Lamezia, la docente Siviglia Purri: "Patrimonio archeologico con enormi potenzialità, Comune si attivi per metterlo a frutto"

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Lamezia Terme – Nei giorni scorsi a Lamezia Terme ci sono stati diversi interventi sulla stampa che hanno riguardato il complesso monumentale San Domenico e anche la gestione del museo archeologico lametino. Di questo ne abbiamo parlato con Vincenzina Siviglia Purri, presidente dell’Associazione archeologica lametina e medaglia d’argento del Presidente della Repubblica per i Beni culturali. Docente di Disegno e Storia dell’Arte è ispettrice onoraria della Soprintendenza, nonché vera colonna portante di tutti i ritrovamenti nel Lametino. Per anni con la sua Associazione ha collaborato a livello di volontariato con lo stesso museo e da sempre è stata promotrice della valorizzazione dei siti archeologici cittadini.

Professoressa Purri, qual è il suo pensiero sul dibattito che si sta sviluppando nella città?

"L’Associazione archeologica Lametina registra con favore la discussione che sta emergendo sulla questione dei beni culturali in generale e sul museo archeologico Lametino in particolare. Gli interventi del dott. Aversa, attuale direttore del Museo archeologico Lametino, quello di Claudio Cavaliere ex vicesindaco della città, quello dell’assessore Giorgia Gargano ed infine quello del dottor Roberto Spadea già archeologo responsabile, per oltre un trentennio, dell’area lametina per la Soprintendenza per i beni Archeologici della Calabria e che ha curato gli allestimenti del Museo di cui è stato direttore scientifico, ci spingono a sperare che le questioni sollevate vengano affrontate. Tutti convengono, e noi con gli altri, che la valorizzazione dei beni culturali può dare risposte non trascurabili in termini occupazionali e di sviluppo. Ma per ottenere qualche risultato, i siti del lametino, che sono numerosi, devono destare l’interesse dei potenziali visitatori e prioritariamente essere fruibili".

Secondo lei quindi il patrimonio culturale lametino è sottoutilizzato?

"Questo territorio, pur potendo contare su insediamenti che affondano le loro radici nel Paleolitico, non possiedono quella monumentalità su cui possono contare altri siti. Inoltre sono ancora poco o per niente conosciuti. Per richiamare un vasto movimento di turismo culturale. E’ necessario quindi che alla bassa spettacolarità dei siti e dei reperti, si risponda stimolando studi e pubblicazioni e preparando eventi, che, attraverso una giusta e misurata opera di valorizzazione possano suscitare curiosità ed interesse per i beni culturali lametini che sono comunque di grandissimo rilievo storico-archeologico. L’accessibilità ai siti è per fortuna meno problematica, è da ritenere un problema di coordinamento facilmente superabile mediante il coinvolgimento del volontariato e con una modesta spesa per pulizia e manutenzione. La risposta per superare i problemi sta in quella esperienza che il lametino ha già sperimentato positivamente per quaranta anni: la collaborazione tra Enti e volontariato, una soluzione pratica, concreta, non accademia buona a strappare applausi e consensi. Si tratta di una esperienza che ha dato alla città di Lamezia ed al comprensorio risultati assolutamente tangibili: gli scavi di Terina, la nascita del Museo archeologico, la realizzazione della biblioteca storico-archeologica, gli studi di archeologia sperimentale sul Neolitico di Piano Curinga, studi e ricerche a Casella di Maida sul Paleolitico inferiore (prof. Gambassini-Dario Leone), studi e convegni sulle punte di freccia in ossidiana (Prof.Taykot e Dott. Vianello), la mostra al museo Pigorini di Roma, la tomba di San Sidero, la raccolta e catalogazione della gran parte dei reperti oggi esposti al museo archeologico ed infine la carta archeologica del territorio strumento essenziale per impostare un serio programma di ricerca, tutela e valorizzazione. La lista dei successi e delle attività che hanno stimolato l’attenzione della comunità degli studiosi e la curiosità di tanti visitatori sarebbe ancora lunga, trattandosi di eventi di indubbio valore che hanno portato Lamezia ed il suo comprensorio all’attenzione nazionale ed internazionale facendo diventare il Museo Archeologico Lametino uno dei più interessanti musei didattici della Calabria".

 Lei ne parla al passato perché oggi non è così? Cosa ne impedisce la fattibilità?

