Lamezia Terme - Una vera e propria Lectio Magistralis quella tenuta all’Uniter dalla professoressa Daniela Luigia Caglioti, lametina di origine, docente Ordinaria di Storia Contemporanea all’Università Federico II di Napoli, un curriculum che la vede rivestire numerosi incarichi come docente e ricercatrice, in Italia e all’estero; non in ultimo, è stata direttore della rivista “Il Mestiere Storico”, ed è attualmente nella redazione di “Contemporanea”. Titolo della conferenza, introdotta dalla presidente Costanza Falvo D’Urso, è stato “Cittadini, Stranieri e Apolidi: diritti, migrazioni e ridefinizioni dei confini in Europa tra ‘800 e ‘900”. Una tematica in realtà estremamente attuale, data la guerra in corso, che porterà probabilmente ad una ridefinizione dei confini e forse dell’identità nazionale di milioni di persone. “Al 2020 – sottolinea infatti Caglioti – il numero dei rifugiati nel mondo è di 82,4 milioni. Ma se la guerra in Ucraina continua inevitabilmente questo numero salirà”. Ma cosa si intende esattamente per rifugiati? Come emerge dalla discussione del materiale proposto, sono rifugiati le persone forzatamente costrette a spostarsi dal proprio luogo di origine o di residenza a causa di fattori legati ad eventi drammatici – guerre, catastrofi ambientali, dittature, persecuzioni. Spesso si tratta di movimenti interni allo stesso Stato – molti Ucraini si sono semplicemente sposati più ad ovest, senza lasciare il Paese. Ma molti hanno scelto di cambiare Stato, dirigendosi in altri paesi Europei, fra cui l’Italia. Complessa è la narrazione del passaggio dell’Europa da continente di emigrazione a continente di immigrazione – come è stato negli ultimi 30 anni: a determinarlo, oltre al benessere economico e all’aumento dell’aspettativa di vita, anche la decrescita demografica.
“Ma per buona parte dell’800 – ricorda ancora Caglioti – a emigrare erano gli europei, soprattutto verso le Americhe, grazie all’invenzione delle navi a vapore che rendevano gli spostamenti meno rischiosi e costosi e più veloci”. Al contrario di quanto spesso si pensa, i primi a emigrare furono gli europei del nord, solo in seguito Italiani e Greci, o ebrei provenienti dai pogrom della Russia Zarista, e non si trattava di persone estremamente povere. Dopo la I Guerra Mondiale il processo rallenterà per l’introduzione dei passaporti: l’Europa diventa un continente di Stati Nazionali e avere una nazionalità definita diventa allora improvvisamente importante. Si ambisce a creare degli Stati in cui cittadinanza, lingua e origini etniche coincidono, ma la cosa evidentemente non sempre è realizzabile: si producono fra le due guerre milioni di apolidi – parte dopo la rivoluzione bolscevica del ’17, che lascerà senza nazionalità personalità come Nabokov o Chagall, parte fra gli Armeni sopravvissuti al genocidio ad opera dell’Impero Ottomano, parte in seno all’Impero Austroungarico. Anche gli ebrei denaturalizzati da Hitler si aggiungeranno al novero, e in epoca più recente i Rohingya del Myanmar. “Al 2020 si contano nel mondo oltre 4 milioni di apolidi – conclude Caglioti –e siamo di fronte ad una nuova grande crisi, in un mondo in cui si è creata una forte aporia tra cittadinanza e diritti umani”.
Giulia De Sensi
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