Lamezia, presentato il libro di Doris Lo Moro dedicato alla tragica morte del padre e del fratello uccisi in un contesto mafioso

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Lamezia Terme - Una storia di mala giustizia, di errori e mancata volontà di andare fino in fondo nel cercare la verità. Una storia di prepotenza mafiosa e violenza inaudita. È la drammatica vicenda del duplice omicidio di Giuseppe e Giovanni Lo Moro, assassinati nel 1985 in un contesto di violenza mafiosa a Filadelfia nel Vibonese.  Una storia raccontata nel libro "Forte come il dolore. Un caso di giustizia negata" scritto da Doris Lo Moro, già parlamentare e assessore regionale alla Sanità, nonché magistrato e sindaco di Lamezia Terme per quasi due consiliature. Il libro, edito da Grafichè, con la prefazione di Luciano Violente, ex presidente della Camera dei deputati, è stato presentato nel salone della chiesa della Pietà. "Un caso di giustizia negata - ha detto Doris Lo Moro - ma anche un modo per evidenziare come l'indagine non sia stata portata avanti per minacce ad un parente di un magistrato di rango. Parlo di una vicenda caratterizzata da un'indagine sbrigativa e di un processo con assoluzioni in un contesto di errori. E lo dico anche da addetta ai lavori. Parlo di una vicenda che oltre ad essere personale, mi ha dato spunto per parlare anche di fatti violenti subiti da tanti in contesti mafiosi, casi di femminicidi, violenze di ogni di genere".

Nonostante i processi avviati, nessuno è stato condannato per questi crimini. Una testimonianza che scuote le coscienze e invita alla riflessione su come il dolore possa trasformarsi in impegno civile e nel contempo evidenziando un caso emblematico di giustizia negata. "Una vicenda - ha aggiunto Lo Moro - che per me ha significato anche impegnarsi nella vita sia da addetta ai lavori appunto come dicevo prima, sia nell'impegno politico e sociale. Quello che voglio dire con questo libro è affermare il principio che mi ha accompagnato nella vita e nelle mie esperienze di lavoro e politiche, ovvero agire sempre per l'affermazione della legalità. Un'esperienza questa, per dire che dal dolore si può avere la forza per combattere, rialzarsi e andare avanti. Era l'unico modo per sopravvivere dopo quanto accaduto. Sono passati 40 anni dalla tragedia che ha sconvolto la mia famiglia e in questi 40 anni ho conosciuto tante vittime. Spesso, soprattutto negli impegni politici, sono stata vicina alle vittime di vario genere, ai fenomeni come il femminicidio, alle intimidazioni di amministratori, alle vittime di Ndrangheta, di mafia. Sono sempre stata dalla parte delle vittime e non è un caso. Ora era arrivato il momento di esserlo, anche di trasmettere un messaggio di comunanza".

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"È importante - ha proseguito Doris Lo Moro - capire quanto dolore c'è nella nostra società, ma non solo per un fatto così affettivo, sentimentale. Perché lo Stato e la comunità deve dare maggiori risposte. Quando succede una cosa di questo genere, la prima cosa che succede è che la vittima deve dare delle spiegazioni. Ma perché è successo? La ricerca di un motivo. C'è sempre questa ansia crescente che apparentemente è umana, ma che sostanzialmente allontana da sé la violenza. Perché chi si chiede cos'è successo, e l'ho pensato anche io tante volte quando ero più ragazza, a me non potrebbe succedere, non ci sono motivi, la cosa triste è che queste cose succedono anche senza un motivo e oggi ne vediamo tante cose che succedono, allora c'è bisogno che la comunità capisca fino in fondo che queste cose appartengono a tutti e che sia solidale nei fatti, che si diano risposte, una delle risposte che spesso non si dà - ha detto ancora la Lo Moro - è proprio quella che devono dare le istituzioni e cioè è la giustizia, le sentenze, spesso non ci sono proprio processi perché spesso si resta davanti ai responsabili non individuati. Altre volte, come nel nostro caso, si sono individuati dei responsabili e non si arriva a sentenze di condanna. Io ho vissuto questa violenza, e l'ho vissuta anche in una vista particolare, da magistrato, da giudicante. So quanto ho sofferto e so quanto ho cercato di capire quanto è stato difficile restare dalla parte della giustizia, con la “G” maiuscola, sapendo che i giudici possono e sono fallibili, possono sbagliare. Ma so anche che il messaggio che vorrei trasmettere ai miei ex colleghi, a partire da mia figlia, che è una giovane collega, è che non devono dormire tranquilli, devono fare il loro dovere, non devono disfarsi dei problemi. Non devono scegliere - ha aggiunto Lo Moro - la strada più facile, che potrebbe essere quella dell'assoluzione”.

Sulla riforma della giustizia

La Lo Moro, sollecitata dai giornalisti ha accennato anche ai temi più generali della riforma della giustizia. “Sicuramente - ha detto - in altri luoghi discuteremo di questo libro sotto il profilo della giustizia, perché per esempio noi abbiamo in questi ultimi anni visto avvocati inquisiti, arrestati, magistrati inquisiti, e sembrano cose lontane anche dalla quotidianità, invece tristemente si incrociano con i fatti che io racconto, perché alcuni dei protagonisti sono tra i magistrati e gli avvocati che sono stati arrestati e inquisiti. Questo - ha evidenziato l’ex magistrato - significa che c'è un problema grosso nella nostra società, che non c'è nessuno al di sopra di ogni sospetto, perché c'è la necessità di rendersi conto che nella nostra società, quando c'è qualcosa di marcio, c'è marcio dappertutto. Sulla giustizia cosa dire? Io dico una cosa intanto, perché si parla tanto della separazione delle carriere, che è estranea a questo libro ovviamente, però è un altro colpo alla giustizia una cosa di questo genere, perché già si dimostra, si cerca di dimostrare, si afferma quantomeno. Io affermo che spesso i giudici non si assumono fino in fondo le proprie responsabilità o non trovano fino in fondo, non cercano fino in fondo la verità. Ma se un Pm cammina da una parte e il giudice cammina da un'altra - ha concluso Lo Moro - è ancora più difficile perché la trasmissione della possibilità di cambiare anche funzioni arricchisce il magistrato, non lo indebolisce”.

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Doris Lo Moro poi ha risposto alla domanda su quanto questo libro abbia influenzato la sua carriera professionale

“La mia carriera professionale sicuramente, perché purtroppo, ahimè, non mi sono mai permessa il lusso di una disattenzione. Diciamo che ho vissuto sempre una grande tensione. Quando facevo politica anche in questa città si diceva che io ero rimasto un magistrato per dire che ero molto rigorosa. In realtà il rigore morale che ha sorretto la mia vita, ma anche quella dei miei fratelli e della mia famiglia, non viene tanto dalla mia professione, quanto dal dovere che ho avvertito io e loro di essere degni di un padre che ci ha trasmesso solo valori positivi e il pensiero che un uomo del genere a soli 62 anni sia stato sottratto alla sua famiglia insieme a un figlio di 19 anni e già questo, già solo il pensiero mi fa inorridire e dovrebbe fargli inorridire tutti, ma non è certo l'unico caso. Io vorrei tanto che questo libro servisse anche ai tanti casi che si sono anche registrate nelle nostre famiglie, nelle nostre città. Le famiglie che restano senza qualcuno, a cui viene sottratto qualcuno con la violenza ma bisogna trovare la forza di reagire. Ecco - ha concluso Doris Lo Moro - io ho reagito, perché ho reagito anche in maniera dura probabilmente, perché ero un po' quella che mio padre sosteneva fosse la sua erede, la più forte in casa, e ho reagito perché volevo che i miei fratelli si laureassero, che tutta la famiglia continuasse il percorso segnato da mio padre. Non ho mai fatto riferimento, chi è di Lamezia ha sempre saputo quello che abbiamo vissuto, ma nella mia vita politica e professionale non ho mai fattori ferimenti diretti a questa vicenda. Era così presente in me, ma non l'ho mai usata in nessun modo, perché ognuno reagisce come può. Io ho reagito soltanto impegnandomi. Ecco, questa è la cosa che mi sento di dire. Non so quantosi è riuscita a fare le cose, però sicuramente ci ho messo tanto, tanta passione e tanto amore”.

Alla serata hanno portato il loro contributo, il Vescovo emerito, Vincenzo Rimedio, Paolo Lo Moro, l’editrice Nella Fragale, il giornalista Massimo Iannicelli, l’avvocato Aldo Casalinuovo e alcuni degli amici di infanzia di Giovanni Lo Moro al quale il presidente del Consiglio comunale, Giancarlo Nicotera ha rivelato che sarà intitolata una via cittadina.

A. C.

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