'Ndrangheta: 13 arresti tra Calabria e Lombardia

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Milano - I Carabinieri hanno eseguito in Lombardia e Calabria 13 arresti, su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Milano, nei confronti di altrettanti indagati per associazione di tipo mafioso. L'indagine è diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria.

I 13 indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d'ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio. Al centro delle indagini del Ros dei Carabinieri due gruppi della 'ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, secondo le indagini, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015.

Arrestati in contatto con politici milanesi

Gli arrestati nell'operazione portata a termine dai carabinieri, secondo quanto si è saputo, avevano contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario da cui ottenevano vantaggi, notizie riservate e finanziamenti. In particolare avevano rapporti con un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell'Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare, attivo anche nel mondo bancario e con dei consiglieri comunali di comuni nel Milanese.

Due provvedimenti eseguiti in Calabria

Sono due i provvedimenti restrittivi eseguiti in Calabria nell'ambito dell'inchiesta condotta dai carabinieri del Ros di Milano e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia milanese su due gruppi della 'ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. A San Costantino, nel vibonese, è stato arrestato Antonio Denami, 34 anni, ritenuto in contatto con la famiglia Galati, originaria del vibonese ma da tempo stanziata a Como. L'uomo è accusato di associazione per delinquere semplice, porto abusivo di armi, minacce e danneggiamenti. Il secondo provvedimento è stato notificato ad un altro vibonese, attualmente detenuto nel carcere di Reggio Calabria per esigenze processuali e già arrestato nell'ambito dell'operazione Infinito coordinata dalla Dda di Milano.

Tra arrestati ex consigliere comunale di Rho

Tra gli arrestati nell'operazione di stamani del Ros dei carabinieri sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia c'è anche un ex consigliere del Comune di Rho (Milano), Luigi Calogero Addisi. E' accusato di riciclaggio e abuso d'ufficio con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa. Avrebbe riciclato denaro per l'acquisto di un terreno nella zona di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale della destinazione d'uso che ne avrebbe aumentato il valore.

Inchiesta su cosca Galati legata ai Mancuso

Tra le persone destinatarie di un'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Milano sulle infiltrazioni della 'ndrangheta al nord, ci sono quattro "appartenenti" alla famiglia Galati radicata in provincia di Como e che sarebbe espressione in Lombardia della cosca dei Mancuso, operante nella provincia di Vibo Valentia. Tra i presunti 'ndranghetisti destinatari dell'ordinanza firmata dal gip di Milano Alfonsa Ferraro, su richiesta del procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dei pm Paolo Storari e Francesca Celle, figura, infatti, il presunto boss Antonio Galati, ritenuto il capo dell'organizzazione, padre di Giuseppe Galati e zio di Giuseppe Galati, anche loro destinatari delle misure cautelari come Fortunato Galati. Luigi Calogero Addisi, eletto con il PD alle amministrative nel 2011 e anche parente della famiglia Mancuso, si era dimesso nei mesi scorsi, dopo che il suo nome era già emerso nell'inchiesta della primavera scorsa sulla presenza della 'ndrangheta a Lecco e nella zona del lago di Como.

Dalle carte di quell'indagine, infatti, era saltato fuori che il consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, finito in carcere lo scorso 2 aprile, si sarebbe offerto di mettere a "disposizione" di Mariolina Moioli, ex assessore del Comune di Milano, il ''proprio bacino elettorale e quello di altri politici in collegamento con famiglie calabresi'' come Antonio Oliverio, ex assessore provinciale di Milano e Luigi Calogero Addisi. Secondo l'accusa, Addisi - che è stato anche in Forza Italia e alle politiche del 2006 candidato nella lista dell'Udeur - avrebbe riciclato parte del denaro della cosca Galati per l'acquisto di un terreno a Lucernate di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale della destinazione d'uso che ne avrebbe aumentato il valore. Su di lui l'attenzione degli investigatori del Ros si è incentrata quando, in un controllo nell'abitazione di Pantaleone Mancuso, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Limbadi (Vibo Valentia), erano stati trovati proprio Addisi e due fratelli della moglie di Addisi, nipoti di Pantaleone Mancuso, ai vertici della cosca 'ndranghetista.

