Tar Reggio Calabria annulla interdittiva antimafia contro la coop. Valle del Bonamico

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Locri – Pubblichiamo un comunicato del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa Valle del Bonamico.

“Che si tratti di interdittive antimafia o di tentata truffa o di danno erariale o di distrazione di fondi comunitari, quando si arriva a sentenza il collegio giudicante assolve sempre la cooperativa Valle del Bonamico. Nessuno però ti può restituire l’onore e la credibilità travolti sotto il peso di tante accuse (anche se ci piace ricordare come la nostra cooperativa sia stata scaturigine e protagonista della prima scomunica ecclesiastica contro la mafia nel 2007). Per questo motivo riteniamo giusto affermare la fondamentale importanza dell’unità, in una corretta e reciproca fiducia, di tutto il fronte antimafia: istituzioni statuali (Prefettura, Maagistratura, Forze dell’Ordine, ecc.), movimenti, componenti politiche e sociali, istituzioni religiose, ecc.”.

“La certificazione antimafia si era tentato di negarla alla cooperativa Valle del Bonamico fin dal suo inizio, cioè nell’anno 1997. Noi protestammo che non si potesse negare la speranza di un cambiamento ai giovani, ancorché appartenenti a famiglie mafiose, e riuscimmo a ottenere la legittimazione ad andare avanti con i nostri progetti di lavoro, di cooperazione e di integrazione sociale. Come tutti sanno, l’esperimento della coltivazione dei piccoli frutti e le altre iniziative si consolidarono a tal punto che si crearono molti ettari di serre, molte iniziative occupazionali con centinaia di posti di lavoro. E si intrecciarono fecondi legami con le Cooperative Trentine, i quali ancor oggi producono lavoro per molte famiglie in una zona caratterizzata da una gravissima disoccupazione, segno che anche in ambienti difficili si può cambiare le sorti di un territorio. Abbiamo così dimostrato come l’antimafia vera si può attuare sia con il contrasto repressivo che con l’impegno sociale, l’inclusione e la conversione delle coscienze”.

“Le istituzioni statuali non hanno però voluto mantenere aperto verso il nostro impegno di riscatto sociale un credito di fiducia, fondato sulla trasparenza e sul continuo dialogo, da noi richiesto insistentemente in ripetuti incontri, e sono piovute invece interdittive e accuse varie, tutte respinte con sentenze assolutorie. Doppio il danno: da un lato il crollo della nostra credibilità che offre occasione a tanti, soprattutto tra i mafiosi, di infangare e di denigrare; dall’altro l’indebolimento del fronte antimafia, rendendo egemone il convincimento che l’unico contrasto al malaffare sia lo strumento repressivo militare. A chi vuole credere nel recupero e nell’inclusione, alla medicina del duro lavoro piegando la schiena, alla riparazione del tessuto sociale in un cammino di quotidiana rinascita accade di trovarsi di fronte alla derisione o addirittura all’intervento ostativo dello Stato”.

“Vogliamo sottolineare la necessità per tutti, soprattutto per chi accusa, di sostanziare con dati di fatto ogni circostanza rinunciando alla sommarietà. Accusare anche le comprovate autorità morali, semina sfiducia tra la gente e allontana, soprattutto i giovani, dall’idea che il cambiamento sia possibile oltre che necessario. Né i qualificati accusatori sono depositari di indefinite deterrenze intimidatorie, come è evidente, visto il risultato pressoché nullo dei vari procedimenti intentati contro di noi. Ci sostiene ancora la speranza, anzi la certezza, di aver scelto una via giusta per cambiare la nostra terra: il lavoro, la valorizzazione delle risorse locali, lo studio serio, l’intraprendere insieme sono valori che vogliamo trasmettere ai giovani e che costituiscono un valido antidoto alla mafia. La vera antimafia sarà giustizia chirurgica e selettiva, accompagnata dall’opera di recupero e ricucitura del nostro tessuto sociale, povero e degradato”.

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