"Da qualche tempo questo storico esempio di collaborazione tra enti e volontariato è in fase involutiva; qualcuno vuole soffocare ogni sforzo e iniziativa, riducendo o annullando gli spazi all’interno del complesso di San Domenico che ospita il Museo e delegando la sua gestione ad un ente che sembra privilegiare il pur necessario rigore burocratico a scapito della storia e degli interessi della città. Proprio perché vantiamo un passato positivo è una semplice constatazione se dico che oggi siamo alla stagnazione. Il Museo archeologico non produce più eventi ed i siti di Terina, dell’Abbazia, del castello Normanno-Svevo, la torre dei cavalieri di Malta non sono di fatto più fruibili da molto tempo. Da sole Amministrazione comunale o Direzione regionale dei Musei non riescono a garantire, con continuità, le indispensabili attività di ricerca e di accoglienza: per insufficienza di personale il Comune per carenza di risorse economiche la Direzione regionale dei Musei che con distacco dalla realtà locale non vuole, non sa aprire un dibattito che rispetti chi per anni si è battuto per la salvaguardia dei suoi beni identitari. Allora perché, ci chiediamo, vanificare decenni di proficua collaborazione con il volontariato cittadino e a vantaggio di che cosa?"

"E’ bene ricordare a tanti che il Museo e gli scavi archeologici sul territorio sono un capitolo di storia cittadina nati e sostenuti economicamente dalle Amministrazioni che si sono succedute negli anni e dalla volontà di tanti singoli cittadini che hanno, nel tempo, partecipato fisicamente agli scavi facendosi anche donatori attraverso l’Associazione Archeologica di fondamentali oggetti che oggi riempiono le teche del Museo. L’antefissa del Notaio Fiore, quella dell’Architetto Proto, la collezione della preistoria offerta dalla famiglia Leone, la biblioteca Storico-Archeologica frutto di innumerevoli donazioni fatte all’Associazione Archeologica sono li a testimoniare il legame tra la città ed i suoi beni culturali. L’Associazione Archeologica ha rappresentato a tanti le problematiche e i rischi che comportano la chiusura degli spazi e delle collaborazioni tra enti e volontariato".

In tutto questo c’è la vicenda del complesso di San Domenico e del Museo archeologico

"La vicenda del museo è paradossale: il Museo archeologico lametino nasce da una felice sinergia tra l’allora Soprintendenza archeologica della Calabria, il Comune di Lamezia Terme e l’Associazione archeologica Lametina e nasce come Museo Cittadino. Inspiegabilmente a seguito della riforma Franceschini, il ministero dei Beni culturali ha accorpato nel Polo museale della Calabria (ora Direzione regionale dei Musei), di recente istituzione, anche il Museo archeologico lametino allocato nel complesso monumentale del San Domenico, proprietà del Comune di Lamezia Terme. Si immaginava che la natura mista dell’Istituto dovesse/potesse trovare sbocco in una convenzione per la gestione rifacendosi ad altri modelli emanati dallo stesso MiBacT e in uso nel territorio nazionale, dove restano al Comune direzione e gestione allo Stato tutela ed alta vigilanza ed al Volontariato divulgazione e valorizzazione. Sembra invece, secondo alcune interpretazioni, che le cose non stiano cosi e che lo Stato, mediante il suo decreto, intenda sottrarre alla città sia il museo che l’intero complesso del San Domenico annullando, così facendo, gli spazi fisici dedicati, da circa trenta anni, ai servizi di guida e promozione museale".

"Riteniamo sia giusto che il Comune di Lamezia informi di questa situazione il ministero dei Beni culturali possibilmente studiando e proponendo una convenzione come prima detto, dove Enti e volontariato possano confrontarsi e condividere le decisioni inerenti la gestione del Museo, dove è ospitato tra l’altro personale statale e comunale insieme alla biblioteca storico-archeologica in una situazione al momento assai critica e confusa. In questa convenzione dovrebbe essere definita in modo esplicito anche la questione dei rapporti con l’Associazionismo locale che tanto ha fatto per la nascita del Museo e, a titolo di esempio basta ricordare che nel Museo nazionale di Reggio Calabria (statale anche se di proprietà comunale) era prevista e mantenuta la sede dell’Associazione degli Amici del Museo stesso".

A.C.

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