Lamezia Terme - Pedalare insieme verso la libertà. Questo lo spirito che spingeva Rosario e gli altri sette ciclisti lametini a salire in sella alla loro amata bicicletta. “Ogni domenica mattina non vedeva l’ora di partire. La sua unica passione era la bici alla quale era molto legato fin da ragazzo. Si era ritrovato con questo gruppo di amici, tra cui Domenico Strangis con il quale eravamo anche amici di famiglia. ‘Io vado con la bici perché mi svago’ mi diceva. Era un modo per scaricare tutta la tensione della settimana”. A parlare è Ida Sesto, la moglie di Rosario Perri, uno degli otto ciclisti che dieci anni fa perse la vita nella tragedia avvenuta sulla strada statale 18, in località Marinella. Era il 5 dicembre 2010. Insieme a lui anche Domenico Strangis, Francesco Stranges, Vinicio Puppin, Giovanni Cannizzaro, Pasquale De Luca, Fortunato Bernardi e Domenico Palazzo. Il gruppo venne investito in pieno da un’auto guidata da un giovane che viaggiava ad alta velocità. Una ferita per tutta la comunità lametina che a distanza di dieci anni fa ancora male. Loro, prima di essere sportivi erano semplicemente amici che condividevano da tempo la passione per le due ruote.
“Erano tutte brave persone. Mio marito era buono, ha sempre lavorato e ha dedicato la sua vita alla famiglia e alle figlie”. Di fronte alle difficoltà della vita, ricorda ancora la signora Ida, “si è sempre dato da fare, non si è mai arreso. Ha sempre saputo ricominciare da capo”. E, ricorda, “come mi dicevano gli amici, lui era sempre il primo. Anche quel giorno ho saputo che era il primo all’impatto”. Grazie alla fede ha ritrovato la forza di continuare e superare il dolore: “I primi anni sono stati duri. Ci ho messo un bel po’ di tempo… quella mattina io e mia figlia ci trovavamo in chiesa. E mi sono tanto allontanata. Poi ho capito che ero forte proprio grazie alla fede. Ancora oggi è dura andare avanti, mi sono ritrovata da sola”. Tanti i progetti e i sogni ancora da realizzare ma “quello che mi è dispiaciuto di più - racconta a il Lametino.it la signora Ida - è che non ha potuto vedere la figlia laureata. Si doveva laureare proprio quell’anno e lui ci teneva tantissimo. Ora che ha raggiunto il suo obiettivo (è medico a Germaneto nel reparto Covid ndr) sarebbe stato orgoglioso di lei”. Un ricordo, quello della signora, che vuole essere un messaggio positivo e di speranza: “con la fede - dice - mi sento tranquilla e serena anche se è dura”.
La stele in ricordo dei ciclisti lametini dove avvenne l'incidente
Un dolore così forte che ha sovrastato anche la rabbia per quanto accaduto. A dieci anni di distanza da quella domenica passata alla cronaca come la “strage degli otto ciclisti” e una condanna a otto anni inflitta definitivamente dalla Corte di Cassazione nel novembre 2013 al giovane Chafik El Ketani, tornato in libertà già da qualche anno, resta ancora tanta amarezza. Non intende ripercorrere la vicenda processuale e, dice: “in futuro se dovessero capitare altre disgrazie dico solo di avere un po’ più di giustizia. Ma io non mi sono mai accanita, non ho mai pensato a lui dal primo momento”.
Così come gli altri familiari delle vittime, anche lei è sempre stata presente alle manifestazioni in memoria degli otto ciclisti. Molti gli eventi svolti negli anni per rendere loro omaggio. Nel 2012, venne intitolata, in loro ricordo, "Piazza 5 Dicembre", ex piazza Diaz, oltre alla struttura teatrale all’interno della Fondazione Mediterranea Terina. Nel decimo anniversario della scomparsa erano stati programmati diversi eventi di sensibilizzazione e ricordo ma che a causa dell’emergenza in atto sono stati annullati. Quest’anno la cerimonia sarà, quindi, chiusa al pubblico. Oltre alla celebrazione eucaristica nella Concattedrale, nel pomeriggio, presso la stele in ricordo dei ciclisti dove avvenne l'incidente, ci sarà la simbolica piantumazione di 8 ulivi. La signora Ida plaude all’iniziativa e ritiene anche molto importante la prevenzione ed evitare ogni tipo di distrazione sulle strade. Una tragedia che ha segnato la città di Lamezia e che, a distanza di 10 anni, resta impressa nelle menti di moltissimi lametini.
R.V.
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