“Il pino loricato del Pollino e le motoseghe”

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di Francesco Bevilacqua.

Lamezia Terme – “Ogni volta che uno scienziato (nella fattispecie un botanico o uno zoologo) dà la notizia di aver scoperto una specie mai segnalata prima in un certo luogo, oppure, come nel caso recente del pino loricato pluricentenario sul Pollino la cui notizia è apparsa su Repubblica, dice di aver calcolato età, altezze, dimensioni mirabolanti di un esemplare, mi viene l'orticaria! Mi fa ridere con gusto il fatto che non abbiano voluto rivelare dove, questo immaginifico pino sia dislocato".

"Perché? Di cosa hanno paura? Che qualche escursionista passi troppo vicino all'albero e col sudore modifichi il suo habitat? Ma lo sanno, questi pontificatori da strapazzo, che Franco Tassi trent'anni fa aveva già spiegato che molti dei grandi pini loricati del Pollino hanno più di mille anni di vita? E che quegli alberi sono fra le conifere più vecchie d'Europa? Che c'è di nuovo nella notizia data con tanta enfasi da Repubblica? Niente. Assolutamente niente! Solo un dettaglio: l'asserita esatta età di un unico esemplare che sarebbe pari - a seguito di complicate misurazioni - a 1230 anni. Ossia un trastullo per professorini che devono spaccare il capello in quattro (con tutto il rispetto degli esperti che hanno condotto l'operazione in questione: non ce l'ho con loro personalmente). E che, per decenni hanno finto di non sapere quel che Tassi e tutti noi (grazie a Tassi) già sapevamo ed ora hanno fatto la scoperta dell'acqua calda".

"Ovviamente, impedendo a noi comuni mortali - che, prima e più di loro, ci siamo battuti contro tutti e tutto per tutelare il Pollino e le sue risorse - di vedere questa "meraviglia". E allora, tanto per far capire di che parliamo, ecco uno delle centinaia di pini loricati millenari da me fotografati in tanti anni di cammini sul Pollino: sta abbarbicato su un ripidissimo canalone che da Celsa Bianca scende verso Valle Piana".

"Affermo, senza misurazione, che, con buona probabilità, è perfino più vecchio di quello appena "scoperto". Se quello dei professorini si chiama Italo, questo lo chiameremo, chessò, Michele, Domenico o Ermenegildo, in onore di quei tanti, comuni ed anonimi alberi (monumentali e non) che vivono in un'area protetta dove ogni giorno si fa scempio di loro e dei loro parenti. Per produrre combustibile per la centrale a biomasse, perlopiù. E non parlo solo del Pollino, ovviamente".

"Bene, forse sarebbe opportuno che questi grandi esperti di misure e record, invece di inanellare altre ovvietà facendole passare per scoperte, si decidessero, una buona volta, ad aiutarci a fermare il massacro di alberi che è in corso dentro e fuori le nostre aree protette. E che invece di contare gli anelli del tronco di Italo, si mettessero, una buona volta a contare quante motoseghe, nel momento in cui scrivo, stanno seminando morte e distruzione sul Pollino e altrove. Con buona pace della scienza e della botanica”. 

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