Un'impresa di Giuseppe Galati, presunto boss della 'ndrangheta in Lombardia, tra i destinatari delle misure cautelari eseguite stamani, ''ha avuto la certificazione antimafia'' per lavorare in due subappalti del valore di ''450mila euro'' per la tangenziale esterna di Milano. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, nel corso della conferenza stampa. Il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, ha chiarito ''ci sarà una segnalazione alla Prefettura che ha già svolto un lavoro imponente per l'Expo''. La società Skavedil risulterebbe ora formalmente detenuta dai cognati di Giuseppe Galati. Boccassini ha spiegato che l'impresa riconducibile a Giuseppe Galati è riuscita ad ottenere la certificazione antimafia per lavorare nei subappalti dell'opera collegata all'esposizione Universale, ''ordinando che le sue quote nella società passassero ai suoi cognati''. L'impresa ha così ottenuto da una azienda di Modena, appaltante per l'opera, due subappalti. Secondo Boccassini, è difficile pensare che ''si poteva non sapere a chi si davano quei subappalti''. Sia Boccassini che Bruti Liberati hanno chiarito che segnaleranno alla prefettura di Milano la società riconducibile al presunto boss. Bruti LIberati inoltre ha spiegato che ''i controlli sulle aziende che stanno lavorando sulle opere di Expo o su quelle collegate hanno una estensione enorme e la prefettura ha emesso già una sessantina di misure interdittive nei confronti di aziende, facendo un lavoro imponente''. Riguardo a questo caso specifico, ha aggiunto Bruti, ''trasmetteremo gli atti alla prefettura''.

Uno dei presunti boss della famiglia Galati, arrestati nell'operazione contro la 'ndrangheta, avrebbe "ordinato dal carcere di bruciare" l'auto di un vigile urbano "che l'aveva visto transitare su una macchina in compagnia di un pregiudicato e aveva steso un rapporto che gli era costato la revoca della semi-libertà". Tra gli episodi di intimidazione messi a segno dalla cosca della 'ndrangheta dei Galati c'è anche l'invio da Vibo Valentia di una "busta con proiettili" alla "direttrice del carcere di Monza", Maria Pitaniello, come minaccia per cercare di ottenere un diverso trattamento detentivo per Fortunato Galati. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini nel corso della conferenza stampa.

Pm: “Grave infiltrazione in vista Expo”

E' stata "documentalmente" accertata "una grave e pericolosa infiltrazione mafiosa nei cantieri" della Tangenziale Est Esterna di Milano "in vista dell'Expo". Lo scrive la Procura di Milano in un'integrazione alla richiesta di misure cautelari nell'ambito dell'inchiesta sulla 'ndrangheta che ieri ha portato a 13 arresti. In un'integrazione alla richiesta di misure cautelari, datata 9 giugno scorso e firmata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Francesca Celle, viene ricostruito sulla base di documenti la vicenda della Edilscavi srl, società riconducibile al presunto boss Giuseppe Galati, e dei "lavori di quest'ultima presso la TEEM". Si tratta di due sub-appalti del valore di 450mila euro. "Dalla Banca dati 'CONSORZIOTEEM' - scrivono, infatti, i pm - si rilevano due appalti affidati in data 28/11/2013 da GRANDEDIL Srl a EDILSCAVI Srl". Uno relativo al "trasporto di rocce e terre da scavo" e l'altro per il "noleggio a freddo di macchine operatrici". Da accertamenti effettuati "presso la citata Banca dati", spiegano i pm, "è stato rilevato che in data 11/10/2013 il Consorzio Costruttori TEEM ha inviato alla Prefettura di Milano la richiesta di informazioni antimafia (art. 91 comma 4 DLgs 159/2011), in ottemperanza al protocollo di legalità, per il rilascio della autorizzazione ad effettuare opere e lavori pubblici".

