Lamezia: processo Perseo, in aula altri cinque testimoni - VIDEO

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Lamezia Terme – Si ritorna nell’aula Garofalo al secondo piano del tribunale lametino per l’ultima udienza prima della pausa estiva dove vengono ascoltati altri testimoni nell’ambito del Processo Perseo. Caterina Miscimarra è chiamata a rispondere alle domande del Pm Elio Romano in merito ai rapporti con Giuseppe Notarianni e Carmen Bonafè in particolare in riferimento ad alcuni assegni poi girati ai due coniugi. “Lavoravo con mio padre nella 'M.C. Impianti' e, capitava che firmavo assegni anche se non sapevo a chi andavano, quindi, non conosco questi signori”. “Io e mio padre siamo stati vittima di usura ed estorsione”. “Chi erano i soggetti indagati in questo procedimento?” chiede poi il pm Romano.

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La signora Miscimarra ricorda tra essi: “Gianluca e Rosario Notarianni, Vincenzo Giampà, Greco, Tonino Saladino”.  Solo con il passare degli anni come titolare dell’azienda insieme a suo padre la Miscimarra è venuta a conoscenza “dei fatti” mentre nel 2003, periodo oggetto di domanda, era ancora all’oscuro di tutto. In merito alla scelta di ricostruirsi una vita lontana da Lamezia Terme, Caterina Miscimarra afferma che tale scelta deriva anche dalla paura scaturita dalle vicende giudiziarie in merito anche ai reati di usura che li ha visti coinvolti. Procede poi con il controesame l’avvocato Ferraro “Qual è il motivo per cui avete richiesto prestiti da privati?” chiede il legale di Giuseppe Notarianni. “Per problemi con le banche” risponde la donna. “Io - aggiunge - ho ereditato tutto, anche i debiti”. Alle precise domande del legale Ferraro in merito a due assegni in particolare, la Miscimarra spiega: “Mi sono ritrovata in una cosa più grande di me… sono successe così tante cose, tanti episodi, che non posso ricordare tutto”. “Ho tempestato di domande mio padre volevo chiarimenti in merito. Ancora oggi, anche se voglio dimenticare tutto, cerco risposte da mio padre. Ma è un peso che mi porto dietro…”.

In aula entra il padre della signora. Il Pm parte subito con il chiedere se conosce Giuseppe Notarianni e Carmen Bonafè. “Non ricordo i nomi - dice - ma mi pare di aver avuto rapporti con i Notarianni in merito al cambio di assegni, con Rosario, Gianluca”. Il signor Miscimarra racconta la vicenda dei prestiti che richiedeva ai privati. “Si parla di un tasso d’interesse al 10% mensile. In quei periodi le banche non ci aiutavano e ogni assegno postdatato lo cambiavamo a usura”. Procede l’avvocato Ferraro con il controesame in cui chiede precisazioni e chiarimenti in merito a tre asseggi oggetto di domanda e utili ai fini di questo procedimento. L’avvocato Ferraro su consenso del presidente Fontanazza fa identificare Giuseppe Notarianni, presente in aula. Il signor Miscimarra afferma di conoscerlo per questioni di lavoro in quanto Giuseppe Notarianni è costruttore. Ma, nonostante abbia visto fisicamente, oggi in aula, sia Antonio che Giuseppe Notarianni, non riesce ad affermare a chi dei due abbia fatto dei lavori all’impianto elettrico in un’abitazione in contrada Pigna poi interrotti perché non veniva pagato. Oggi esclude di conoscere Antonio Notarianni nonostante nei verbali delle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza abbia dichiarato che i lavori in questione li aveva fatti ad Antonio Notarianni.

Andrea Pagano, attualmente comandante della sezione carabinieri di Soveria Mannelli, riferisce quanto di sua conoscenza in merito all’acquisto di un’abitazione. Si tratta di una delle villette di proprietà di Enrico Montesanti e costruite da Giuseppe Notarianni. In cerca di maggiori informazioni il carabiniere venne anche a conoscenza che il cognome Notarianni era legato ad una famiglia con precedenti penali. Andrea Pagano procedette comunque all’acquisto. L’architetto Vincenzo Dattilo fu assunto direttamente da Pagano per seguire da vicino i lavori. Rapporto di collaborazione terminato nel momento in cui l’architetto non avrebbe svolto il suo lavoro per come il carabiniere voleva. Il legale Ferraro procede con il controesame ed esplora più a fondo la vicenda intorno all’acquisto della casa partendo dal rapporto con l’architetto Dattilo che faceva da tramite sia per lavori di muratura che per la procedura d’acquisto. “La banca mi concedeva il prestito solo a casa ultimata per essere valutata economicamente”. “Io ho fatto tutte le verifiche possibili inimmaginabili”. “All’epoca non conoscevo proprio la realtà lametina”. Pagano, quindi, ad oggi si dice soddisfatto dell’acquisto della casa dove attualmente risiede con la sua famiglia. “Non ricordo di avergli dato contante” conclude il brigadiere.

Altra testimonianza quella di Domenico Biondo in merito ad un immobile di sua proprietà che era visitato anche da altri soggetti. Fabbricato che si trova difronte la casa di Gullo. In merito a Fausto Gullo, Biondo dichiara: “una volta nel mio fabbricato c’era il cane di Gullo, e gli chiesi di toglierlo e, inoltre, Gullo era solito parcheggiare la macchina davanti o nel mio cancello”. L’avvocato Mendicino chiede a Biondo se sapeva che l’immobile era frequentato da altri soggetti e se altri parcheggiavano davanti a questo fabbricato. Biondo conferma.

Il brigadiere Paolo Gigliotti risponde alle domande del pubblico ministero nella sua qualità di artificiere antisabotaggio in particolare in riferimento ad un episodio di accertamenti tecnici dopo sequestro da parte della finanza di materiale esplosivo. Il brigadiere spiega nei dettagli la formazione dei tre ordigni prodotti artigianalmente, quindi non classificati e non riconosciuti dal Tulps, sui quali ha eseguito l’accertamento tecnico. L’avvocato Mendicino per la posizione di Gullo chiede al brigadiere ulteriori dettagli frutto della sua indagine. “La polvere degli ordigni era della stessa fattura”. Il dibattito prosegue indagando sulla pericolosità degli ordigni una volta esplosi. In conclusione, dagli elementi raccolti si poteva risalire che gli ordigni erano stati costruiti dalla stessa persona. Rinuncia il Pm, all’altro testimone, l’artificiere oggi assente. Si ritorna in aula il 18 agosto. 

 

 

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