Buenos Aires - Il liberista Mauricio Macri, di origini calabresi diciotto giorni dopo aver vinto il ballotaggio contro il peronista Daniel Scioli, si è insediato oggi come 57mo presidente dell'Argentina, ponendo fine a dodici anni di dominio sul Paese della 'dinastia' Kirchner, prima Nestor e poi la di lui moglie Cristina Fernandez. Quest'ultima, indispettita, come previsto ha disertato la solenne cerimonia nella sede del Congresso Federale, piccata dall'essere stata estromessa dal potere alla mezzanotte scorsa e sconfitta dal predecessore nella disputa sul sito del passaggio delle consegne, finita in tribunale. Il passaggio delle consegne così non c’è stato per niente, e Macri ha prestato giuramento nelle mani del capo dello Stato provvisorio, Federico Pinedo, capo del Senato e suo compagno in Proposta Repubblicana, la formazione politica 'inventata' dal 56enne imprenditore di origini calabresi. La tradizionale consegna della fascia e del bastone presidenziali è saltata per assenza di chi avrebbe dovuto cederli al successore, e rinviata a più tardi, nella sede del governo. Come estremo dispetto, l'ormai ex 'Presidenta' ha ordinato a tutti i parlamentari del suo Partito Giustizialista di restarsene a casa. Macri era arrivato insieme alla consorte, Juliana Awada, a bordo di una decapottabile chiusa, scortata da trecento granatieri a cavallo, tra due ali di folla.
Presenti per omaggiarlo la brasiliana Dilma Rousseff, la cilena Michelle Bachelet, l'ecuadoriano Rafael Correa, il boliviano Evo Morales e Juan Carlos di Borbone, sovrano emerito di Spagna. Da buon appassionato di 'futbol', già presidente del Boca Juniors, alla vigilia si era intrattenuto con Morales in una partita a calcetto. Nel primo discorso ufficiale, il neo-leader argentino si è appellato alla "unione tra tutti i connazionali in questo tempo nuovo, dopo anni di confronto", e ha invitato a "riconoscere i problemi esistenti per trovare insieme le soluzioni". La gestione della cosa pubblica, ha sottolineato con una prima frecciata all'incontenibile Cristina Fernandez de Kirchner, "non è una competizione tra dirigenti per vedere chi di loro ha l'ego più grande". Quindi, la seconda stoccata: "Appoggerò completamente la giustizia indipendente, che in questi anni è stato un baluardo della nostra democrazia", ha assicurato, alludendo alle continue dispute tra chi lo ha preceduto e la magistratura. "Con me", ha aggiunto, "non ci saranno giudici macristi". Infine un'esortazione alla popolazione perché "dia un contributo ad affrontare le sfide, che sono enormi", e affinché ci si lasci le elezioni, "tanto ormai ci sono state", alle spalle. "Ci sono settori che la pensano diversamente, ma il Paese non è diviso", ha concluso in un tripudio di applausi. Infine è risalito in auto con Juliana e, sempre seguito dalla guardia d'onore, ha percorso i 3 chilometri che lo dividevano dalla Casa Rosada, sede della Presidenza.
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