Il 25 febbraio scorso poi, la Prefettura di Milano "comunica al Consorzio Costruttori TEEM che nei confronti della EDILSCAVI Srl e delle persone indicate nella documentazione allegata alla richiesta non sono state accertate cause ostative previste dall'art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011". Comunica altresì, si legge ancora nell'atto, "che dalle verifiche disposte non emergono elementi relativi a tentavi di infiltrazione mafiosa nell'ambito della società EDILSCAVI Srl e pertanto rilascia certificazione, ai sensi dell'art. 86 comma 2 del citato Decreto Legislativo, permesso ad operare nel cantiere per 12 mesi a partire dalla data di acquisizione". Secondo le indagini, invece, la società era gestita dal carcere dal presunto boss, anche se formalmente intestata a due persone "Mangialavori Gaetano e Montele Domenica" che, tra l'altro, erano suoi cognati. Sulla base dei dati, scrivono i pm, "si può pertanto affermare che una società direttamente riconducibile alla 'ndrangheta e gestita in via diretta dal carcere da Giuseppe Galati è legittimamente presente sul cantiere TEEM per avere vinto un appalto".

Boccassini: "Dopo operazione Infinito nulla cambia"

"Dopo l'operazione Infinito, quella con cui nel 2010 era stata smantellata la 'ndrangheta in Lombardia, nulla cambia. E' una riflessione da fare. E per uscire dall'associazione mafiosa ci sono due modi o con la morte o diventi collaboratore e ti dai allo Stato".

Il procuratore aggiunto Boccassini, durante la conferenza stampa alla quale hanno partecipato i vertici dei carabinieri di Milano e il capo del Ros, il generale Mario Parente, riguardo all'operazione di questa mattina che ha portato in carcere 13 persone, ha spiegato che si tratta di "un segmento di notevole importanza perché conferma quanto sancito dalla Cassazione con Infinito" e cioè dell' "esistenza in Lombardia delle locali" le quali hanno "autonomia nella nostra regione con un controllo capillare del territorio". Ilda Boccassini, che è coordinatore della Dda milanese, a proposito di alcuni episodi emersi dall'indagine condotta dai pm Paolo Storari e Francesca Celle, ha ribadito che "denotano quanto è capillare l'infiltrazione ed è pesante. E quando l'organizzazione è in pericolo si reagisce con una violenza inaudita".

Tra gli arrestati nell'inchiesta della Dda di Milano che ha smantellato stamani la cosca della 'ndrangheta dei Galati c'è anche Salvatore Muscatello, già agli arresti domiciliari perché condannato a seguito della maxi-inchiesta 'Infinito' del luglio 2010 e che ancora era "a capo della 'locale' di Mariano Comense", in provincia di Como. Ha spiegato Ilda Boccassini nel corso della conferenza stampa. Boccassini ha chiarito che "ancora fino a stamattina, quando poi è finito in carcere, Muscatello continuava a esercitare quel ruolo di capo". Nella sua casa, ha aggiunto il magistrato, "andavano persone per confrontarsi sulla gestione della 'locale' e, tra queste, anche la moglie" di un presunto boss della cosca Lampada-Valle "per chiedere un contributo per la sua famiglia".

Lumia: "Complimenti a Dda Milano per arresti"

"Complimenti alla Dda di Milano. Con i 13 arresti eseguiti oggi tra la Lombardia e la Calabria viene dato un duro colpo alla 'ndrangheta ed in particolare alla cosca dei Galati, che aveva puntato gli occhi sui subappalti dell'Expo". Così il senatore Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare Antimafia. "Bisogna tenere sempre alto il livello di guardia - aggiunge Lumia - perché a Milano ed in Lombardia la 'ndrangheta detiene un notevole potere di controllo e condizionamento del territorio. Negli anni, infatti, i boss si sono integrati con il tessuto politico, imprenditoriale ed amministrativo, mantenendo un legame forte con la Calabria".

I nomi dei 13 arrestati tra Lombardia e Calabria

Ecco i nomi delle 13 persone, in gran parte appartenenti alla famiglia Galati a sua volta "espressione della cosca mafiosa dei Mancuso", arrestate nell'operazione di questa mattina coordinata dalla Dda milanese e condotta dai carabinieri del Ros.

