Lamezia ricorda Borsellino: al tribunale l’omaggio al giudice simbolo della lotta alla mafia

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Lamezia Terme - Anche la nostra città, nel giorno della ricorrenza della strage di via D'Amelio, ha voluto ricordare la figura del giudice Paolo Borsellino. L'evento, tenutosi presso l'aula Giulio Sandro Garofalo del tribunale, è stato voluto ed organizzato dall'Unione Nazionale Consumatori APS di Lamezia Terme. A moderare il dibattito la dottoressa Kitsy Niaty, la quale ha esordito ricordando come la cultura della legalità sia cresciuta grazie all'esempio di figure coraggiose come il giudice Borsellino.  A fare gli onori di casa il presidente del tribunale Giovanni Garofalo. "Sono passati 33 anni dalla strage ma, per quanto mi riguarda, sembra come se fosse successa ieri. Ebbi modo di conoscere Borsellino a margine di un convegno quando era ancora Procuratore a Marsala. Mi rimasero impressi i suoi occhi sfuggenti. Era un uomo di grande cultura e mi piace ricordarlo con una frase che soleva spesso ripetere: parlate sempre di mafia, in qualsiasi forma purché se ne parli. Incarnava molto bene la figura del magistrato non grigio burocrate ma popolare. Il suo sacrificio non dev'essere disperso".   

Una strage sulla quale non è ancora stata fatta piena luce, permanendo dei dubbi riguardo un ipotetico coinvolgimento dei servizi segreti deviati dello Stato. Dopo aver dato notizia dei ringraziamenti per l'iniziativa, mandati direttamente dal figlio di Borsellino, la moderatrice ha lasciato il microfono alla dottoressa Roberta Molé, che ha portato i saluti del Prefetto Castrese De Rosa, impossibilitato a partecipare personalmente per concomitanti impegni. "Purtroppo - ha dichiarato - gli esempi di Falcone e Borsellino fanno a pugni con il ripetersi, ancora oggi, di atti e comportamenti privi dei valori che ci hanno insegnato questi grandi uomini".                                                 

In rappresentanza del sindaco e dell'amministrazione comunale, è intervenuta l'assessore alla cultura Annalisa Spinelli. "Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una sola volta, diceva il giudice Borsellino. Rispetto a quegli anni, comunque, le cose sono cambiate. Nella nostra città, ad esempio, dal 2005 esiste un'associazione antiracket e da 15 anni si tiene un festival contro la mafia come Trame. Il Comune, inoltre, si costituisce parte civile nei processi di criminalità organizzata ed ha provveduto ad assegnare molti beni confiscati alla ndrangheta".

Lungo ed articolato l'intervento dell'ex magistrata e sindaca Doris Lo Moro. Si è soffermata sul termine "gioiosamente" spesso utilizzato da Borsellino per indicare che bisogna sempre andare avanti sulla strada tracciata, assolvendo, per l'appunto gioiosamente, il mandato assunto. "Falcone, invece, a chi gli chiedeva se valesse la pena fare quella vita, rispondeva che chi decide di entrare in magistratura non sceglie automaticamente di vivere sotto scorta. Aggiungendo, tuttavia, che una volta imboccata quella strada non si può più tornare indietro. Aveva piacere che la gente fosse dalla loro parte. L'aspetto repressivo, infatti, non basta se non è accompagnato da una piena e forte presa di coscienza collettiva". L'attuale consigliere comunale ha poi parlato della sua esperienza da primo cittadino in una Lamezia allora molto difficile. "Con pochissimi altri sindaci, nel 1995 creammo Libera, poi affidata a don Ciotti. Ma la cosa importante è che, dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, l'intera classe politica prese contezza del problema e nacque una legislazione antimafia, vedi regime 41 bis, che ancora oggi ci invidiano tanti paesi". Lo speaker radiofonico Francesco Sacco ha quindi letto il breve ed accorato discorso fatto da Paolo Borsellino durante i funerali del suo fraterno amico Giovanni Falcone.

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La funzionaria giudiziaria Deborah Chirico ha menzionato il triste caso del presunto suicidio della testimone di giustizia Rita Atria, direttamente collegato alla morte del suo amico e “protettore” Borsellino. Dopo i saluti della responsabile area legale dell’UNC Lamezia, Zaira Niaty, è stato il turno della sociologa Chiara Mastroianni, che ha posto l’accento sul fatto che “solo dopo la loro morte i due giudici amici sono diventati eroi nazionali. In vita vennero spesso denigrati ed infamati”. A chiudere l’evento le dichiarazioni di tre esponenti del foro lametino. L’avvocato Andrea Parisi ha fatto presente come in ognuno di noi sia presente il seme della ribellione all’illegalità, ma che poi bisogna coltivarlo. Quindi è stato osservato un minuto di silenzio in memoria del giudice e della scorta periti a via D’Amelio 33 anni fa come oggi.

Per Mara Larussa “la paura è un’emozione primordiale insita nell’uomo ed è anche positiva fino ad un certo limite. L’antidoto è il coraggio, che nasce dalla cultura e dall’educazione. In tal senso Falcone diceva che si muore solo quando si è soli”. L’avvocatessa, nonché presidentessa dell’associazione donne giuriste, Luisa Cimino ha ricordato la figura integerrima del nonno come introduzione all’obbligo di assicurare un futuro di legalità ai nostri figli. “Non mi capacito di come un parlamentare di questa città abbia potuto recentemente affermare di non volere un festival come Trame, aggiungendo che secondo lui qui non esiste più la mafia”.

Ferdinando Gaetano

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