Manodopera a basso costo, denunciati 8 "caporali" nel cosentino

14273_GdfFoto1foto.jpg

Cosenza – Otto persone sono state denunciate per il reato di intermediazione illecita di manodopera (caporalato) e altre 12 per violazione alle norme del Testo Unico Immigrazione. Le denunce sono state emesse dalla Guardia di Finanza di Cosenza, a seguito dei controlli eseguiti nell’ambito del “Piano Focus ‘ndrangheta” disposto dalla Prefettura di Cosenza. Le operazioni, eseguite dai militari della Tenenza di Montegiordano, si sono svolte attraverso il controllo di automezzi in transito sulla SS 106 Jonica, nonché con interventi eseguiti direttamente nei luoghi dove gli operai venivano impiegati illegalmente.

Ben 8 i soggetti denunciati quali “caporali”, di cui tre per reclutamento e 5 quali titolari di aziende agricole, per utilizzo e impiego illegale di manodopera. Tutti rischiano la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Agli stessi potrebbe essere applicata l’aggravante specifica dell’aumento della pena da un terzo alla metà per aver reclutato ed utilizzato forza lavoro superiore alle 3 unità. I “caporali” reclutatori si occupavano di reperire la manodopera sfruttata e a basso costo, per lo più albanesi e pakistani, allo scopo di destinarla a lavori presso aziende agricole calabresi e lucane per la raccolta di limoni e fragole. Dalle “investigazioni”, condotte dai finanzieri e coordinate dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, sono emersi gli indici di sfruttamento dell’intermediazione illecita e del lavoro richiesti dalla nuova normativa sul “caporalato”. In particolare, gli operai reclutati, costretti a lavorare in violazione della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, in quanto sprovvisti dei prescritti dispositivi di protezione individuale (calzature antiscivolo, guanti, casco con visiera protettiva), percepivano una paga ampiamente difforme rispetto alle previsioni del contratto collettivo nazionale o comunque sproporzionato rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato con un compenso, in alcuni casi, inferiore a 3 euro l’ora.

gdf-5.jpg

Ad un “caporale” sono stati sequestrati appunti e quaderni manoscritti riportanti, per ogni singolo lavoratore “reclutato”, le giornate lavorative e la relativa “paga” corrisposta. Dall’esame della documentazione è emerso che il “caporale” tratteneva per sé il 30% circa delle retribuzioni di ogni singolo bracciante agricolo, pari ad 11,00 euro, arrivando a guadagnare, oltre 7.000 euro al mese. La posizione fiscale e patrimoniale dei singoli “caporali” reclutatori sarà oggetto di specifico approfondimento ai fini dell’applicazione delle norme in materia di sequestro e confisca di beni.

Le attività condotte dalle Fiamme Gialle Cosentine si sono concluse con:

  • la segnalazione all’Autorità Giudiziaria di 8 soggetti (italiani e pakistani) per violazione al novellato art. 603 bis C.P (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), all’art. 12, comma 5, (Favoreggiamento delle condizione di illegalità dello straniero) e art. 22, comma 12 e comma 12 bis, (Impiego da parte del datore di lavoro di stranieri privi del permesso di soggiorno);
  • l’espulsione di 3 soggetti (2 di nazionalità albanese e 1 di nazionalità pakistana);
  • la denuncia all’Autorità Giudiziaria di 12 soggetti di diverse nazionalità per violazione alle norme sull’immigrazione;
  • l’individuazione di 28 lavoratori “in nero” e irregolari, di cui 12 privi di permesso di soggiorno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA