Vibo Valentia – È scattata nelle prime ore del mattino, nelle province di Vibo Valentia e Reggio Calabria, l’operazione dei Carabinieri denominata “Demetra 2”, coordinata dalla Dda di Catanzaro. Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia e del Reparto Crimini Violenti del Ros di Roma, coordinate dal pm Andrea Mancuso, avrebbero consentito di individuare le due persone che hanno fabbricato e materialmente posizionato il micidiale ordigno che ha causato la morte del biologo Matteo Vinci ed il grave ferimento del padre Francesco, il 9 aprile 2018.
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Il provvedimento del gip distrettuale è stato eseguito a carico di 7 persone, indiziate, a vario titolo, oltre che dei reati di omicidio e tentato omicidio, anche di danneggiamento, porto di esplosivi, tentata estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Già erano stati assicurati alla giustizia, a solo un paio di mesi dall’esplosione, i mandanti dell’efferato omicidio, appartenenti alla famiglia Mancuso. L'attentato sarebbe maturato in un più ampio disegno estorsivo, posto in essere dai Mancuso, finalizzato all’illecita acquisizione di terreni a cui si sarebbe opposta la famiglia Vinci. La mano degli esecutori, invece, sarebbe stata armata dalla necessità di saldare un debito di droga.
Sono Antonio Criniti, 30 anni, e Filippo De Marco, di 40, entrambi di Soriano Calabro, i due principali indagati. Nei loro confronti le accuse di omicidio e tentato omicidio, danneggiamento, porto di esplosivi, tentata estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Sarebbero stati loro, secondo l’accusa, ad avere un debito di droga con la famiglia Mancuso – fra gli arrestati (già in carcere per altro) anche il boss Pantaleone Mancuso, detto "l’Ingegnere" – e per sdebitarsi avrebbero fabbricato e materialmente posizionato la micidiale bomba che ha fatto saltare in aria l’auto sulla quale il 9 aprile 2018 viaggiavano Matteo Vinci, deceduto, ed il padre Francesco Vinci, rimasto gravemente ferito. I reati sono tutti aggravati dalle modalità e dalle finalità mafiose. Oltre a Pantaleone Mancuso ed alla sorella Rosaria Mancuso, nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere anche per Vito Barbara, 30 anni, genero di Rosaria Mancuso. Rosaria Mancuso sarebbe stata la principale mandante del fatto di sangue maturato in un più ampio disegno estorsivo, posto in essere dal clan Mancuso, finalizzato all’illecita acquisizione di terreni, alla quale si sarebbe opposta la famiglia Vinci.
Gratteri: "Episodio molto grave"
"Abbiamo fatto quel che potevamo fare rispetto agli elementi di prova all'epoca in nostro possesso. Tuttavia abbiamo continuato a lavorare, anche grazie alla presenza della Sezione specializzata del Ros 'Crimini violenti', arrivando a dimostrare il coinvolgimento e la responsabilità degli esecutori materiali dell'attentato che costò la vita a Matteo Vinci e, nel mentre indagavamo, è emersa l'esistenza di un traffico di droga per centinaia di chili di marijuana e di diversi chili di cocaina. Due reati che si intrecciano tra di loro divenendo la causale dell'omicidio dell'autobomba". Lo ha detto il Procuratore distrettuale di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa sull'operazione "Demetra 2" che ha visto l'emissione di sette ordinanze di custodia cautelare, due delle quali a carico dei presunti esecutori materiali dell'attentato in cui fu ucciso Matteo Vinci e restò gravemente ferito il padre Francesco Antonio, "Un episodio molto grave - ha aggiunto Gratteri - un messaggio lanciato per terrorizzare tutti gli abitanti della provincia di Vibo e non solo, per dire 'questo è il nostro metodo', il metodo della famiglia Mancuso, specializzata nel riuscire ad estorcere terreni". Gratteri ha definito Matteo Vinci, di professione biologo marino, "un giovane che grazie al costante sacrificio dei genitori aveva potuto proseguire gli studi fino a conseguire la laurea. Un giovane professionista, figlio di una famiglia perbene, che non si è voluto piegare al giogo della 'ndrangheta, ben sapendo che i suoi interlocutori erano i Mancuso; non si è tirato indietro per difendere la propria terra, le radici della sua famiglia che gli hanno consentito di mantenere gli studi. Ha voluto reagire alla violenza e alla sopraffazione mafiosa che da quasi un secolo i Mancuso hanno messo in atto nel Vibonese".
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