Rapporto Svimez, restano criticità in Calabria: crescita economica lenta e forte calo demografico

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Catanzaro - Calo demografico, basso tasso di crescita, criticità nella progettazione sul Pnrr: sono diverse le voci negative segnate dal Rapporto Svimez 2023 “L’economia e la società del Mezzogiorno” presentato oggi nella sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano della Camera di Commercio di Roma. Rimane sostanzialmente intatta la fragilità della Calabria registrata nello studio, sebbene timidi segnali di ripresa anche in fondo allo Stivale si siano registrati nei post pandemia. La regione, infatti, registra il tasso di crescita in termini di Prodotto interno lordo più basso rispetto alla media nazionale e a quella del Mezzogiorno: il 9% in Calabria, la media nel Sud è 10,7%.

L'occasione del Pnrr e le difficoltà nei Comuni

"Senza il Pnrr avremmo un Paese sostanzialmente in recessione e un Sud con una recessione più forte che nel resto del Paese. Quello che mantiene la crescita del Paese è l'attuazione del Pnrr". Spiega il direttore di Svimez, Luca Bianchi, alla presentazione del rapporto 2023. Senza Pnrr il Pil del Mezzogiorno calerebbe dello 0,6% nel 2024 e dello 0,7% nel 2025. Anche il Centro-Nord beneficia dello stimolo, grazie al quale l'area evita una sostanziale stagnazione nel biennio. Nonostante l'essenzialità del piano per la ripresa, l'associazione segnala "debole progettualità e partenza dei lavori ritardata" al Sud. La Svimez ha monitorato lo stato di attuazione degli interventi che vedono i Comuni come soggetti attuatori. Il valore complessivo dei progetti presenti sul sistema di rendicontazione Regis ammonta a 32 miliardi di euro, per il 45% allocati ai Comuni del Mezzogiorno. Per circa la metà dei progetti risultano avviate le procedure di affidamento; la quota di progetti messi a bando, tuttavia, si ferma al 31% al Mezzogiorno rispetto al 60% del Centro-Nord. Anche la capacità di procedere all'aggiudicazione presenta significative differenze territoriali: 67% al Mezzogiorno, 91% al Centro-Nord.

Il Sud si spopola

Il rapporto Svimez registra lo "spopolamento del Sud", da cui si continua a emigrare. Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%). Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti. Tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati. Nel 2021, il saldo netto complessivo è di circa 38 mila ragazzi. Di cui 20mila laureati. Tra spopolamento e gelo demografico, al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale.

Welfare debole e scarsa occupazione femminile

Il potenziamento dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno è cruciale per contrastare il declino demografico. Le regioni meridionali presentano il tasso più basso di occupazione femminile in confronto all'Europa (media Ue 72,5): Campania (31%), Puglia (32%) e Sicilia (31%). Le restanti regioni del Centro-Nord si avvicinano alla media europea, ma restano lontane dal benchmark dei Paesi scandinavi e della Germania (78,6). La carenza di servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia, specialmente nella prima infanzia, penalizza le donne nel mondo lavorativo. Una donna single nel Mezzogiorno ha un tasso di occupazione del 52,3%, nel caso di donna con figli di età compresa tra i 6 e i 17 anni scende al 41,5% per poi crollare al 37,8% per le madri con figli fino a 5 anni (65,1% al Centro-Nord), la metà rispetto ai padri (82,1%). Il Sud affronta gravi ritardi nell'offerta di servizi per la prima infanzia, evidenziati dai dati sui posti nido autorizzati per 100 bambini tra 0-2 anni nel 2020: Campania (6,5), Sicilia (8,2), Calabria (9) e Molise (9,3). Queste sono le regioni meridionali più distanti dall’obiettivo del LEP dei posti autorizzati da raggiungere entro il 2027 (33%). Gli investimenti del Pnrr, viene spiegato, mirano a colmare queste disparità, ma non sono stati programmati a partire da una mappatura territoriale dei fabbisogni di investimento, bensì attraverso procedure a bando, con una capacità di risposta fortemente influenzata dalle capacità amministrative degli enti locali.

Pochi laureati, Mezzogiorno in coda in Europa

L'Italia presenta una delle percentuali più basse di popolazione laureata in Europa, con il 29% dei giovani tra 25 e 34 anni che hanno conseguito un titolo di istruzione terziario nel 2022, 16 punti percentuali al di sotto della media europea. Nel Mezzogiorno, questa percentuale si riduce al 22%.

La crescita complessiva dell'occupazione in Italia nel periodo post-Covid è stata del 1,8% tra il 2019 e il 2023, con un aumento degli occupati diplomati del 3,6% e dei laureati dell'8,3%. Nel Mezzogiorno, la crescita è stata del 15,4% per gli occupati laureati (+203mila occupati). A livello nazionale, il tasso di occupazione dei giovani laureati (74,6%) è significativamente superiore rispetto ai diplomati (56,5%). Nel Mezzogiorno, il differenziale è di 26 punti percentuali (61,6% contro 35,6%), mentre nel Centro-Nord è di 13 punti (80,6% contro 66,8%). Il premio per l'istruzione si riflette anche nelle retribuzioni, con un laureato al Sud che guadagna mediamente il 41% in più di un diplomato, mentre nel resto del Paese il vantaggio è del 37%. La promozione di politiche che convergano la percentuale di laureati verso la media dell'UE appare opportuna, specialmente considerando le maggiori opportunità occupazionali, soprattutto nel Mezzogiorno, per i giovani laureati.

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