Luigi Calogero Addisi, 55 anni, originario di San Calogero (Vibo Valentia), residente a Rho, centro nel milanese dove ha ricoperto la carica di consigliere comunale. Addisi risulta imparentato con alcuni esponenti di vertice della cosca Mancuso di Limbadi, in Calabria. Fortunato Bartone, 41 anni, originario di Mileto (Vibo Valentia) e residente a Giussano, in Brianza. E' accusato anche di tentate minacce nei confronti della direttirice del carcere di Monza.

Antonio Denami, 25 anni, originario di Vibo Valentia, già agli arresti domiciliari per estorsione, è accusato anche non solo di tentate minacce nei confronti della direttirice del carcere di Monza ma di aver incendiato l'auto di un vigile urbano. Antonio Galati, 62 anni, originario di Mileto (Vibo Valentia), residente a Cabiate (Como), ritenuto esponente apicale dell'organizzazione in Lombardia. Fortunato Galati, 36 anni, originario di Vibo Valentia, già detenuto per omicidio. Giuseppe Galati, 43 anni, originario di Castellana Sicula (Palermo), già detenuto per traffico di stupefacenti. E' anche accusato di tentate minacce nei confronti della direttrice del carcere di Monza.

Giuseppe Galati, 35 anni, originario di Vibo Valentia, residente a Cabiate (Como), imprenditore nel settore dei compro-oro, figlio del principale indagato, Antonio Galati. Franco Monzini, 65 anni, originario di San Benedetto Po (Mantova), residente a Milano, imprenditore edile, protagonista di un investimento immobiliare in una società occulta con Antonio Galati.

Salvatore Muscatello, 80 anni, originario di Amato (Cosenza), agli arresti domiciliari per una condanna per associazione mafiosa in seguito al processo 'Infinito'. E' ritenuto il capo della locale di 'ndrangheta di Mariano Comense (Como). Alberto Pititto, 39 anni, originario di Vibo Valentia, commerciante di automobili a Mariano Comense e Cantù, e ritenuto persona a disposizione della famiglia Muscatello.

Matteo Rombolà, 27 anni, originario di Seregno, (Monza-Brianza), titolare di un panificio a Mariano Comense, cognato di Fortunato Galati. Saverio Sorrentino, 53 anni, originario di Francica (Vibo Valentia), ritenuto "braccio destro" di Antonio Galati. Luigi Vellone, 54 anni, originario di Serra San Bruno (Vibo Valentia), residente a Gessate (Milano), imprenditore in diversi settori, protagonista di un investimento immobiliare in società occulta con Antonio Galati.

Gip Milano: "Boss provò arma sparando a cani"

Per fare il "rodaggio" di una pistola Antonio Denami, uno degli arrestati per associazione mafiosa nell'inchiesta della Dda di Milano sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nel Comasco, avrebbe sparato a "due cani", di cui uno appartenente ad un "pastore". E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Alfonsa Ferraro. In un'intercettazione del 27 febbraio 2013, infatti, Fortunato Bartone, un altro degli arrestati, racconta a Fortunato Galati quello che avrebbe fatto Denami, il quale gli avrebbe detto, in relazione alla pistola: "L'ho provata già ... gli ho fatto il rodaggio (...) ho sparato un cane!".

Gip: "In 'zona grigia' politici, bancari e agenti"

La cosca della 'ndrangheta dei Galati, smantellata stamani con l'operazione del Ros dei carabinieri, avrebbe avuto "contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale, bancario in modo da ottenerne favori, notizie riservate, erogazione di finanziamenti, rete di relazioni". Lo scrive il gip di Milano Alfonsa Ferraro che cita anche alcuni nomi di questi personaggi della cosiddetta 'zona grigia' o del "capitale sociale" della 'ndrangheta, come lo ha definito oggi Ilda Boccassini. La cosca, secondo il gip, si sarebbe servita del "concorso di personaggi tra cui Guerrera Giuseppe (agente di polizia penitenziaria in servizio presso la casa Circondariale di San Vittore), Baldessarro Giuseppe (funzionario dell'Agenzia delle Entrate della sede distaccata di Cantù), Pagnotta Giuseppe (imprenditore immobiliare), Ronzoni Alessandro (già esponente del mondo bancario) Pizzinga Emilio (consigliere comunale di Mariano Comense sin dal 2004 ed attualmente membro della Commissione Urbanistica del Comune di Mariano Comense) tutti in grado di fornire un contributo rilevante al mantenimento in vita, al rafforzamento dell'organizzazione e ad aumentarne il prestigio".

