
Lamezia Terme - Si rinnova il 31 dicembre la tradizione del “Capodanno senza pistole” voluto dall’associazione “e Sancta Lucia” e giunto ormai alla sua XXXVI edizione, sempre con lo spirito di diffondere pace, gioia e speranza in luogo dell’abituale violenza propiziatoria di botti e spari. L’appuntamento è alle ore 19 presso la Chiesa di San Domenico, dove per la gioia dei piccoli, prima del tradizionale scoppio dei palloncini colorati, un banditore mescolerà annunci antichi – il calo dei prezzi del pesce, l’arrivo di un ambulante, un animale ritrovato – alle notizie belle che tutti vorremmo sentire nel presente, segnato nella realtà da guerre, fame e ingiustizia.
“Il corno del banditore richiama lo Shofar, il corno usato dagli ebrei per annunciare l’inizio del Giubileo – momento di grazia e di liberazione – con il tipico suono chiamato appunto Jobel”, spiega don Vittorio Dattilo. A partire da questo legame si snoda la riflessione proposta quest’anno: “Un confronto tra il Giubileo, come viene avvertito ai nostri tempi, e la proposta antica, dettata dalla Bibbia, al Capitolo 25 del Libro del Levitico. Coloro che, per motivi di forza maggiore avevano dovuto cedere la porzione di terra ricevuta durante l’insediamento in Palestina, e fonte di una vita dignitosa per ciascuna famiglia, ne rientravano in possesso, mentre riacquistavano la libertà coloro che per necessità avevano dovuto mettere la propria vita al servizio di altri, come schiavi. Ogni cinquanta anni un “reset” economico e sociale. Un fatto perciò molto concreto in vista del benessere di un popolo.
Oggi, riguardo al Giubileo, si parla di indulgenza e cioè della remissione delle conseguenze dei peccati già perdonati – che rende la vita morale di un cristiano più agile – ed è percepita soprattutto come purificazione in vista del premio finale per i vivi e per i defunti, e legata alla confessione sacramentale, all’eventuale pellegrinaggio e all’attraversamento della Porta Santa. Un fatto preminentemente spirituale e individualistico, anche se questo vantaggio verrebbe dal tesoro della Chiesa (Comunione dei Santi). Azzerare non i debiti ma le conseguenze del peccato sarebbe il progresso portato da Cristo nella nuova economia della salvezza, del Nuovo Testamento. Visto così, si tratta di una riduzione e di un impoverimento. Il Vangelo ci dice infatti che il Regno di Dio incomincia da qui: vivere nella giustizia e nella fraternità, evitare la capitalizzazione dei beni nelle mani di pochi, poter vivere dignitosamente. Qual è allora il senso della spiritualizzazione apportata da Cristo? Ѐ ricevere la grazia, la forza, il coraggio e la responsabilità di comportarsi come fratelli, rendendoci simili a Lui nel confidare nella paternità di Dio, che ci dona ogni opportunità di vita. Ma se rimaniamo nell’atteggiamento pagano che affida a un potere esterno lo svolgersi degli avvenimenti, rinunciando a una personale responsabilità, ciò comporta la rinuncia a conseguire i risultati, per la paura di non raggiungerli, se non con la prepotenza o la corruzione e qualsiasi altro mezzo illegittimo. Invece, la spiritualità vissuta da Cristo, che è concretizzata nel dono della Sua vita, ed è il vero significato della Sua morte, è vivere la responsabilità. E allora l’aspetto storico e concreto del Giubileo proposto dal Levitico capitolo 25 è recuperato, anzi portato alla possibilità di realizzarsi effettivamente. Tutti quanti noi, attraverso la lettura degli Atti degli Apostoli, siamo venuti a conoscenza che l’avvento del Cristianesimo ha portato i fratelli a mettere in comune i loro beni, perché nessuno fosse bisognoso.
In questo senso, il Giubileo della Speranza di Papa Francesco, per noi, per esempio, potrebbe essere la risoluzione di rapporti mancati anche tra fratelli, per qualche metro quadro di terra o di casa ricevuto in più in eredità, o per la differenza di qualche euro. Non si tratta perciò di diminuire o negare l’aspetto concreto, sociale e politico del Giubileo ma di interpretare la spiritualizzazione nel senso che Gesù, partecipandoci l’amore di Dio nello Spirito Santo, ci dà il coraggio e la forza di muovere i passi necessari perché l’equità possa essere raggiunta. In questo senso è utile ricordare che, per Papa Francesco, questo Giubileo, Porta della Speranza, poteva e doveva dare la possibilità ai popoli indebitati e poveri di riorganizzare la propria politica a partire dal condono dei propri debiti nei confronti dei popoli ricchi. Per vivere la libertà e la giustizia – a cui già guardava il popolo di Mosè, attraverso l’alleanza e le sue Leggi – non bastava il desiderio e la volontà degli uomini, se non aiutati da una forza interiore, capace di farci assumere ogni responsabilità, che, come dicevamo, Cristo ci ha dato”.
G.D.S.

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