Reggio Calabria - Si è concluso con 84 condanne il processo davanti ai giudici della Corte d'appello di Reggio Calabria contro presunti boss e gregari delle cosche della 'ndrangheta coinvolti nell'inchiesta Crimine e processati in primo grado con il rito abbreviato. Tra i condannati alle pene più pesanti figurano Domenico ''Mico'' Oppedisano (10 anni), Giuseppe Commisso (14 anni e 8 mesi), Rocco Aquino (9 anni e 6 mesi), Raffaele D'Agostino (8 anni), Nicola Gattuso (11 anni e 4 mesi), Remingo Iamonte (9 anni), Rocco Lamari (10 anni), Cosimo Giuseppe Leuzzi (8 anni e 8 mesi), Filiberto Maesano (10 anni), Paolo Meduri 'u capurrota' (10 anni), Giovanni Tripodi (11 anni e 8 mesi). Complessivamente sono la Corte d'appello ha comminato pene per quasi 500 anni. Il processo era scaturito da una inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto della Dda, Nicola Gratteri, ed eseguita dal Ros dei carabinieri, all'epoca diretto dal col. Valerio Giardina. Le indagini portarono, nel luglio del 2010, all'esecuzione delle operazioni Crimine-Infinito, coordinate congiuntamente dalle Dda di Reggio Calabria e di Milano, con oltre 300 arresti. Nell'inchiesta Crimine, gli investigatori riuscirono a piazzare alcune microspie all'interno dell'abitazione di Bovalino, nell'alto Ionio reggino, del boss Giuseppe Pelle, figlio del defunto capobastone Antonio detto 'gambazza', registrando le conversazioni tra quanti si recavano giornalmente a chiedere 'consiglio' al giovane rampollo mafioso. Tra gli intercettati a casa dei Pelle, anche numerosi candidati alle elezioni regionali del 2010. L'operazione ''Crimine'', secondo gli inquirenti, ha svelato il volto nuovo della 'ndrangheta: non più un insieme di cosche senza collegamento tra loro, ma un'organizzazione unitaria, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice che prendono e ratificano le decisioni più importanti. Un'organizzazione ramificata in ogni continente ma la cui testa pensante resta in provincia di Reggio Calabria.
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