Lamezia Terme – “La morte di Attilio Manca è il paradigma delle morti impunite, dei magistrati cialtroni che non portano avanti le inchieste, dei poteri sotterranei. È il paradigma del nostro Paese”. È così che si esprime Luciano Mirone, giornalista e scrittore, quando deve parlare di questo “strano” caso che ha raccontato nel suo libro “Un ‘suicidio’ di mafia, la strana morte di Attilio Manca”, presentato a Palazzo Nicotera durante la seconda giornata di Trame con il giornalista Filippo Veltri e il fratello di Attilio, Gianluca Manca.
La storia risale al febbraio di dieci anni fa, quando Attilio Manca era un giovane urologo siciliano, trovato morto nella sua abitazione a Viterbo. Dalle carte ufficiali, ai tempi, emerse la sicurezza che si trattasse di un decesso per overdose di un mix letale di eroina, tranquillanti ed alcol e che il medico, uno dei primi ad utilizzare la tecnica chirurgica della laparoscopia per operare il cancro alla prostata, fosse in realtà un tossico dipendente. Una tesi alla quale, fondamentalmente, la sua famiglia non ha mai voluto credere: “La mia famiglia in questi anni – ha spiegato Gianluca Manca – ha sempre creduto nella giustizia, alla quale ci siamo affidati, ma questa ci ha preso in giro”. È lapidario quando sentenzia queste parole ma come ha ripetuto più volte nel corso della serata “più indizi portano ad una prova”. Dietro questa morte ci sono insabbiamenti, indagini non portate avanti, verbali falsificati, chiamate misteriosamente sparite da tabulati telefonici. Ma perché tutto questo per nascondere la verità dietro la morte di un giovane e brillante urologo siciliano? Dalle ricostruzioni, la morte di Attilio Manca sarebbe da ricollegare ad un’operazione a cui uno degli esponenti più importanti della mafia siciliana si sarebbe sottoposto nel 2003. Il boss in questione sarebbe Bernando Provenzano, “il capo dei capi” all’epoca latitante, operato a Marsiglia sotto il nome di Gaspare Troia per un intervento alla prostata. Sarebbe questa la chiave di questa strana morte che per i familiari “è un omicidio travestito da suicidio”. Attilio Manca avrebbe operato Provenzano a Marsiglia senza sapere di chi si trattasse e, una volta scoperto chi fosse e da chi fosse protetto, sarebbe stato fatto sparire.
Lui, un medico di Barcellona Pozzo di Gotto, nucleo forte e radicato della mafia in Sicilia, era un testimone che doveva essere eliminato. E allora, come ha spiegato più volte Mirone, era più comodo far passare quella morte come un suicidio per preservare il boss che ha potuto godere di una lunga latitanza perché sarebbe stato protetto da pezzi dello Stato.
“Per anni Barcellona ci ha abbandonati, umiliati e calpestati – ha spiegato Gianluca Manca – ora qualcosa sta cambiando”. “Come famiglia ci siamo opposti – ha continuato – non tanto per il dolore della perdita ma perché siamo cittadini intelligenti e razionali e non vogliamo che ci venga raccontata una verità illogica e, soprattutto – ha aggiunto - vogliamo che sia messo un punto perché ciò non avvenga più”.
Claudia Strangis
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