Gioia Tauro - Le mani della 'ndrangheta sul termovalorizzatore e sul depuratore di Gioia Tauro. È quanto è stato scoperto con l'operazione Metauros, condotta da Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria e finalizzata all'esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto a carico di sette persone presunte affiliate alla cosca Piromalli della 'ndrangheta. I reati contestati sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Nell'ambito dell'operazione è stato anche eseguito il sequestro preventivo d'urgenza relativo alle quote azionarie di società operanti nel settore della depurazione e trattamento delle acque, trasporto e compostaggio di rifiuti speciali non pericolosi. Nell'ambito dell'operazione è stato anche eseguito il sequestro preventivo d'urgenza relativo alle quote azionarie di società operanti nel settore della depurazione e trattamento delle acque, trasporto e compostaggio di rifiuti speciali non pericolosi.
L’inchiesta “Metauros” svela, per la prima volta, il condizionamento della cosca Piromalli nella costruzione e gestione dell’unico termovalorizzatore presente in Calabria, ubicato a Gioia Tauro, in area prospiciente al porto, attraverso un consolidato sistema di sottoposizione ad attività estorsive delle società che nel tempo hanno gestito la struttura di trasformazione dei rifiuti. Ad analoga attività estorsiva era sottoposta la “I.A.M.” (Iniziative Ambientali Meridionali SPA) con sede a Gioia Tauro, operante nel settore della depurazione delle acque.
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Coinvolto ex sindaco Villa San Giovanni La Valle, avvocato Piromalli ideatore "infiltrazioni" mafiose
Tra i fermati dell’Operazione Metauros della Squadra Mobile, del Comando Provinciale dei Carabinieri e del Nucleo Operativo Ecologico dei CC di Reggio Calabria, figurano Rocco La Valle, imprenditore nel settore dei trasporti su gomma, già sindaco di Villa San Giovanni (marzo 2010 - maggio 2015), “collettore” delle tangenti ed unico interlocutore delle cosche “beneficiarie” del compendio estorsivo imposto alle società che hanno gestito nel corso del tempo il termovalorizzatore di Gioia Tauro e G.L., nonché consulente esterno dell’ufficio legale del Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in Calabria, uomo politico di riferimento del sodalizio mafioso dei Piromalli nell’opera di instradamento verso il termovalorizzatore di Gioia Tauro, attraverso l’impresa dei fratelli Giuseppe, Domenico e Paolo Pisano di Gioia Tauro, anch’essi fermati nella medesima operazione. Con l’accusa di essere uno dei capi della cosca Piromalli e l’ideatore delle infiltrazioni nelle attività del termovalorizzatore di Gioia Tauro, è stato fermato anche l’avvocato Gioacchino Piromalli, già condannato per associazione mafiosa nel processo Porto.
Rocco La Valle
G. L.
Giuseppe Pisano
Domenico Pisano
Paolo Pisano
Francesco Barreca
Gioacchino Piromalli
Tra indagati poliziotta questura Firenze, è moglie di uno dei fermati accusata rivelazione segreto ufficio
C'è anche una poliziotta in servizio presso la questura di Firenze tra gli indagati nell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria che oggi ha portato al fermo di sette presunti appartenenti alla cosca Piromalli della 'ndrangheta. La donna, un ispettore in servizio all'ufficio minori, è la moglie di Giuseppe Pisano, sottoposto a fermo questa mattina e considerato uno degli imprenditori di riferimento del clan. I reati contestati alla donna sono rivelazione di segreto d'ufficio e indebito accesso alla banca dati interforze. I fatti che le sono contestati si riferiscono agli anni 2012 e 2013 quando era in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica del tribunale di Palmi. La poliziotta avrebbe rivelato a Pisano, che all'epoca era suo convivente, notizie relative alla sua posizione giudiziaria e a quella di altre persone, in parte apprese da una collega in servizio presso il commissariato di polizia di Gioia Tauro. Questa mattina gli agenti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile fiorentina si sono presentati nell'abitazione di Pisano e della moglie, nel comune di Fiesole (Firenze), per sottoporre a fermo l'uomo e sequestrare materiale informatico.
I particolari dell'inchiesta
Dalle prime ore di questa mattina, al termine di complesse e laboriose indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria con il supporto di numerosi presìdi tecnologici, investigatori della Squadra Mobile della Questura, del Comando provinciale e del Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria, hanno eseguito congiuntamente il decreto di Fermo di indiziato di delitto n. 3017/15 R.G.N.R./D.D.A. a carico di 7 soggetti, ritenuti responsabili dei delitti di associazione mafiosa (cosca Piromalli), concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di cui all’art. 7 della Legge n.203 del 1991, nonché un decreto di sequestro preventivo d’urgenza relativo alle quote azionarie di società operanti nel settore della depurazione e trattamento delle acque, trasporto e compostaggio dei rifiuti speciali non pericolosi.
