‘Ndrangheta in Lombardia, traffico di stupefacenti e armi da guerra: eseguiti fermi anche in Calabria - VIDEO

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Milano - I finanzieri dei Comandi Provinciali di Pavia e Milano unitamente a militari dello S.C.I.C.O. di Roma stanno dando esecuzione a provvedimenti delegati dalla Procura della Repubblica di Milano, nei confronti di soggetti indiziati di appartenere ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegali di armi.

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In particolare, le Fiamme Gialle stanno eseguendo un fermo di indiziato di delitto nei confronti di 13 soggetti ed un sequestro preventivo d’urgenza nei confronti di due attività imprenditoriali. I citati provvedimenti rappresentano l’epilogo di una complessa attività investigativa convenzionalmente denominata “Metropoli – Hidden Economy”, coordinata dalla D.D.A. milanese e condotta dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria di Milano e Pavia, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, che ha consentito di ricostruire le attività illecite di un’associazione criminale composta da soggetti dediti, a vario titolo, all’illecito traffico di cocaina, hashish e marijuana e all’intestazione fittizia di beni, avente al vertice il figlio dello storico esponente apicale di un sodalizio di ‘ndrangheta del quartiere Comasina di Milano. Le investigazioni economico-finanziarie hanno permesso di ricostruire i flussi di danaro e rilevare come una carrozzeria, utilizzata dagli indagati anche per la riparazione di auto in danno di istituti assicurativi, ed un negozio di articoli sportivi, entrambi ubicati nella provincia di Milano e formalmente intestati a terzi soggetti, fossero in realtà riconducibili all’indagato principale.

Le indagini hanno altresì permesso di ricostruire le rotte dello stupefacente, con sequestri effettuati anche nel territorio della Confederazione Svizzera, episodi estorsivi nei confronti dei clienti morosi ed un traffico di armi anche da guerra, quali mitragliatori Kalashnikov riforniti da cellule calabresi e balcaniche collegate. Sono in corso perquisizioni su tutto il territorio regionale con il supporto di altri Reparti e di mezzi aerei della Guardia di Finanza. Il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

Tra fermati anche ex Isola dei Famosi 

Tra i 13 destinatari del provvedimento di fermo c'è anche Franco Terlizzi, ex pugile e pr dell'Hollywood, passato alla ribalta delle cronache per aver partecipato negli scorsi anni all'Isola dei Famosi. Terlizzi, secondo gli accertamenti, sarebbe uno dei prestanome di Davide Flachi, il figlio di Pepè, il boss della Comasina morto a gennaio.

Terlizzi truffava assicurazioni su incidenti

È stato fermato con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di truffe assicurative su finti incidenti di auto e anche di trasferimento fraudolento di valori, Franco Terlizzi, ex pugile, ex pr della famosa discoteca milanese Hollywood ed ex concorrente dell'Isola dei Famosi. In particolare, come si legge negli atti, avrebbe procacciato i "clienti" per la maggior parte delle frodi assicurative messe a segno da un gruppo capeggiato da Davide Flachi, figlio del boss della 'ndrangheta della Comasina, titolare di fatto della Carrozzeria Nuova Milano srl, sequestrata nel blitz di oggi, con sede a Milano e attività a Cormano, nel Milanese e intestata fittiziamente, secondo l'accusa, a Terlizzi. Secondo il provvedimento di fermo (che dovrà essere convalidato da un gip), firmato dai pm di Milano Gianluca Prisco, Francesco De Tommasi e dal pm di Pavia Andrea Zanoncelli ed eseguito dalla Gdf di Milano e Pavia, l'ex pugile si sarebbe occupato "della stipula degli atti giuridici della società" di cui avrebbe fatto da 'prestanome' e avrebbe preso parte con Flachi (anche accusato di associazione mafiosa) ed altri "alle discussioni su tematiche relative alla gestione della carrozzeria e del personale". Carrozzeria che sarebbe stata intestata a Terlizzi perché Flachi temeva, secondo gli inquirenti, che gli sarebbe stata sequestrata come misura di prevenzione dai magistrati. E Terlizzi, si legge sempre nel decreto di fermo, si sarebbe speso pure per "agevolare le denunce dei clienti presso la stazione dei Carabinieri di Affori" sui finti incidenti. E per questo avrebbe avuto rapporti con Cosimo Caputo, ex appartenente all'Arma dei Carabinieri e tra i 13 fermati nell'inchiesta. Terlizzi, infine, si sarebbe messo d'accordo coi periti "conniventi pronti ad agevolare le truffe sulle assicurazioni".

