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francesco-bevilacqua-foto-blog-nuova_80da1_19973_ea258_59f1c_e96f0_cec4f_df014_db513_eb6b5_f8fb1_2c83a_da5cd_ac61d-1_c49d8_8a9fc_0ddc4_dbb45_3e055_c8aac_3902e_9b8e8_82be7_7dcc5_55d19_1497a_40b91_feee3_9e95e_59ada_e1ecc_4__7aa94.jpgDall’alto, le case paiono sospese nel vuoto, i tetti che digradano verso la lingua detritica della fiumara. Sullo sfondo, la pendice dirupata di Pietra Gnizzito, che s’innalza sul lato opposto della valle. Odore acre di fuochi nei camini. Esili

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 Arabeschi, ghirigori, bassorilievi, cromatismi impressi sulla volta e sulle pareti. Le rupi del M. Campanaro paiono ricami di radici fusi nella roccia, bassorilievi di sabbia solidificata. Gli amici di “Boschetto Fiorito” di Antonimina, ci

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“Fa caldo”, “che caldo”, “si muore dal caldo”, sono le frasi più ricorrenti che si sentono pronunciare in questi giorni, a cavallo fra luglio e agosto. Negli ascensori, come “frasi di spostamento”, secondo il lessico dell’etologo Desmond Morris

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