Lamezia Terme – “Abbiamo dimostrato che di accoglienza non si muore”. Si racchiude in questa frase, forte e densa di significato, che potrebbe e dovrebbe far aprire gli occhi a tanti che pensano che l’immigrazione sia solo un problema e non una risorsa, l’intervento di Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, nella penultima giornata della sesta edizione del Festival Trame. A parlare e a tenere banco, davanti ad una platea che l’ha seguita rapita dalle sue parole, la Nicolini, primo cittadino di un vero e proprio territorio di frontiera, ha raccontato la sua esperienza, ha raccontato la sua Lampedusa, quella fatta di uomini e donne che ogni giorno, quotidianamente, affrontano una situazione costante di emergenza e che, però, sono riusciti a farne fonte di ricchezza, e non nell’accezione economica del termine. Un’isola piccola, che non arriva neanche a seimila abitanti, che accoglie persone provenienti da tanti paesi devastati dalle guerre, dalle difficoltà, che scappano per trovare un futuro migliore, sicuramente diverso da quello che hanno lasciato e che, purtroppo, spesso, non riescono a trovare.
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“Pochissimi sono quelli che vorrebbero rimanere in Italia” ha ribadito la Nicolini conversando con Eric Joszsef, e le ragioni sono lo scarso welfare, le debolezze strutturali e la crisi economica molto forte, che non danno speranza a coloro che arrivano e che vedono l’Italia come un ponte verso altri paesi, ma che per quelli che la Nicolini ha definito “controsensi italiani” sono costretti a rimanervi. “Bisogna arrivare molto presto alla revisione radicale della convenzione di Dublino” ha specificato il sindaco, che ha poi aggiunto: “Bisogna riformare il proprio sistema di accoglienza perché ora è assolutamente respingente e crudele, fatto per alimentare il sistema dell’emergenza”. Ed é la logica emergenziale, quella che sta alla base degli affari più facili: “Nelle emergenze guadagnano tutti e soprattutto in una emergenza come questa, perché non ha mai fine”.
Dal quadro venuto fuori nel corso della discussione, sono emerse tutte le debolezze del sistema, nel quale spiccano le organizzazioni criminali, forti e diffuse. “Ci siamo costituiti parte civile nel processo scaturito dal naufragio del 3 ottobre, che portò alla morte di centinaia di eritrei a largo di Lampedusa” ha affermato la Nicolini, “Le forze dell’ordine hanno lavorato tanto dal punto di vista delle indagini e la Dda di Agrigento ha scoperto una organizzazione criminale molto complessa. Alcuni responsabili erano stabili in Italia da tempo e vivevano ad Agrigento, altri in Sudan”. Chiudere le frontiere, quindi, come ha ribadito il sindaco più volte, è solo un aiuto per i criminali. “Non è l’attività di soccorso in mare ad alimentare gli arrivi. - ha spiegato - I vari Salvini, Gasparri non hanno capito questo, o meglio, hanno capito ma se ne fregano. La tratta è disumana, perché loro pagano alla partenza e se muoiono, non c’è nessuno che reclama la merce”. La Nicolini ha usato il termine merce non a caso perché quello dell’immigrazione è un vero e proprio traffico di essere umani, “ un traffico molto sicuro, rispetto a quello di armi e droga. Se i migranti non arrivano – ha spiegato - non se ne accorge nessuno, non piange nessuno e nessun soldo viene reclamato. L’ultimo dazio è quello che gli viene chiesto poco prima di partire, dietro c’ è un meccanismo macabro”.
É un’Europa sorda, quella che è venuta fuori dalla parole del sindaco, “quello di cui l’Europa si sta macchiando è un crimine enorme, peggiore dei criminali veri e propri”. La colpa è del sistema normativo, “complice della criminalità organizzata. – ha sostenuto dal palco di Trame - I morti sono assassinati dalle nostre leggi, da quell’Europa che alza i muri e non li fa entrare. Muri e filo spinato sono la rinascita di quei nazionalismi che l’Europa doveva sconfiggere, è un vero e proprio olocausto mediterraneo e che dovevamo superare, oltrepassare e relegare al passato. Il nostro futuro non può essere fondato sullo sterminio di altre persone e siamo davvero pazzi se pensiamo di poter continuare così”.
E lei, che è alla guida di un’isola che si scontra con la realtà quotidiana, ha ricordato che sono i territori a fare la differenza. “Il turismo non è morto a Lampedusa, abbiamo dimostrato che se ci si organizza allora si può riuscire”. L’auspicio con cui ha lasciato la platea di Trame, é positivo, improntato sulla speranza: “Dobbiamo risvegliare il senso di umanità che é andato perduto, risvegliare l’idea positiva del mediterraneo. Altrimenti moriremo insieme a loro”. E ad introdurre e a concludere la serata, le parole, messe in musica, della cantautrice catanzarese, Francesca Prestia, che ha raccontato “La ballata di Lea”, dedicata alla storia di Lea Garofalo, e “Mare Nostrum”, dedicata ad un giovane immigrata Eritrea che é riuscita a costruirsi una vita in Italia.
Claudia Strangis
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