Guardavalle - Tragedia a Guardavalle dove un operaio di 60 anni è deceduto mentre lavorava al depuratore di Guardavalle Marina. Immediata la reazione di Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria che pone alcuni quesiti a riguardo “Perché Antonio Demasi, l’operaio di 60 anni deceduto mentre lavorava presso il depuratore di Guardavalle Marina, stava svolgendo da solo un intervento di manutenzione? Era previsto che fosse solo? Quali protocolli di sicurezza erano attivi? L’attività che stava eseguendo comportava rischi specifici? Se sì, erano adottate le necessarie misure di protezione? È fondamentale fare piena chiarezza sulle dinamiche che hanno portato a questo drammatico incidente, a questa ennesima, inaccettabile, morte bianca. La Regione Calabria esprime il più sincero cordoglio e si stringe con profonda vicinanza alla famiglia di Antonio in questo momento di grande dolore”.
Sulla morte del 60enne è intervenuta anche Cgil Area vasta “La tragica morte di Antonio Demasi, operaio di sessant’anni deceduto mentre svolgeva da solo un intervento di manutenzione al depuratore comunale di Guardavalle Marina, impone un momento di profonda riflessione, ma soprattutto un’assunzione di responsabilità collettiva. Antonio è morto mentre lavorava, da solo, in un impianto complesso e potenzialmente pericoloso. È stato ritrovato solo perché i familiari, preoccupati per il mancato rientro, hanno deciso di cercarlo. Un fatto che, di per sé, dovrebbe far rumore”. È quanto afferma il segretario generale della Cgil Area Vasta, Enzo Scalese.
“Non è solo una fatalità: è il risultato di una cultura ancora troppo debole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di una gestione organizzativa che spesso non tiene conto dei rischi reali, della tendenza a considerare la sicurezza un costo e non un diritto. Quando un lavoratore viene lasciato da solo ad operare in simili condizioni, il sistema ha già fallito”, afferma ancora Scalese. “Come Cgil Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo esprimiamo cordoglio e vicinanza alla famiglia di Antonio, ma non possiamo limitarci al solo sentimento. Serve un salto di qualità nelle politiche pubbliche e nelle prassi aziendali in materia di sicurezza: la prevenzione deve diventare parte strutturale dell’organizzazione del lavoro, soprattutto nei servizi pubblici gestiti in appalto o affidati a imprese esterne – si legge ancora nella nota -. Chiediamo che venga fatta piena luce su quanto accaduto e che le responsabilità siano accertate con rigore. Ma chiediamo anche che si apra un confronto vero – tra istituzioni, enti locali, aziende e parti sociali – per garantire che tragedie come questa non si ripetano. Il tema della sicurezza non può restare materia da commemorazioni o slogan, deve diventare una priorità concreta e quotidiana dell’agenda politica e amministrativa”.
“Sollecitiamo il prefetto di Catanzaro, che nei mesi scorsi ha presieduto il tavolo regionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro con i rappresentanti del mondo delle imprese, dei sindacati, l’Ispettorato del lavoro, Inail, Inps, Spisal, i rappresentanti degli enti territoriali e i vertici provinciali delle forze dell’ordine a riprendere il percorso di confronto e condivisione per lavorare concretamente al Patto territoriale di comunità contro gli infortuni sul lavoro e per una maggiore sicurezza”. “Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per lo Stato, per l’impresa, per la comunità. Morire sul lavoro è inaccettabile. Morire da soli, nel silenzio di un impianto industriale, lo è ancora di più. A noi il dovere di non restare indifferenti”, conclude Scalese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA