Lamezia, Pietro Orlandi al 'Sabato del Villaggio': "ll caso di Emanuela è un vaso di Pandora che coinvolge Chiesa, Stato e criminalità"

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Lamezia Terme -  Una vicenda intricata e piena di zone d’ombra, che “vede coinvolti Chiesa, Stato e criminalità, e che nessuno vuole approfondire perché è come un vaso di pandora: nessuno sa cosa potrebbe uscire fuori, e tutti potrebbero esserne toccati”. Così Pietro Orlandi, ospite di Raffaele Gaetano a “Il Sabato del Villaggio”, racconta il succo amaro della vicenda di sua sorella, Emanuela Orlandi, ragazza di soli quindici anni scomparsa misteriosamente il 22 giugno del 1983 nello Stato del Vaticano, dove era residente con la famiglia, e mai più ritrovata. Ad accompagnarlo l’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi e autrice del libro reportage “Cercando Emanuela”, che insieme alla serie “Vatican girl”, un documentario inchiesta recentemente andato in onda su Netflix, ha contribuito a riaccendere i riflettori sulla vicenda, oggi nuovamente oggetto d’inchiesta, grazie al rinvenimento di nuovi documenti e fascicoli, per anni cercati dalla famiglia di Emanuela, e di cui lo stesso Vaticano aveva per anni negato l’esistenza. 

“Non mi sento di escludere nessuna delle ipotesi fatte in questi anni”

“Sono passati dal rapimento di mia sorella quasi 42 anni “e in tanti mi dicono di farmi una vita, di pensare a me stesso, ma per me è impossibile smettere di pensare a quello che è successo: è come se fosse ieri” spiega Pietro Orlandi dal palco del Teatro Costabile, “Penso che il bisogno di verità e giustizia sia qualcosa di insopprimibile, che appartiene a tutti, e non bisogna accettare che venga calpestato in nessun caso”. Quasi 42 anni dunque dalla sera in cui Emanuela, dopo la sua lezione di musica presso il Complesso della Basilica di Sant’Apollinare, non fa ritorno a casa.

“Non mi sento di escludere nessuna delle ipotesi fatte in questi anni”, continua Orlandi, “a parte naturalmente quella dell’allontanamento volontario: il coinvolgimento della Banda della Magliana, di Enrico De Pedis e dei Testaccini, dei Servizi Segreti, del terrorismo internazionale sono ancora sul tappeto. La pista politica, economica, della pedofilia, di un ricatto a quello che era a quei tempi lo Stato più potente del mondo, potrebbero intrecciarsi, ed essere tutte compatibili con quanto accaduto”. L’unica ipotesi ormai considerata un depistaggio, secondo l’avvocato Sgrò, risulta essere quella di Alì Agca, che attentò alla vita di Papa Wojtyla nello stesso periodo: “In quell’occasione il Vaticano collaborò attivamente con la Procura di Roma”, ricorda Orlandi, “furono ascoltate decine e decine di testimoni, nulla fu lasciato al caso: con Emanuela, al contrario, scesero il silenzio e l’omertà”.

"In Vaticano c'è qualcuno che è ancora in vita che è al corrente dei fatti"

Pietro non ha dubbi: “Esiste ancora in Vaticano qualcuno che è in vita e che è al corrente dei fatti, forse esiste ancora perfino qualcuno che ha delle responsabilità. Non lo dico perché ho dei pregiudizi, tutt’altro: per me il Vaticano era come una famiglia, ci sono nato, ci viviamo da generazioni, e lì mi sono sempre sentito al sicuro. Ho vissuto la mia infanzia senza sapere dell’esistenza del male, e perdere Emanuela è stato come restare deluso due volte. Mio padre in punto di morte ha detto: “Sono stato tradito da chi ho servito”. E questo, conoscendolo, mi fa pensare che avesse capito qualcosa di certo”. Una certezza che viene rinnovata in Pietro dai molti silenzi della Santa Sede in merito al caso di Emanuela, nonostante le infinite richieste di un incontro sincero e di un riscontro che la famiglia Orlandi, alla soglia del quarto Pontificato che sta per aprirsi sulla vicenda, sostanzialmente non ha mai avuto. Tutto ciò che resta sono chiamate anonime, testimonianze sporadiche, suggerimenti. “Nel mio libro sono stata costretta ad usare sempre il condizionale”, spiega Sgrò, “Speriamo presto di poter usare anche l’indicativo, per definire i confini certi di questa tristissima vicenda”.

Giulia De Sensi

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