, ripristinando immediatamente proficui incontri diplomatici per forre fine a questo disastro europeo che potrebbe scivolare in una guerra globale.

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