L’inchiesta “Metauros” svolta dalla Polizia di Stato, svela, per la prima volta, il forte interesse della ‘ndrangheta nel business legato al “ciclo dei rifiuti”, accertando come la costruzione e la gestione dell’unico termovalorizzatore presente in Calabria, ubicato in Gioia Tauro, in Contrada Cicerna, in area prospiciente al porto, abbia risentito del continuo condizionamento con le organizzazioni criminali mafiose attive sul territorio di ubicazione ovvero il blocco mafioso facente capo ai Piromalli che ha condizionato anche la gestione del depuratore sito in Contrada Lamia di Gioia Tauro, gestito dalla “I.A.M.” (Iniziative Ambientali Meridionali SPA), società che, secondo quanto emerso delle parallele attività curate dall’Arma dei Carabinieri, è stata anch’essa sottoposta al pagamento della c.d. “tassa ambientale” da parte della stessa cosca, correlata al servizio dei trasporti dei rifiuti, detratta dai calcoli delle fatture gonfiate ad hoc.
Nello specifico, Gioacchino Piromalli, Giuseppe Pisano, Domenico Pisano e Paolo Pisano devono rispondere del delitto di associazione di tipo mafioso, nonché di intestazione fittizia di beni ed estorsione. G. L. e Rocco La Valle devono rispondere del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa. Rocco La Valle, Gioacchino Piromalli detto l’“Avvocato”, G. L., Giuseppe Pisano, Domenico Pisano rispondono altresì, insieme a Giuseppe Commisso detto il Mastro cl. 1947 (detenuto), di estorsione, aggravata dall’art. 7 della Legge 203/91, in danno delle società che nel tempo hanno gestito il termovalorizzatore di Gioia Tauro. Gioacchino Piromalli, Domenico Pisano, Rocco La Valle e Francesco Barreca del delitto di estorsione, aggravato dall’art. 7 della Legge 203/91, in danno dei titolari della società IAM addetta alla gestione dell’impianto di depurazione a Gioia Tauro.
Le indagini sono corroborate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Salvatore Aiello, Antonio Russo, Pietro Mesiani Mazzacuva, Marcello Fondacaro e Arcangelo Furfaro, nonché delle dichiarazioni testimoniali di Romolo (ex funzionario di Termomeccanica) e C. F. C. (titolare di impresa operante nel settore del trasporto dagli stabilimenti calabresi al sito del termovalorizzatore), in relazione all’infiltrazione nell’appalto pubblico di costruzione e gestione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti solidi urbani sito in contrada Cicerna di Gioia Tauro (i cui lavori di costruzione hanno avuto inizio nel luglio del 2002 e sono stati conclusi nel settembre del 2004), attraverso la creazione di ditte ad hoc, intestate a soggetti di propria fiducia, ovvero i fratelli Domenico, Paolo e Giuseppe Pisano, tutti sottoposti a fermo.
Le indagini
Le investigazioni si collocano nel contesto criminale di tipo ‘ndranghetista e trovano la loro origine in una conversazione intercettata dalla Polizia di Stato il 21 giugno 2009 all’interno dell’abitazione a Granarolo dell’Emilia, in provincia di Bologna, che era in uso a Carmelo Bellocco, elemento di spicco dell’omonima cosca, che consentiva di approfondire il contenuto di una parte della conversazione in cui i Bellocco mettevano in relazione Gioacchino Piromalli (alias “l’avvocato”) con l’inceneritore di Gioia Tauro e un soggetto di nome Domenico Pisano. Ciò prospettò la possibilità di attualizzare la dimensione organizzativa degli interessi economici legati al c.d. “ciclo dei rifiuti” nel suo essere espressione di ‘ndrangheta, che si aveva contezza stesse sfruttando il particolare stato di “emergenza rifiuti” in cui la Calabria si trovava ormai da anni. In tale ottica, perciò, si ritenne quanto mai verosimile l’interessamento da parte della cosca Piromalli - attraverso la gestione indiretta del Termovalorizzatore di Gioia Tauro - considerato che le pregresse indagini avevano fornito un bagaglio conoscitivo utile a comprendere la loro capacità di penetrazione nei settori imprenditoriali, soprattutto attraverso il sostegno di numerosi congiunti ed accoliti.
