Lamezia Terme - Inizia la Settimana Santa di una Pasqua del tutto anomala e sottotono, per via dell’emergenza coronavirus e il proibizionismo messo in atto per evitare contagi. Così, la processione delle Palme, seguita da molti fedeli, non si svolgerà per evitare assembramenti, cerimonia che solitamente si svolge all’esterno della chiesa: Il sacerdote o il vescovo benediva i rami d’ulivo o di palma ai fedeli, dopo la lettura del brano evangelico, il rito continuava con la processione nelle chiese parrocchiali o cattedrali dove i fedeli assistevano alla celebrazione eucaristica, non si svolgeranno i riti dal Giovedì Santo alla Domenica di Pasqua. Ci si appresta ad una Santa Pasqua diversa. La gente si chiede chi avrebbe immaginato che si sarebbe dovuta vivere anche questa giornata di festa in isolamento, chiusi in casa. Cancellate, tutte le tradizioni di fede popolari che vantavano secoli di continuità. Pasqua senza pranzo al ristorante, (con un danno economico nel settore della ristorazione). Sarà una Pasquetta senza gite fuori porta. Saranno, per l’occasione, intensificati anche i controlli delle forze dell’ordine per evitare che a qualcuno venga in mente di organizzare pic-nic all’aperto.
Quindi una Santa Pasqua all’insegna dell’austerity e con un ordine tassativo: restare a casa. Non si festeggerà il Lunedì dell’Angelo: giornata da sempre dedicata a pic-nic nei campi o in agriturismi tra divertimento e buona tavola. Ma la memoria ci rimanda a tempi antichi quando la Galinea (il Lunedi dell’Angelo) era la festa per eccellenza delle classi sociali medio basse, dopo aver preparato i classici rustici in casa, pietanze eccellenti, povere, ma ricche di genuinità ‘a frittata di cipulli’, i ‘fraguni’, ‘a pittachjina’, ‘a supressata’ il tutto innaffiato con un rosso generoso. E, infine, il dolce tipico della Pasqua: ‘a cuzzupa’. Appena tutto era pronto ‘si mintia tuttu inta nu fhagotto’ e ci si avviava nei campi, negli uliveti. Una volta arrivati ‘ampravanu a tuvaghjia nterra’ e così cominciava a Galinea tra buon cibo, canti e balli a ritmo di tarantella calabrese. Con il passare del tempo la gente ripiegò sui ristoranti oppure negli agriturismi. Il gusto del passato stava lentamente scomparendo. Oggi il coronavirus ha posto il suo divieto.
Ma, facciamo un passo indietro. Il termine ‘Galinea’ deriva proprio da Galilea, può sembrare curioso ma sembra che la tradizione da ‘Galinea’ potrebbe nascere dai testi evangelici, quando Gesù Risorto incontrò i discepoli e in un campo si fermò mangiare con loro. Il testo di Luca 24:13-53 nei discepoli di Emmaus parla chiaro. Invece, i ‘Fraguni’ sono un classico dei salati, tipico nei giorni di Pasqua e Pasquetta, una vera prelibatezza. La preparazione di un impasto lievitato con ricotta, formaggio e uova. Poi c’è la ‘Pitta chjina’: un pane ripieno, che veniva riempito con gli ingredienti che si avevano in casa come salsiccia, formaggio, uova sode, verdure e cotiche di maiale. Altre pietanze che arricchivano la tavola da ‘Galinea’ erano a ‘frittata ccu i cipulli’, i salumi, i formaggi, le immancabili uova sode (le uova sono una componente fondamentale di questa festa, rappresenta la vita che nasce) e il vino rosso locale che non doveva mancare. Infine, il dolce tradizionale, presente su tutte le tavole dai più poveri ai ricchi. A fine pasto faceva la sua apparizione ‘a cuzzupa’, dolce tipico calabrese decorato con uova sode. Erano rigorosamente preparate in casa il Giovedì Santo e consumate il giorno di Pasqua. Esisteva una curiosità legata a questo dolce: si tratta di un detto popolare che purtroppo è caduto in disuso. La tradizione voleva che la suocera una volta fatte le cuzzupe ne regalava una al futuro genero, col fine di comunicare le intenzioni della famiglia. Messaggio che avevano un diverso significato a seconda del numero delle uova presenti nella cuzzupa: ‘cu nova rinnova, cu setta s’assetta’. Ovvero, se avesse avuto 9 uova si sarebbe potuto prolungare il fidanzamento, invece, con 7 il messaggio era chiaro: il giorno del matrimonio doveva essere vicino.
Molto probabilmente quel che resisterà al coronavirus saranno i piatti della tradizione. Il tutto però dovrà essere consumato in casa propria. Senza lunghi pranzi con amici e parenti. Quindi pronti anche come famiglia, piccola Chiesa domestica. Sarà una Pasqua a tavola, all’insegna dell'io resto a casa, in un raccolto cenacolo come nell’ultima cena di Gesù con gli apostoli.
M.R.
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