A Propaganda Live la storia dell’avvocato Ciriaco, la moglie: “Non si sa chi l’ha ucciso perché non si vuole sapere”

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Lamezia Terme – Nell’ultima puntata di Propaganda Live di Diego Bianchi - andata in onda nella serata di ieri 30 maggio - ha trovato spazio la storia di Torquato Ciriaco - avvocato assassinato dalla mafia nel 2002 - e della sua famiglia. In studio durante la puntata anche Francesca una delle figlie dell’avvocato. Diego Bianchi, nella sua tappa lametina delle scorse settimana durante la quale aveva raccontato la campagna elettorale, aveva ritagliato uno spazio per fare visita alla famiglia dell’avvocato Ciriaco.

Ad accoglierlo a Cortale, nell’azienda gestita dalla famiglia, 4 delle sei sorelle Ciriaco e la moglie dell’avvocato Torquato Ciriaco. L’occasione di un pranzo insieme apre la strada al racconto. Bianchi si ritrova a parlare con la vedova Ciriaco “Mio marito è stato assassinato in un agguato mafioso, ormai sono passati 23 anni – sottolinea – il 1 marzo del 2002 tornava a casa alle 11 di sera è stato seguito da una macchina con dei killer che lo hanno ucciso. È stata riconosciuta l’origine mafiosa sin dall’inizio, tanto è che le indagini sono passate subito alla DDA però nonostante tutto ancora oggi non abbiamo giustizia. Lui faceva l’avvocato – racconta ancora – e l’imprenditore. Era un avvocato civilista e amministrativista e in più aveva un’azienda agricola di famiglia che aveva ripreso con grandissima passione stata trasformando questa azienda nell’azienda florida che è adesso”. 

Bianchi si sofferma poi nuovamente sul riconoscimento come omicidio mafioso e la moglie di Ciriaco precisa “Prima di tutto per le modalità, poi le indagini hanno preso subito una piega in questo senso, si è subito parlato di killer che venivano forse da fuori, ci sono state delle intercettazioni telefoniche in cui si parlava dell’omicidio di mio marito come di un personaggio scomodo che bisognava togliere di torno, poi per le attività che lui svolgeva perché comunque lui era avvocato di personaggi di spicco della zona che grazie ai suoi consigli erano riusciti ad eccellere nelle loro attività a discapito forse di altri. Era una persona che non accettava compromessi, tirava dritto per la sua strada nel difendere i propri clienti, questo sicuramente contro qualunque logica ‘ndranghetista dove tutto è possibile di corruzione, dove tutto si può sistemare attraverso il dio danaro o attraverso la paura, le intimidazioni. So per certo che lui di intimidazioni ne aveva avute percepivo, uno stato di agitazione e di paura nell’ultimo periodo. Parlava spesso della morte, mi raccomandava le figlie e poi abbiamo delle testimonianze di personaggi ad iniziare dalla sua segretaria a cui lui ha proprio confessato che era stato minacciato però non ha voluto dire altro dicendo che comunque era meglio che lei non sapesse altro perché poteva essere pericoloso per lei”.

Accanto a Bianchi anche la figlia Eugenia che nel 2002 aveva 10 anni “La più piccola delle mie sorelle all’epoca dell’accaduto aveva 3 anni e la più grande 18. Appena è successo il fatto noi figlie siamo state un po’ protette cioè che all’inizio non ci era stata detta la causa della morte. Poi l’abbiamo scoperto piano piano e questo ci ha fatto crescere un poco tutte in fretta. Abbiamo avuto da subito l’affetto dei lametini onesti e di tanta gente che comunque sapeva chi era mio padre, poi c’è stato però anche chi ha insinuato che se era stata ammazzato qualcosa aveva pur fatto. Addirittura un ex prefetto - che poi tra l’altro abbiamo scoperto anni dopo che è stato anche indagato – aveva parlato male di tutti noi e ci aveva addirittura negato la certificazione antimafia. A Lamezia e dintorni lo sapevano tutti chi era mio padre, sapevano tutti la sua integrità, non le mandava a dire. Pare che dei soggetti si siano presentati giorni prima allo studio e lui li abbia cacciati anche in malo modo dicendogli andatevene siete degli animali, c’era stata qualche avvisaglia. Poi nel corso degli anni abbiamo cercato di chiedere giustizia ma le cose non sono andate come speravamo – e aggiunge – a livello istituzione all’inizio cordoglio e vicinanza ma durante gli anni non c’è stato una grande vicinanza”.

Bianchi poi si sofferma sul processo e la moglie di Ciriaco racconta “Il processo è iniziato tardissimo, le indagini erano state chiuse, poi sono state riaperte, già questo la dice lunga. Poi successivamente a queste riaperture delle indagini ci sono stati degli indagati prima assolti, poi condannati e poi nuovamente assolti e ancora non sappiamo la motivazione dell’assoluzione. Dopo 23 anni, ancora non sappiamo chi è stato ad uccidere Torquato. Non si sa perché non si vuole sapere. C’è una sorta di impunità nei confronti di alcuni personaggi, non si riesce ad arrivare ad una condanna, ma non solo nel mio caso, sono svariati i procedimenti che ci sono stati nel corso degli anni anche prima dell’omicidio di mio marito finite tutte con niente di fatto con assoluzioni senza rinvio a giudizio. Il motivo non lo so quale sia, certo comunque c’è qualcosa di strano per questo dico non si vuole sapere. Forse anche le indagini prendono una piega strana, tante cose non sono state fatte, alcuni testimoni non sono stati neanche sentiti. Io ritengo di sapere chi è stato, le prove ci sono ancora non è detta l’ultima parola aspettiamo le motivazioni per capire se si può fare ancora qualcosa. Comunque io ritengo di sapere chi è stato”. 

A riprendere la parola la figlia Eugenia “Per quanto ci riguarda gli imputati sono i colpevoli la cosca Anello-Fruci, Vincenzino e Giuseppe Fruci e Tommaso Anello. Sono stati assolti e al momento non ci sono altre ipotesi che siano stati altri, non sono state valutate altre ipotesi”. 

In conclusione la moglie dell’avvocato ribadisce “io non ho nessun timore a chiedere giustizia, ho ancora speranza che venga fatta giustizia. Ci potrebbe essere sempre qualche altro collaboratore di giustizia, qualcun altro che potrebbe dire la sua e dare un ulteriore spinta al processo. Comunque anche sulla base di quelle che sono le risultanze che già ci sono si potrebbe arrivare ad una condanna”. Alla domanda a bruciapelo di Bianchi “Tu hai fiducia nella giustizia?” risponde così la vedevo Ciriaco “Dopo 23 anni un poco la sto perdendo” ,mentre la la figlia Eugenia alla stessa domanda risponde “Alla giustizia non ci credo tanto più”. 

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