di Francesco Sacco
Lamezia Terme – Si sono da poco concluse le riprese de “L’Afide e la Formica”, opera prima del regista lametino Mario Vitale, girata interamente a Lamezia e interpretata, tra gli altri, da Beppe Fiorello, Cristina Parku e Valentina Lodovini. Ambientato in un Sud estraneo ai soliti cliché che spesso hanno caratterizzato un certo tipo di cinema, il film narra una storia di integrazione e rinascita incentrata sul rapporto tra un burbero professore di educazione fisica, Michele (Fiorello), e un’adolescente musulmana, Fatima (Parku), decisa a inseguire i suoi sogni in un’età sempre piuttosto problematica, soprattutto in un milieu a volte non proprio inclusivo.
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Reduce da una fortunata “gavetta” nei cortometraggi (le riflessioni esistenziali sul mondo del lavoro dei pluripremati “Il Tuffo” e “Al Giorno D’Oggi Il Lavoro Te lo Devi Inventare” e l’omaggio al cinema anni ’80 di “Prenditi Cura Di Me”), Vitale approda così a un primo lungometraggio apparentemente distante dal suo background, confermando una spiccata sensibilità nel trattare tematiche trasversali, ma legate da un sottile fil rouge a una poetica determinata da una particolare attenzione alla dimensione emotiva dei suoi personaggi. Lo sguardo antropologico sull’eterno dualismo tra bene e male di “Al Giorno D’Oggi”, l’introspezione psicologica e le ambizioni da Bildgunsroman di “Prenditi Cura Di Me”: sono tutti elementi che, a quanto pare, hanno influito anche sull’elaborazione de “L’Afide e La Formica”, rivelatosi, a conti fatti, un debutto nel segno della continuità. E non è un caso, a tal proposito, la partecipazione di altri talenti lametini quali il compositore Francesco Strangis e Francesco Governa (co-autore di una sceneggiatura scritta a quattro mani con lo stesso Vitale, Saverio Tavano e Josella Porto), entrambi all’ennesima collaborazione con il regista, fulcro di un progetto firmato Indaco Film con il supporto di Rai Cinema, Mibact e Calabria Film Commission. In attesa di iniziare un lavoro di post-produzione che dovrebbe consegnare la pellicola alle sale cinematografiche nel 2021, ne abbiamo discusso un po’ con Mario, alle prese con un periodo di transizione utile a metabolizzare quanto accaduto nell’ultimo mese nella sua Lamezia, divenuta un set cinematografico en plein air per il suo film d’esordio. Non esattamente cose che capitano tutti i giorni.
Innanzitutto, dopo aver staccato un po’ dal set, sei riuscito a metabolizzare tutto quello che è successo nell’ultimo mese?
“Ma sì, in quest’ultima settimana mi sono riposato un po’. Ho dormito e sono stato tranquillo a casa, perché comunque si è trattato di un mese di riprese, è vero, ma vengo da un lungo periodo di preparazione, quindi il lavoro è stato stancante però poi molto soddisfacente. Sono contento. Anzi, ti dirò: sabato abbiamo finito le riprese, ma lunedì avrei già voluto iniziare un nuovo film”.
Parliamo di una storia di integrazione, ma anche di rinascita per certi versi, ambientata in un Sud distante dai soliti cliché che spesso hanno caratterizzato la nostra terra, come avete sottolineato più volte sia tu che parte del cast, a partire da Beppe Fiorello. Analizzando il tuo percorso fin qui, quindi i tuoi cortometraggi, dal clima surrealista de “Il Tuffo” all’estetica pop anni ’80 di “Prenditi Cura Di Me”, penso venga già fuori buona parte del tuo background, i tuoi feticci, le tue ossessioni. Come si presta quello che è il tuo immaginario, sicuramente in continua evoluzione, a una trama simile? Che film dobbiamo aspettarci?
