Lamezia, vescovo Parisi nei cimiteri per commemorazione defunti: riflessione sul senso della vita

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Lamezia Terme - “Vogliamo onorare davvero i morti? Vogliamo celebrare la loro memoria e il loro ricordo? Portateli pure i fiori ma, una volta usciti da questo cimitero  dopo aver visitato i nostri cari, se abbiamo qualche nemico, andiamo da lui, vinciamo la nostra superbia e il nostro orgoglio. Soltanto così onoreremo davvero  i morti e contribuiremo a costruire una società dei vivi più giusta e pacifica. Questo è il nostro compito oggi: riprendere in mano la nostra  vita, eliminare dalla nostra vita quell’odio che non ci piace con il quale purtroppo abbiamo imparato a convivere. Da questo luogo riceviamo la lezione su come vivere bene la vita e i criteri sono due: fidandoci del Signore e cercando di coltivare lo stesso amore nei confronti degli altri”. Così il vescovo di Lamezia Terme mons. Serafino Parisi che, nel giorno della Commemorazione di tutti i fratelli defunti, ha celebrato la messa nei cimiteri cittadini di Nicastro, Sambiase e S. Eufemia.

Una riflessione sul senso della vita, quella del presule, che parte dalla consapevolezza di fronte alla quale “la giornata di oggi ci pone davanti: non siamo eterni, siamo di passaggio. E dentro questo tratto di vita che il Signore ci chiama a vivere, dobbiamo distinguerci. I criteri del mondo, quelli del potere, del successo, del denaro, non possono costituire il senso della nostra vita, il punto di aspirazione della nostra esistenza”.

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“Quale è dunque – ha proseguito Parisi – il criterio della nostra esistenza, la ragione per cui vale la pena vivere pienamente questa vita? Guardiamo a queste tombe, pensiamo alle guerre: certamente alle guerre di cui si parla ogni giorno sui media, a quelle di cui si parla poco… Ma pensiamo anche alle nostre  tante guerre quotidiane: figli che maledicono i genitori, fratelli in lite tra loro per qualche metro quadro di terra o di eredità…  Nella pagina del Vangelo di Matteo sul giudizio universale, che abbiamo proclamato nella celebrazione odierna, troviamo il suggerimento su come arrivare a questo giudizio che, prima o dopo, riguarderà ognuno di noi.  Questa pagina del Vangelo ci dice che il criterio per cui vale la pena vivere sta nell’apertura agli altri, nella gratuità, nella generosità, nella carità. Alla fine della vita, il giudizio su noi stessi sarà proprio su questo: sull’apertura agli altri,  sull’amore, sulla comprensione,  sulla responsabilità a sentire l’urlo dell’altro e a farmi prossimo senza scappare.  Noi stessi ci domanderemo: ho vissuto tutte queste cose? Perché se non le ho vissute sarà stata un’esistenza ricca apparentemente e miserabile nell’intimo, di successo agli occhi degli altri e di fallimento ai nostri stessi occhi”.

“L’anello di congiunzione tra la terra e il cielo si chiama carità, questo è il vero criterio per cui vale davvero la pena vivere  – ha concluso il vescovo Parisi – Siamo chiamati a sperare perché il Signore ha già stabilito per noi una eredità eterna, abbiamo la possibilità di vivere nella fiducia verso il Signore e, in forza di questa fiducia, camminare  dentro la nostra storia senza voler fuggire, ma affrontandola nella fiducia nel Signore, in un rapporto filiale con il Padre che ci chiamerà a contemplarlo faccia a faccia”.

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