Imprenditore Monzini: "Mafiosi brave persone"

"Questo è un mafioso eh! E' una bravissima persona". Così l'imprenditore mantovano Franco Monzini, finito oggi in carcere nell'ennesimo blitz contro la 'ndrangheta in Lombardia, descriveva, intercettato, la figura del presunto boss Antonio Galati. Una frase che fa capire come la cosca fosse riuscita a ottenere il consenso di quella che lo stesso gip nell'ordinanza chiama la "borghesia mafiosa".

Una borghesia pronta a seguire negli affari quelle "bravissime persone" che non esitavano, come risulta dagli atti, a pestare a sangue chi si metteva contro. E a bruciare l'auto di un vigile urbano, 'reo' soltanto di aver fatto il suo lavoro, e a inviare una busta con tre proiettili alla direttrice di un carcere. Nelle carte dell'inchiesta, infatti, da un lato, viene a galla quella "zona grigia" fatta di 'colletti bianchi' disponibili a venire a patti con gli 'ndranghetisti e, dall'altro, c'è un lungo elenco di "atti intimidatori" di "violenza inaudita". Nel "capitale sociale" della cosca Galati non c'è soltanto Monzini, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver preso parte a una speculazione immobiliare illecita assieme all'ex consigliere di Rho, Luigi Calogero Addisi. I presunti boss avrebbero avuto in mano anche "personaggi" come Giuseppe Guerrera, un'agente "di polizia penitenziaria in servizio presso la casa Circondariale di San Vittore", Giuseppe Baldessarro, "funzionario dell'Agenzia delle Entrate della sede distaccata di Cantù", Giuseppe Pagnotta, imprenditore immobiliare, Alessandro Ronzoni, "già esponente del mondo bancario", Emilio Pezzinga, "consigliere comunale di Mariano Comense sin dal 2004 ed attualmente membro della Commissione Urbanistica del Comune di Mariano Comense".

Tutte persone, secondo il gip Alfonsa Ferraro, "in grado di fornire un contributo rilevante al mantenimento in vita, al rafforzamento dell'organizzazione e ad aumentarne il prestigio". Negli atti, tra l'altro, si legge anche che Addisi lavorava come "responsabile del servizio acquisti magazzino ed officina" della società 'Milano Serravalle spa'. Un incarico che, come sintetizza il giudice citando un'intercettazione, Addisi avrebbe avuto "grazie al suo ruolo politico e in virtù di questo anche il figlio Francesco (...) è impiegato in una società pubblica".

Nelle oltre 800 pagine di ordinanza, poi, sono tanti gli episodi di violenza. Così, ad esempio, Antonio Galati parla del pestaggio di un commerciante d'auto: "Mannaggia l'ostia quante palate a quello! dopo è scappato fuori.. fuori cadde e picchiavamo tutti e tre lì a terra". E poi Fortunato Galati dal carcere avrebbe ordinato "di inviare da Vibo Valentia alla Direttrice della Casa Circondariale di Monza", Maria Pitaniello "una busta contenente 3 proiettili inesplosi cal. 9 x 21" come "atto di intimidazione finalizzato ad ottenere un diverso trattamento detentivo riguardo anche ad una richiesta di trasferimento (...) verso le case circondariali di Lauretana di Borrello, Palmi e Vibo Valentia".

E sempre Fortunato Galati avrebbe fatto bruciare l'auto di un agente di polizia locale che con un suo rapporto aveva causato la revoca per lui dei permessi per uscire dal carcere. L'agente, infatti, l'aveva riconosciuto mentre in auto assieme ad un pregiudicato forzava un posto di blocco. La cosca, infine, come risulta dall'ordinanza, stava preparando anche un "atto intimidatorio" contro una stazione dei carabinieri del Milanese.

