Lamezia, presentato "Il caso Aversa tra rivelazioni e misteri" di Cannone, un racconto che sollecita i giovani alla verità

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Lamezia Terme - Impegno, passione civile, memoria. Potrebbero essere questi alcuni degli elementi che delineano la penna del giornalista lametino Antonio Cannone che al Savant Hotel ha presentato, davanti una gremita sala, il suo ultimo libro "Il caso Aversa, tra rivelazioni e misteri". Cannone, che è solito calarsi in una forma di scrittura complessa e di cronaca (sono infatti 4 i suoi precedenti lavoro letterari), ha inteso narrare una storia, risalente a 25 anni fa, per renderla a conoscenza delle nuove generazioni.  Inoltre, creare motivo di riflessione intorno a un caso ancora irrisolto, dall'iter giudiziario tormentatissimo, e nel contempo sollecitare alla memoria dell'intera società civile, quella stessa società civile che va incoraggiata costantemente ad uscire fuori dall'omertà in vista di una lotta alla mafia concreta e non fatta solo di passerelle. Un tavolo ricco di personalità istituzionali, oltre all'editore Michele Falco, il prefetto di Catanzaro Luisa Latella, l'avvocato Armando Veneto, il giornalista Gianfranco Manfredi, Costantino Fittante del Centro Riforme Democrazia Diritti. Numerose le presenze di familiari vittime di mafia, come Sfefania Tramonte, e Valter Aversa, ma anche forze dell'ordine, Rocco Mangiardi, Don Giacomo Panizza, il Sindaco Paolo Mascaro e diversi esponenti della politica locale e regionale.4 gennaio 1992. Una data incredibile, come incredibile risultò l'intero processo nei suoi diversi gradi di giudizio. In quell'inverno furono assassinati un servitore dello Stato, il sovrintendente della polizia Salvatore Aversa e sua moglie Lucia Precenzano. Un delitto di mafia fra i più gravi avvenuti in Italia.

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Molte le stranezze giudiziarie. L'annullamento di atti istruttori (l'incidente probatorio) vizi formali insanabili, la cancellazione del dibattimento. Poi lei: Rosetta Cerminara. La supertestimone dietro le cui dichiarazioni furono condannati all'ergastolo e a 25 anni di reclusione Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro. Ma è il 12 maggio 1995 la data che in Corte D'Appello assolve i due condannati e sconfessa le accuse della Cerminara, che un anno prima il Presidente della Repubblica Luigi Scalfaro aveva decorato con medaglia d'oro al valore civile. Nel 2001 gli autori materiali del diplice omicidio. I killer risultarono parte della Sacra Corona Unita. Salvatore Chirico e Stefano Speciale. Le ombre continuano ancora oggi. Il libro di Antonio Cannone serve dunque a far luce critica. "Un'azione civica, un'impresa di responsabilità - così lo definisce l'editore Falco - un segno d'amore verso questa terra". Un lavoro dettagliato, scrupoloso, nel quale Cannone si avvale del contributo del collega Manfredi ma anche di Armando Veneto ed Enzo Ciconte. "Cannone - dice infatti Manfredi - mette in luce la prova schiacciante dell'imposta digitale sul guanto del killer, segna inoltre il racconto dei pentiti sui quali sarebbe necessario approfondire".

Un processo celebrato col rito della nuova procedura penale. E nell'incidente probatorio completamente annullato se ne vedono gli effetti. Emerge una inefficienza dell'apparato giudiziario dal libro di Antonio Cannone e con spiccata passione costituzionalista anche l'avvocato Veneto, allora facente parte del processo insieme all'avvocato Zofrea, ne mette in risalto alcuni aspetti piuttosto inediti. Distrazione? O senso di prestigio e carriera in vista da parte dell'apparato giudiziario di un tempo? "Arrivarono Cossiga, Violante, giornalisti da ogni parte, ma fra gli altri solo un giornalista del corriere della sera si preoccupò che noi potessimo aver ragione. Furono sottratti i verbali. Qualcuno aveva dato manforte a Rosetta Cerminara". Un dibattimento con 24 udienze. Alla fine venne riproposto il processo e affidato allo stesso giudice a latere. "Ho visto una sorta di narrazione filmica - afferma Cannone - un lavoro fatto in memoria di Aversa e della moglie, un libro di memoria per la città. Ci sono fatti inconfutabili, come diceva Pasolini io so ma non ho prove né indizio. Ognuno dovrebbe vivere e agire dicendo la verità".

V.D.

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