Lamezia Terme – Quattro condanne e quattro assoluzioni si è concluso così il processo “Reventinum” nell’aula Garofalo del tribunale lametino davanti al presidente Silvestri e, a latere, i giudici Foresta e Agosti. Dopo circa sei ore di camera di consiglio è stata data lettura del dispositivo di sentenza chiudendo, quindi, il primo grado del processo denominato “Reventinum” per gli imputati che hanno scelto il rito ordinario a tre anni dalla prima udienza.
Le condanne
Marco Gallo - 15 anni di reclusione;
Luciano Scalise - 12 anni e 11 mesi, 15mila euro di multa, assolto da alcuni capi.
Pino Scalise - 11 anni di reclusione e 9.500 euro di multa, assolto alcuni capi.
Angelo Rotella - 6 anni e 7 mesi di reclusione, 6.250 euro di multa, assolto da alcuni capi.
Condannato Marco Gallo, Pino Scalise, Luciano Scalise, Angelo Rotella in stato di interdizione perpetua dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena. E condannati gli stessi al risarcimento delle parti civili.
Le assoluzioni
Salvatore Mingoia
Antonio Scalise
Bruno Cappellano
Carmela Grande
Aperta questa mattina, l’udienza è stata dedicata alle conclusioni dell’avvocato Penna che ha chiesto l'assoluzione “perché il fatto non sussiste” del suo assistito Rotella per i reati a lui contestati. Al termine i giudici si sono ritirati in camera di consiglio. Gallo (che oggi è stato condannato per il reato di associazione mafiosa a lui contestato), anche in quest’ultima udienza ha reso spontanee dichiarazioni contestando quanto avrebbe detto, in particolare, il collaboratore Rosario Cappello e ribadendo la sua estraneità ai reati a lui contestati. Associazione a delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, omicidio, estorsione, danneggiamento, violenza privata, questi i reati contestati - a vario titolo - agli indagati.
Le fasi del processo: l’ascesa del gruppo degli Scalise e la lunga scia di sangue
Al centro delle discussioni di Pm e parti civili quella di cercare di dimostrare l’esistenza della cosca Scalise. Non ci sono, infatti, sentenze passate in giudicato che attengono alla sussistenza dell'associazione di tipo mafioso. Dall’altro lato, i difensori degli imputati nelle loro discussioni hanno puntato l’attenzione sulle sentenze che hanno, invece, escluso l’aggravante per associazione di stampo mafioso. Oggetto di questo processo anche la partecipazione di Gallo ad un presunto sodalizio di stampo mafioso. Il termine “presunta cosca” - ha sottolineato in particolare il legale di Gallo, Siclari nel corso del suo intervento conclusivo - in quanto, “non vi è traccia giuridica” dell’esistenza come cosca.
Il Pm, nelle sue conclusioni, ha tracciato la geografica criminale del Reventino e ripercorso l’ascesa del gruppo degli Scalise e la lunga scia di sangue che ha interessato per circa un ventennio i paesi montani fino agli omicidi dell’avvocato Francesco Pagliuso a Lamezia e di Gregorio Mezzatesta a Catanzaro, che sarebbero scaturiti dalla storica contrapposizione tra le famiglie Mezzatesta e Scalise.
La ritrattazione dei coniugi Scalise-Raso
Il processo “Reventinum” è nato dall’operazione omonima scattata il 10 gennaio del 2019 contro il "gruppo storico della montagna". Un processo movimentato in particolare per via della testimonianza dei coniugi Scalise-Raso nel corso dell’udienza dedicata alla loro deposizione (era il 20 dicembre 2022) hanno ritrattato quanto dichiarato in alcuni verbali di interrogatorio dell’estate 2022 ai magistrati della Dda di Catanzaro. I due sembrava volessero intraprendere un percorso di collaborazione con la giustizia e raccontare quanto a loro conoscenza ma nel corso del processo hanno fatto un passo indietro. Una serie di "non ricordo" ha caratterizzato la testimonianza in aula della coppia così come quelle di decine di altri testimoni chiamati in aula a deporre nel corso del dibattimento. Da qui la decisione del Tribunale di acquisire i verbali dopo le ritrattazioni e i "non ricordo" dei testimoni.
In particolare, Antonio Scalise (imputato anch’esso nel processo, figlio di Pino e fratello di Luciano) con la moglie Mirella Raso hanno portato il Tribunale a conoscenza di essere stati minacciati. Ciò li avrebbe costretti ad andare via dalla Calabria, per come da loro stessi riferito in aula. La donna ha parlato di minacce subite da alcune persone in modo anonimo e, in particolare, ha raccontato un episodio nel cantiere dove il marito lavorava: “gli hanno liberato due pitbull sul lavoro. Se lo avessero preso lo avrebbero sbranato. Prima è stato minacciato a parole e poi con i fatti”. Altro episodio emerso per come riferito dalla Raso: “Una persona con viso travisato ci ha fermati con la macchina: dovevamo incolpare il padre e il fratello”. Di minacce ha parlato anche il marito senza però chiarire da chi provenissero e per quale motivo le avrebbero subite.
Le richieste di condanna del Pm
Il Pubblico ministero Anna Chiara Reale, nella scorsa udienza ha ribadito le richieste del marzo scorso e ha chiesto pene dai 20 agli 8 anni di reclusione per gli otto imputati: Marco Gallo - 20 anni di reclusione; Salvatore Mingoia - 15 anni di reclusione; Luciano Scalise - 19 anni e 6 mesi e 20mila di multa; Pino Scalise - 17 anni di reclusione e 15mila multa; Antonio Scalise - 8 anni di reclusione e 8mila di multa; Angelo Rotella - 11 anni di reclusione 4 mesi e 12 mila di multa; Bruno Cappellano - 9 anni di reclusione e 9mila multa; Carmela Grande - 8 anni di reclusione e 8mila di multa. Inoltre, il pubblico ministero aveva chiesto che venga pronunciata sentenza di assoluzione per alcuni capi di imputazione nei confronti di Angelo Rotella (capo 21), Pino Scalise (capo 23), Salvatore Mingoia (capo 4).
La vicenda giudiziaria è scaturita dall’omicidio dell’avvocato penalista Francesco Pagliuso avvenuto a Lamezia il 10 agosto del 2016. Nell’operazione “Reventinum” è stato coinvolto anche il presunto killer, Marco Gallo e, questo filone ha riguardato in particolare altre fattispecie di reato che vanno da alcuni casi di estorsione a tentate estorsioni che sarebbero state commesse - a vario titolo - ai danni di alcuni imprenditori che operano nelle zone montane del lametino.
Il collegio difensivo e le parti civili
Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Antonello Mancuso, Francesco Siclari, Gigliotti, Chiara Penna, Piero Chiodo, Vianello Accorretti. A rappresentare le parti civili, Carlo Carere per l’Antiracket, Caterina Restuccia per il Comune di Lamezia e per l’amministrazione provinciale l’avvocato Talarico, l’avvocato Pietro Agapito in rappresentanza della Camera Penale e dei comuni di Decollatura e Soveria Mannelli, L’avvocato Aldo Ferraro, in rappresentanza dei familiari di Pagliuso, e gli avvocati Vincenzo Galeota e Nunzio Raimondi.
R.V.
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