“Sarà un po’ sempre sulla linea dei miei precedenti lavori, perché comunque i temi che mi stanno a cuore sono sempre quelli e sono il fulcro delle emozioni umane. Già nei miei precedenti cortometraggi andavo a toccare questi argomenti, che partono sempre da una pulsione emozionale e umanistica. Quindi anche qui, alla fine, riprendo quello che è un po’ il mio pallino: raccontare le emozioni umane, le emozioni dei protagonisti. E in questo senso, questo film, nato a partire dal 2016, quando avevo appena finito di girare “Al giorno d’oggi”, risente un po’ sia di quel corto che di “Prenditi cura di me”. È stato tutto un percorso che mi ha accompagnato fino a qui. E anche in questo caso, non mancherà un tocco di surrealismo, di situazioni oniriche”.
Il tuo cinema è sempre stato attraversato anche da una marcata componente esistenziale, e al centro del film troviamo il rapporto padre/figlio che si instaura tra un uomo in crisi, Michele (Fiorello), e Fatima (Cristina Parku). Un argomento che avevi già sfiorato, tra l’altro, con “Al Giorno D’Oggi Il Lavoro Te Lo Devi Inventare”. Esiste un legame, in questo senso, tra due opere che potrebbero essere abbastanza diverse?
“Sì, esiste, appunto, nei termini che spiegavo prima. Sono progetti che sono stati sviluppati quasi contemporaneamente, perché il film, chiaramente, ha avuto una gestazione molto più lunga che ha preso un arco di tempo in cui ho lavorato a “Al giorno d’oggi” e “Prenditi cura di me”, quindi sicuramente c’è un collegamento tra questi due lavori. Poi magari non è un collegamento voluto, ragionato, pensato. Però, inconsciamente, questo forse è un tema che mi interessa, che è un po’ generalizzato al rapporto tra padri e figli. Tra l’altro, io ho un rapporto bellissimo con mio padre. Ecco, credo sia una cosa che mi interessa andare ad approfondire anche in maniera inconscia”.
Quanto è stato complicato girare un film ai tempi dello spauracchio Covid-19, in uno scenario che forse si prestava maggiormente a un film post-apocalittico?
“È stato molto complicato. Perché abbiamo comunque voluto rispettare tutti i protocolli di sicurezza, tutte le norme anti-Covid: tamponi ogni settimana per gli attori, sierologici per noi della troupe. Tutte le persone che venivano sul set dovevano essere testate, sierologizzate. Da questo punto di vista è stato fondamentale anche l’aiuto della Croce Rossa, che è stata presente ogni giorno sul set. Ci misurava la temperatura, compilava i registri, svolgeva tutte le attività relative alle norme anti-contagio. Però non potevamo fermarci. Bisognava comunque andare avanti e dare anche un segnale di positività. Cinema, musica, teatro: sono quelle categorie che vengono penalizzate per prime, vengono ritenute più o meno attività non essenziali”.
Come è stato lavorare con attori del calibro di Beppe Fiorello e Valentina Lodovini? Che tipo di interazione avevate? Alla fine, il regista eri comunque tu…
“Ed è stato così. Ho iniziato ad approfondire il rapporto con Beppe questa estate, perché ci siamo visti spesso per lavorare sul testo, sul suo personaggio, ed è stato un rapporto di scambio, sia con lui che con Valentina. Sono due grandi professionisti, quindi mi posso ritenere veramente molto fortunato ad averli avuti, soprattutto in un’opera prima, che presenta un po’ più di difficoltà. Per ora, sono molto felice di tutto quello che abbiamo fatto, del lavoro che ho fatto con loro. Adesso è tutto in divenire”.
Quando speri possa uscire il film?
“Io inizierò il montaggio tra pochi giorni. Quindi spero, Covid e tutto il resto permettendo, di arrivare tra la primavera e l’estate 2021 con il film pronto per l’uscita”.
Sul serio hai già iniziato a pensare al tuo prossimo lavoro?
“Ma io ho tantissime idee sempre in mente (ride, ndr). Anche mentre sviluppavo questo film, contemporaneamente, pensavo ad altre due o tre cose. Ho un po’ di idee parcheggiate lì che stanno aspettando di essere pescate e approfondite. Intanto, però, finiamo questo film”.
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