Lamezia, il gioco e la criminalità organizzata fra Italia e Stati Uniti nella mostra “Stavamo giocando … gioco, manonera e mafia”

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Lamezia Terme - Un excursus sulle organizzazioni criminali che varcano l’oceano fra la fine dell’‘800 e il primo dopoguerra ibridandosi con la nascente società americana nella conferenza che si è svolta presso i locali dell’Associazione “Lucky Friends” in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2019, fissate per il 21 e il 22 di settembre, durante le quali gli Archivi di Stato rimarranno aperti al pubblico e, nella sezione di Lamezia Terme, sarà possibile visitare la mostra “Stavamo giocando … gioco, manonera e mafia”, (che rimarrà aperta fino al 30 settembre) un’esposizione di atti giudiziari originali o in riproduzione e di materiale fotografico che svelano aspetti inediti dei processi alla criminalità organizzata con particolare attenzione ai rapporti fra la manonera statunitense, il gioco d’azzardo e il nostro territorio. La mostra è stata illustrata nel corso della conferenza introduttiva da un parterre di relatori composto dal Presidente di Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini, dallo storico e antropologo Francesco Carravetta, dal Segretario Regionale del Mibac Calabria Salvatore Patania.

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Assente per motivi di lavoro il Procuratore della repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri. Presentati dalla vicedirettrice dell’Archivio di Stato di Cosenza Maria Spadafora, che ha dedicato la mostra a due colleghe recentemente scomparse, Mariagrazia Rocca e Antonella Lamberto, i relatori si sono soffermati prima di tutto sull’importanza degli Archivi di Stato, dove sono custoditi circa 1500 chilometri lineari di fondi archivistici ormai in via di digitalizzazione, grazie ai quali, secondo Patania, “noi esistiamo come persone giuridiche, e la storia diventa memoria”. Ma la storia è fatta anche di fenomeni decisamente negativi, come appunto le associazioni criminali e i fatti di sangue, con relativi processi i cui atti sono accuratamente registrati. E a volte centra il gioco, che può persino avere un ruolo importante, come illustrato da questa mostra. Lo testimonia in particolare la storia di un omicidio, raccontata dallo storico Carravetta, avvenuto a Cosenza nel 1935 dopo una partita a bocce cui fa seguito il noto gioco di carte “Padrone e sotto” che sovente, fra malavitosi, esitava nel sangue, o era comunque il preludio naturale alle pallottole. “Stavamo giocando …” avrebbe infatti dichiarato in questo caso l’omicida. La valenza del gioco, anche come fonte di guadagno per le famiglie criminali, si sviluppa enormemente con la manonera americana, un’organizzazione che si riconosce nella sua matrice mafiosa in quanto genera faide anche negli States, cominciando però dalle estorsioni.

I suoi capi più carismatici sono quelli che poi ritornano in Italia, dove sono destinati a diventare padroni assoluti, o molto spesso a rimanere comunque impuniti. E’ il caso di Annunziato Ciappina, descritto da Marco Petrini, che colpevole dell’omicidio del conterraneo Antonio Saladino compiuto nel 1912 in Pennsylvania viene riconosciuto circa un anno dopo dal fratello della vittima mentre passeggia sul Corso di Nicastro, ma viene assolto per insufficienza di prove. Si tratta in tutti i casi di vicende illustrate dai documenti giudiziari della mostra, che comprende anche un locale Codice della Picciotteria redatto nel 1888, dunque uno dei primi al mondo, nonché una raccolta di immagini che riproducono i tatuaggi dei malavitosi realizzate nel carcere di Cosenza fra il 1889 e il 1903 da un medico, il dottor Fera, il quale li riscontrava sul corpo dei detenuti ad indicare l’appartenenza ad organizzazioni criminali di stampo mafioso: pare che i boss si facessero tatuare sul petto un cuore trafitto da una spada. Dunque una mostra suggestiva ed unica nel suo genere, interessante anche per i non addetti ai lavori.

Giulia De Sensi

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