Lamezia Terme - "Cos'è per te la speranza?". Questa è la domanda più importante che ho rivolto a me stesso durante il Giubileo dei Giovani 2025, al quale ho recentemente partecipato". E' quanto scrive in una lettera il giovane educatore Giseppe De Fazio di rientro dal Giubileo dei giovani, portando la proprio testimonianza: "Per poter rispondere, ho inevitabilmente guardato a ritroso e ripercorso tutte le strade che, fino a questo momento, hanno caratterizzato e stanno caratterizzando la mia vita. Una di queste riguarda il mio impegno nella Parrocchia di San Francesco di Paola a Lamezia Terme, di cui faccio parte.
Da quasi cinque anni, infatti, sono educatore di un gruppo di giovanissimi frequentato dai ragazzi che, ricevuto il sacramento della Confermazione, hanno deciso di proseguire il proprio cammino di fede dandosi da fare nelle varie attività parrocchiali. D'altronde, come ci ricorda il tema di questo anno giubilare, siamo tutti Pellegrini di Speranza. Ciò significa che, fin dalla nascita, siamo chiamati a percorrere una strada che ci porterà verso la felicità, verso la vita eterna, che è Cristo. E durante questo viaggio il Signore ci invita a infondere speranza nei cuori dei fratelli e delle sorelle che incontriamo, dei più bisognosi, del nostro prossimo.
L'esperienza vissuta a Tor Vergata assieme ad altre centinaia di migliaia di giovani come me, tra la Veglia di Preghiera e la Santa Messa, celebrate entrambe da Papa Leone XIV, mi ha fatto riflettere molto sul ministero che sto portando avanti nella mia parrocchia. Anche io, infatti, ho intrapreso da tempo una strada, un percorso, all'inizio senza sapere bene come muovermi o dove andare. Ricordo i primi incontri con i ragazzi al tempo del covid, tra riunioni online e telecamere spente per paura di farsi vedere col pigiama. Ero più giovane, inesperto e, dopo un po', iniziavo anche a sentirmi demoralizzato per via della poca partecipazione. Anche dopo la pandemia, con la lenta ripresa delle attività parrocchiali, il gruppo stentava a dare i frutti da me tanto attesi e sperati. Eh già, ancora una volta la speranza.
Poi però, andando avanti nel mio percorso, ho iniziato a capire un po' di più l'importanza di essere un educatore parrocchiale: non ero io il centro di tutto, non dovevo essere io il protagonista, bensì Cristo. Ho lasciato che il Signore, piano piano, entrasse dapprima nella mia vita, per poi fare di tutto affinché anche i ragazzi da me seguiti potessero comprendere la bellezza e la grandezza del Suo amore. Il tutto fino ad arrivare al campo-scuola vissuto quest'anno. Un'esperienza molto intensa - prosegue - vera, durante la quale i giovani hanno avuto l'occasione di stare insieme e conoscersi meglio, oltre che ricevere importanti insegnamenti tratti dal Vangelo. Il tutto ha lasciato qualcosa nel cuore dei ragazzi, ha acceso una piccola fiammella, percepibile dalle loro parole, dai loro sorrisi ma anche dalle lacrime una volta terminata l'esperienza. Certo, molti devono ancora crescere e maturare, ma sono sicuro che, come ci siamo detti tante volte, abbiamo piantato un seme che, con l'aiuto del Signore, ognuno di loro dovrà custodire e alimentare perché porti frutto.
E allora, tornando alla domanda iniziale, posso dire che, per me, la speranza è nel volto dei ragazzi che ho il privilegio di seguire da tanti anni. In loro vedo quella vitalità che, come ricordava Papa Francesco, risiede nelle gioie come nelle sofferenze, nei momenti di luce così come in quelli di buio. Tutto ciò ci ricorda che siamo vivi e che siamo al mondo per amare. Spero che anche i giovani della mia parrocchia possano mettere in pratica quanto di bello è stato detto e scritto durante questo Giubileo. Da parte mia, cercherò di essere un testimone credibile della grazia di Dio. A volte le cose potranno non andare secondo i miei piani, ma non importa. Gesù sa come farsi riconoscere, sa come arrivare al cuore di ciascuno e sono sicuro che lo farà con loro.
Questo è ciò che mi ha insegnato il Giubileo dei Giovani. Sono un pellegrino, un cristiano chiamato a camminare e a portare speranza e gioia nella vita dei ragazzi e di tutti coloro che il Signore mi ha posto accanto. Non sarà facile, ma se avrò il coraggio di testimoniare la Sua Parola, non dovrò temere nulla, perché l'amore di Dio vince le tenebre più buie e profonde. "La speranza non delude" diceva San Paolo nella lettera ai Romani. Bisogna solo attendere e lasciare che il Signore dimori nel mio cuore per poter accendere una piccola candela nel mondo che, assieme a quella di milioni di giovani - conclude - può generare una luce immensa".
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