Lamezia: presentato “Ti ho vista che ridevi” di Lou Palanca

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Lamezia Terme - L’abbiamo vista tutti che rideva, Dora la calabrotta là su quella copertina, noi tutti presenti alla libreria Tavella di Lamezia Terme, per la presentazione del nuovo libro edito da Rubbettino di Lou Palanca, un collettivo di scrittura che ha già riscosso particolare interesse con la pubblicazione dell’esordio letterario “Blocco 52” .

Ma oggi a fare da sfondo a Ti ho vista che ridevi non è più la lotta portata avanti dai contadini calabresi contro i latifondisti, ma un processo di emigrazione individuale femminile che negli anni Sessanta ha unito i destini del Sud e del Piemonte, lo spettacolare paesaggio di Riace con le campagne delle Langhe.

A conversare con un quinto degli autori del collettivo, Nicola Fiorita, scrittore docente nonché presidente di Slow Food Calabria, la studentessa “appassionata di letteratura” Laura Fazzari e Ippolita Luzzo, ex docente di lettere e filosofia che cura un seguitissimo blog letterario. 

“Ti ho vista che ridevi racconta la storia di un’emigrazione matrimoniale – ha introdotto Fiorita – la storia di Dora costretta ad emigrare da Riace per sposare un contadino delle Langhe, storie anche violente perché si tratta sempre di matrimoni combinati anche contro la volontà”. Sarà un bacialé, uno dei tanti personaggi che popola il romanzo – “pagine miste di storia e invenzione, di vero e verosimile”, ha spiegato l’autore – un ruffiano di professione che mediava questi matrimoni, il trait d’union tra i due mondi nord e sud, come una sorta di traghettatore di destini e di pedina nell’architettura delle diverse esistenze.

Ma ciò che più preme ai Lou Palanca (al plurale come fossero una band, ma l’empatia di intenti tra i membri pare la medesima) è, nelle parole di Fiorita, “restituire ad alcune storie dimenticate, perché forse minori, la giusta dignità, restituire dignità ai vinti”. Richiamando lo stesso impulso incrollabile della memoria come liet motiv della narrazione, Ippolita Luzzo ha citato Gli anni della scrittrice francese Annie Ernaux e il suo tentativo di rendere il tempo materia di ricongiunzione tra l’oblio e il racconto, perché “la memoria non si ferma mai – ha precisato la blogger – mentre attorno scompare tutto”.

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Laura Fazzari ha invece ricamato sulle parole in prefazione di Carlo Petrini “sono sempre gli altri che ci salvano”, una riflessione sull’alterità trasfigurata come d’incanto nella superficie di “uno specchio su cui  riusciamo a guardarci”, come se le pagine appartenessero di riflesso al lettore. 

E citare gli altri conversando con uno scrittore facente parte di una corale di scrittura, non può che sollecitare Nicola Fiorita a raccontare l’esperienza del collettivo: “Fare un libro insieme ad altri è arricchente, soprattutto in un periodo in cui in Calabria regnano individualismo e litigiosità”. Un paradosso negli anni della più compiuta condivisione social. E poi ha illustrato la metodologia di lavoro: “Ognuno di noi abbraccia un personaggio, in seguito si operano le revisioni degli scritti fino a quando ognuno di noi non si ritiene soddisfatto, fino allo sfinimento”. E pur sottolineando con forza quell’ognuno, la simbiosi in Lou Palanca è bella e fatta.

Pasquale Allegro

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