Lamezia, la Diocesi ricorda Monsignor Cantafora con una sentita celebrazione eucaristica

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Lamezia Terme - Un lungo ed affettuoso abbraccio, quello con cui la Diocesi di Lamezia Terme ieri sera si è stretta attorno alle sorelle di monsignor Luigi Antonio Cantafora, già Vescovo della Diocesi e tornato alla Casa del Padre il 19 luglio scorso, durate la celebrazione della santa Messa, officiata dal monsignor Serafino Parisi nella chiesa di San Benedetto in suffragio del Pastore che ha guidato la Diocesi di Lamezia dal 2004 al 2019.

Come ha ricordato monsignor Parisi, sono stati tanti “i semi che sono stati buttati da don Gino nel terreno di questa nostra Diocesi” per “moltiplicare anche i desideri che aveva nel cuore e che portava dentro la sua vita: di bene, di crescita, di unità”. E quello di monsignor Parisi, che ha anche ricordato alcuni episodi di vita condivisi con monsignor Cantafora, è stato un leggere la vita di “don Gino” partendo dalle letture del giorno: “Comprendere il senso che si trova in profondità – ha detto il Vescovo - è la grande sfida che il Vangelo lancia ad ognuno di noi perché proprio lì dobbiamo mettere il seme che, poi, porterà frutto in un terreno aperto, dissodato, liberato dalle pietre, arato, predisposto, irrigato e, poi, capace di accogliere un seme che deve morire per portare frutto. Anche lì – ha aggiunto - il tesoro si vedrà, se non vogliamo guardare superficialmente con i nostri occhi quelle che vengono definite le strategie, i vari intrallazzi, le cose senza senso, togliamo il velo dai nostri occhi e scopriamo il tesoro che c'è dentro, nel terreno: la perla per la quale vendo tutto perché quello che mi interessa non è acquistare il terreno è aver trovato il tesoro”.

“Vendere tutto – ha sottolineato il Vescovo - perché quella perla preziosa vale più di tutte le altre cose. Ed anche qui io vedo dei tratti della vita del Pastore, di ogni Pastore. E, dato che questa sera stiamo ricordando al Signore don Gino Cantafora, ci sono pure i tratti di don Gino, anche della sua umanità. Era un testardo, lo sanno tutti. Ma ciò gli è servito anche ad andare avanti di fronte a tante difficoltà. Perché quello che viene considerato come un limite, alla fine, poi, si rivela come un pregio, in quanto, a volte, ci vuole scorza dura per affrontare le tempeste. Da lui, però, abbiamo appreso, innanzitutto il lavoro costante, sempre: se c'è una cosa che non fa paura, anche nella malattia, anche nelle difficoltà è il lavoro”. Altro tratto caratteristico di monsignor Cantafora era “la lungimiranza, quella che viene dallo sguardo diretto con il mistero portato in vasi di creta – ha aggiunto monsignor Parisi - perché noi abbiamo un tesoro, che non siamo noi: siamo i vasi di creta con tutte le nostre lesioni, lacerazioni e fragilità”. Lungimiranza alla quale era affiancata la profezia, “cioè – ha spiegato il Vescovo - saper orientare lo sguardo, costruendo nel presente, verso un futuro che ci appartiene. Un atteggiamento sapienziale di chi, cioè, sa leggere il cuore dell'umanità e a questo cuore sa consegnare il desiderio per farlo crescere. Alla fine, l'obiettivo è sempre lo stesso: scoprire il mistero, scoprire la perla preziosa, scoprire il tesoro nascosto nel campo e questo tesoro, una volta che ce l'hai nelle mani e lo contempli, lo consegni anche agli altri”.

“Io credo – ha concluso monsignor Parisi - che questo è un programma di vita per ogni credente, in modo particolare per ogni Pastore, lo dico in modo singolare per ogni Vescovo. Ma in questi tratti io rivedo anche alcuni momenti belli e dolorosi, sofferti e offerti, del nostro caro don Gino”. Parole, quelle dell’omelia di monsignor Parisi alle quali, al termine della celebrazione eucaristica, alla quale, tra gli altri, hanno presenziato le sorelle di monsignor Cantafora (Anna, Silvia e Pina) insieme alle loro famiglie, ha fatto eco il ricordo personale del Vicario generale dell’Arcidiocesi di Crotone – Santa Severina, don Lino Leto: “Don Gino – ha detto - è stato il mio parroco ed è stato per me un padre nella fede, una persona che mi ha aiutato a conoscere il Signore. Penso che lui, nel suo animo, ha avuto il desiderio sincero di far conoscere il Signore e di far conoscere anche una chiesa viva. Io sono grato al Signore questa sera insieme a tutti voi per aver conosciuto don Gino. Ho visto in lui un prete innamorato del Signore, innamorato della gente”.

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