Fermato: “Davide Flachi è gigante e picchia duro”

"Il gigante è messo bene ha delle belle amicizie... è uno che si fa valere... già ai tempi lo avevano arrestato perché era con suo padre (Pepè), gli hanno dato l'associazione perché prendevano le tangenti in tutta Milano. Lui piccolino (di statura) però picchia di brutto (...) e poi essendo il figlio di eh, la gente aveva paura". A descrivere Davide Flachi mostrando di essere ben informato sulla sua "caratura criminale" è Antonino Chirico, uno dei 13 fermati assieme allo stesso figlio del boss della Comasina. L'intercettazione ambientale, all'interno di un'auto, in cui Chirico parla della "scalata" di Davide Flachi risale al luglio dell'anno scorso ed è riportata negli atti dell'indagine coordinata dai pm milanesi Gianluca Prisco e Francesco De Tommasi e dal collega di Pavia Andrea Zanoncelli. Emblematica del riconoscimento del ruolo "decisorio" rivestito dal figlio del boss scomparso lo scorso gennaio è la definizione "il gigante". Sintomatica della posizione di vertice di Davide Flachi è anche una conversazione del novembre 2020 in cui sempre Chirico afferma "prima lo rispettavano per il padre ora per lui stesso". Il riconoscimento dell'"elevata caratura" di Davide Flachi, come ricostruisce il decreto di fermo, deriva dalla storica alleanza tra Franco Coco Trovato ''ndranghetista del lecchese e Giuseppe Flachi, che risale all'estate del 1986 e dura fino agli anni '90. Le due famiglie si erano spartite il territorio ai fini delle loro attività illecite, ossia il traffico di stupefacenti e armi e per commettere estorsioni. Il teatro di riferimento è la Comasina, terreno dei Flachi e dove gli indagati si muovono. Negli anni della sua carcerazione, Pepè Flachi, ricostruiscono i pm, continuava a dirigere l'organizzazione, anche attraverso i colloqui con il figlio, al quale avrebbe affidato "precisi compiti (...) quale collettore con gli esponenti degli altri gruppi criminali". Da allora avrebbe cominciato a "prendere forma la figura criminale" di Davide Flachi.

Minacce Flachi “fino settima generazione”

“È già tanto che entri ancora in Comasina ad abitare, hai capito? (...) ti piglio la testa e te la faccio volare pezzo di me... (...) metti le mani in tasca e pensi di farmi il lavoro a me. Io il lavoro lo faccio io a te e a tutta la tua settima generazione (...) vattene a lavorare e chiudi tutti i discorsi, tutti!". Con questi toni minacciosi Davide Flachi, 43 anni e figlio di Pepè Flachi (morto a gennaio), boss della 'ndrangheta della Comasina, quartiere di Milano, si sarebbe rivolto a Davide Volpe, 33 anni, e anche lui tra i 13 fermati nell'inchiesta milanese con al centro traffici di droga, "detenzione di armi" ed "estorsioni con azioni intimidatorie". Di lui, come emerge da un' intercettazione del 2020, Antonino Chirico, un altro dei fermati, dice: "quando uno è potente così la gente non esce di casa, ha paura ... ma non di lui del gruppo ... del nostro gruppo". Flachi, sulle orme del padre, come scrivono i pm, "è ben consapevole che è lui che comanda a Comasina". Il "confronto" con Volpe, come risulta da un'intercettazione captata nella carrozzeria di Cormano (sequestrata dalla Gdf), era terminato con un pestaggio da parte del presunto boss. "Ti brucio insieme a tutta la palazzina che hai qua dentro", è un'altra delle frasi intimidatorie pronunciate da Flachi che puntava ad acquistare un terreno, come si legge negli atti della Procura.

Figlio boss a Terlizzi: “Sei in piedi grazie a me”

"Se tu sei in piedi è grazie a me ma lo vuoi capire (...) qua se non ci sono io la baracca qua chiude (...) ti ho portato due lavori che ti faccio stare in piedi solo con quei due lavori". Con questi toni Davide Flachi, figlio del boss della Comasina Pepè Flachi, si rivolgeva, intercettato nell'ottobre 2021, a Franco Terlizzi, l'ex pugile 62enne ed ex 'naufrago' del reality L'Isola dei famosi, pure lui tra i 13 fermati nell'inchiesta milanese che ha azzerato un gruppo legato alla 'ndrangheta. "Tu non fai un caz.. e prendi il grano ma ti rendi conto Franco?", gli diceva Flachi (condannato in passato per associazione mafiosa). Terlizzi, secondo le indagini, sarebbe stato il "prestanome" del presunto boss. E lui: "Io non faccio, perché tu che stai facendo? Tu devi dire grazie a me". Flachi: "Se tu sei in piedi è grazie a me ma lo vuoi capire". E l'ex pugile: "Coi sinistri guadagniamo (...) 70mila euro ce lo siamo portati a casa". Terlizzi, a cui il presunto boss avrebbe intestato la sua carrozzeria, assieme a Flachi ed altri è accusato di aver messo a segno una serie di frodi sulle assicurazioni sugli incidenti d'auto. Terlizzi, scrivono i pm nelle oltre 400 pagine del decreto di fermo, avrebbe percepito "lo stipendio in qualità di amministratore" della carrozzeria. I pm Prisco, De Tommasi e Zanoncelli tra le esigenze cautelari per il fermo, eseguito dalla Gdf, segnalano i rapporti del gruppo "con appartenenti alle forze dell'ordine infedeli". Gli indagati hanno, infatti, "la possibilità di procurarsi continue informazioni sullo stato dell'indagine" e "in tale contesto si inserisce" anche la figura di "un ispettore in servizio presso la Dia di Milano che ha fornito diverse informazioni".

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