Lamezia, Recital di Rosetta Vecchi: poesie in vernacolo sulla Nicastro degli anni ‘50

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Lamezia Terme - Il Chiostro Caffè letterario ha ospitato il Recital di Rosetta Vecchi, componimenti in vernacolo che possono essere definiti come delle vere e proprie istantanee sulla Nicastro degli anni ‘50, sui luoghi, sui personaggi, sugli usi e costumi di quegli anni. Ad introdurre la presentazione la professoressa Michela Cimmino che riferendosi ai componimenti di Rosetta Vecchi precisa: “Ci sta facendo un grande dono a tutti quanti, dopo tanti decenni, e di questo dono dobbiamo ringraziare Luciana Parlati, che può essere definita mecenate per Rosetta che dopo aver letto alcune delle sue composizioni lo ha definito come uno scrigno che non può assolutamente restare un patrimonio solo tuo, ma un dono da fare alla Città”. I componimenti in vernacolo di Rosetta Vecchi, contribuiscono a costruire la memoria collettiva di una Lamezia che era Nicastro, l’uso del vernacolo racconta l’identità, la vita, i riti, le tradizioni, la politica e le denunce di un popolo ed è quello che traspare dalle composizioni di Rosetta Vecchi e che Michela Cimmino definisce: “Nostalgiche ma di una nostalgia terapeutica, salvifica perché avere nostalgia di un tempo che non c’è più ma che viene salvato con questa lingua materna che è il nostro dialetto è una cosa straordinaria”.

A raccontare qualcosa in più su Rosetta Vecchi è stata Luciana Parlati che precisa: “Conosco Rosetta da decenni, appartengo come lei ad una generazione nata durante la seconda guerra mondiale, vissuta in un mondo diverso da quello di oggi ma la nostra amicizia si è rinsaldata gli ultimi tempi e ho imparato a conoscerla meglio e ad apprezzarla sia come donna sia per quello che mi ha saputo trasmettere e donare - così - qualche anno fa Rosetta, che è una maestra in pensione, ha avvertito dentro di sé il bisogno di portar fuori quello che per tanto tempo è stato il bagaglio dei suoi ricordi, tesoro nascosto nello scrigno del cuore”. Un dialogo con sé stessa, in cui i sentimenti di un tempo sono usciti allo scoperto attraverso la memoria, e continua la professoressa Parlati: “Un giorno Rosetta mi dona da leggere i suoi scritti, alcuni in lingua altri in dialetto, inizio a conoscerla meglio, la riscopro, e mi sembra di vedere in quegli antichi anni appartenenti alla mia generazione la bambina Rosetta, piccola protagonista di una storia come tante, determinata e volitiva, realista e sognatrice - e prosegue - la Rosetta di oggi non rinuncia ai ricordi che rivive liricamente, in essi ritrova il candore della fanciullezza, l’arcobaleno dei sogni adolescenziali, grazie per queste piccole e autentiche perle di umanità che riescono a sorprenderci ancora e coinvolgerci con una lacrima e un sorriso”.

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I luoghi raccontati sono quelli del Maggiore Perri, di Viale Stazione, del vecchio treno Bagni poi soppresso, delle pacchianelle, del lattaio per le vie della città con le sue capre e il latte fresco, via Conforti, le strade di Nicastro come spettacolo di vita, le donne nicastresi forti e determinate. Il professore Francesco Vescio, ha approfondito questo “tesoro” di Rosetta: “Questi testi sono principalmente delle fotografie, immagini, pensieri della Nicastro degli anni ‘50 in poi, sono presi in modo descrittivo, quello che prevale in senso tecnico sarebbe l’aspetto denotativo, però leggendo attentamente si hanno degli spunti di sentimenti, degli spunti di quella che era la società e l’economia in cui noi siamo cresciuti, leggendo queste poesie ho rivissuto attraverso il suo aiuto la Nicastro che ho vissuto io e tutte quelle immagini mi ritornavano apertamente come se le vivessi ancora”. Ricordi di bambina che prendono vita man mano che si leggono i suoi componimenti, e che riportano alla luce una realtà ormai scomparsa nel vivere moderno, fugace e senza momenti si sosta. La professoressa Aldina Mastroianni approcciandosi alle poesie di Rosetta Vecchi dice: “ C’è una fresca immagine che ci viene incontro fino dal primissimo approccio a queste poesie dialettali di Rosetta Vecchi, cioè l’immagino di una bambina di tanti anni fa, magra, lenta e delicata come essa stessa si definisce, ma già molto sveglia e curiosa di tutto che si fa spazio per sedersi tra le piante del balcone con le gambarelle che penduliavanu cumu fadelli,  per gustarsi a strata ognuno può frugare nei suoi ricordi più lontani”.

Dopo aver ascoltato emozionata gli interventi di tutti, l’autrice si è presentata attraverso la recitazione della sua poesia in vernacolo a funtana da strata mia accompagnata dallo strimpellare della chitarra di Ninì Benincasa, qui uno stralcio della sua composizione: Na vota a funtana da strata mia , a strata Cumporti, era nu salottu… la a genti si incuntrava , jiatava, l’affriggianze si cuntava e la schetta u maritu circava, alla huntana si rinchianu i cutumbuli, e li vozzi, si lavavanu i panni e li scaroli, i piadi luardi di quatrarialli, ca cu li manu...vivianu mentre jucavanu...a funtana era cuntenta, a cumpagnia certo un c’è mancava, notte e jurnu curria chi l’acqua frisca ca da Sila venia...

Antonia Butera

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