Da politico 'ordine' a boss: 'Trovami i voti'

"A maggio abbiamo le elezioni (...) vedete se mi trovate un po' di voti di preferenza! ... eh ... se no, non si fa più niente, dopo". Così, lo scorso 18 gennaio, l'allora consigliere comunale uscente di Mariano Comense (Como), Emilio Pizzinga, si rivolgeva a Salvatore Muscatello, il presunto boss della 'ndrangheta nel Comasco, 80 anni, già condannato nel maxi-processo 'Infinito' e ieri tornato in carcere nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Milano sulla cosca Galati che avrebbe accertato presunte infiltrazioni anche in due sub-appalti nell'ambito dei lavori per la tangenziale esterna di Milano. Pizzinga, stando agli atti delle indagini, è uno dei soggetti che fa parte del "capitale sociale" delle cosche Galati-Muscatello. Nelle carte compaiono alcune "visite" del politico nella casa del presunto boss, che era all'epoca agli arresti domiciliari. E anche una sua "convocazione", il 30 agosto del 2013, al "cospetto dell'anziano capo locale", nel corso della quale le cimici degli investigatori captano un saluto amichevole tra i due: "Buongiorno cumpà", diceva il politico rivolgendosi a Muscatello. Il 18 gennaio scorso, poi, Pizzinga torna a casa di Muscatello. Le intercettazioni ambientali registrano l'allora consigliere comunale che dice: "Ora ... a maggio abbiamo le elezioni ... a maggio ... vedete se mi trovate un po' di voti di preferenza! ... eh... se no, non si fa più niente, dopo! (...) se non siete al comune non potete (. ..) da nessuna parte ...". Muscatello: "Un po' li trovo ...". Pizzinga: "Eh penso che li trovate si". Il 12 maggio Pizzinga torna ancora da Muscatello e chiede "espressamente - scrive il gip Alfonsa Ferraro - a Muscatello Salvatore di procurare voti per Anzani Marco, candidato alle elezioni comunali di Mariano Comense come consigliere nella lista di Forza Italia, nella quale è candidato sindaco Ballabio Andrea". Alla fine della conversazione "viene fatto riferimento alla conoscenza tra il candidato Anzani e Muscatello Domenico".

Boss a panettiere: Fai scontrini, ti controllano

"Fate questi c.... di scontrini". E' il suggerimento che il presunto boss della 'ndrangheta in Lombardia Antonio Galati, finito in carcere ieri nell'inchiesta della Dda di Milano, avrebbe dato ai gestori di una panetteria, suoi parenti, dopo la 'soffiata' su possibili controlli ricevuta da un funzionario dell'Agenzia delle Entrate. Secondo gli atti delle indagini, infatti, Giuseppe Baldassarro, funzionario dell'Agenzia delle Entrate di Cantù (Como), sarebbe stato uno dei soggetti della cosiddetta 'zona grigia' a disposizione della cosca. In una telefonata intercettata Antonio Galati racconta a un agente di polizia penitenziaria, anche lui nel "capitale sociale" della mafia calabrese, di essere stato avvisato dal funzionario che in quella panetteria "vendono il pane e non fanno gli scontrini". Allora il presunto boss ha spiegato di essere andato al panificio: "Sono andato là, lo chiama la mamma là, la suocera di Nato (Galati Fortunato classe 1978, ndr) e gli ho detto 'vedi che ... così così e così' ... quella si è messa ad abbracciarmi a ringraziarmi .... io non voglio essere ringraziato, 'sono venuto qua a dirtelo ... fate questi cazzi di scontrini...'". Nel corso del periodo di monitoraggio, scrive il gip Alfonsa Ferraro, "Galati Antonio ha tratto vantaggio dal rapporto esistente con Baldassarro in almeno due occasioni di seguito illustrate in dettaglio: una volta il funzionario ha avvertito Galati di alcune irregolarità nell'emissione di scontrini fiscali presso l'esercizio commerciale 'La bottega del pane' di Rombolà Matteo, cognato di Galati Fortunato; un'altra volta è stato Galati stesso a interessare, pur senza successo, Baldassarro, affinché quest'ultimo accelerasse una pratica di sanatoria edilizia di un garage sito a Mariano Comense"

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