Sulla base di una articolata attività di intercettazione effettuata dagli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria è stato possibile individuare l’operatività dei fratelli Pisano che, in considerazione delle opportunità presentatasi con la realizzazione del Termovalorizzatore, hanno attuato un progetto imprenditoriale ponderato dalle cosche locali, partecipando già ai lavori di edilizia nella fase di costruzione dell’impianto, svolgendo, come ditta individuale, l’originaria attività di carpenteria e successivamente entrando a far parte di imprese in possesso degli appropriati requisiti, necessari per poter operare nel settore specifico del “ciclo rifiuti”, oppure, in mancanza di essi, conseguendoli - a ragion veduta - tramite l’adeguamento delle già presenti qualifiche professionali, in modo da ottenere le competenze essenziali per rispondere alle nuove richieste di mercato. È importante evidenziare che il termovalorizzatore di Gioia Tauro - strutturato come una centrale di produzione di energia elettrica che utilizza come combustibile il CDR (combustibile derivato dallo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), con una capacità di 40 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani all’anno - sia l’unico presente nel territorio calabrese ed ha un valore strategico per il ciclo dei rifiuti dell’intera Regione. Anche sul versante della società vittima Termomeccanica si appurava il dato del pagamento di tangenti alle cosche per l’acquisto della sicurezza, la cd “tassa dell’ambiente” - su esplicita richiesta di Rocco Lavalle - che venivano “traslate” formalmente sui vettori (ovvero le aziende deputate ai servizi di trasporto dei rifiuti dagli impianti di selezione al termovalorizzatore, costituite in ATI) e da queste “girate” in contanti alle ‘ndrine di riferimento.
Nel decreto di fermo sono confluiti gli esiti di un’altra indagine, coordinata dalla D.D.A. di Reggio Calabria e condotta dai Carabinieri del R.O.N.I. - Nucleo Investigativo e del Nucleo Operativo Ecologico di Reggio Calabria che, temporalmente, si pone come una prosecuzione dell’indagine “Metauros” che ha appurato come la ditta D.G.P. s.r.l. di Giuseppe Pisano espletasse, con continuità, attività lavorativa relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria all’interno dell’impianto di depurazione della I.A.M. s.p.a. di Gioia Tauro, vessata dalla ‘ndrangheta. Ebbene anche in relazione a questa importante realtà imprenditoriale, è stato accertato che la stessa pagava “il pizzo” alla cosca Piromalli, che lo riscuoteva per il tramite dell’uomo di fiducia Domenico Pisano, cui la tangente veniva consegnata dall’amministratore delegato della IAM, con il sistema “dei consueti fondi neri” creati dalle imprese di trasporto; al riguardo, è stato proprio “fotografato” il passaggio di denaro dall’impresa di trasporto B.M. Service s.r.l. alla committente e il successivo passaggio dalla società gestore del depuratore ai referenti mafiosi del territorio, secondo il consueto meccanismo collaudato con l’estorsione ai danni di Termomeccanica e Veolia, che hanno gestito in fasi alterne il termovalorizzatore.
È stato appurato che in alcuni incontri riservati, che si svolgevano con linguaggio criptico, Domenico Pisano si sia fatto consegnare somme del tutto scollegate dalle prestazioni fornite, che rappresentano delle tangenti, che l’amministratore delegato aveva sua volta ricevuto da Francesco Barreca, formale titolare della B.M. service s.r.l. (che stando alle dichiarazioni sul punto convergente di Salvatore Aiello e C.F.C. era ditta altresì riconducibile a Rocco La valle). Questi incontri, caratterizzati da dazioni di somme di denaro, si sono svolti in maniera fugace e con cadenza mensile, generalmente tra la prima e seconda decade di ogni mese, da dicembre 2015 fino a maggio 2016. L’inchiesta ha dimostrato così che, dopo l’esperienza decennale di lavoro presso il termovalorizzatore di Gioia Tauro, la ditta DGP (acronimo che indica i nomi dei fratelli Domenico, Giuseppe e Paolo Pisao) iniziò un rapporto di collaborazione con la I.a.m. per acquisire commesse nel sito del porto di Gioia Tauro, intrattenendo relazioni commerciali con la MCT.
Complessivamente, l’indagine sulla I.a.m., avviata nel 2014, ha documentato che, ad un certo punto, i rapporti tra i Pisano ed i Piromalli vennero ricuciti, tanto che Domenico Pisano (sostituendosi al fratello che, dopo il grave tentato omicidio a colpi di kalashnikov avvenuto il 14 dicembre 2013 mentre viaggiava a bordo di un veicolo Mitsubishi Pajero, dal quale scampò miracolosamente, si era trasferito in Toscana) riscuoteva per il tramite dell’amministratore delegato di quella azienda, le tangenti che la IAM pagava sui viaggi di trasporto eseguiti, commissionati alla B.M. Service di Francesco Barreca e alla ditta EUROCOME di Luigi Francesco Bagalà (sottoposta a sequestro nel procedimento Cumbertazione per la sua riconducibilità alla famiglia mafiosa Piromalli), che venivano “girate” alla cosca di appartenenza.
Sequestro preventivo per 19 titolari di imprese
Con separato decreto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina, l’Arma dei Carabinieri ha eseguito il sequestro preventivo nei confronti di 19 titolari di imprese operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti operanti nella predetta provincia e in quelle di Catania, Siracusa e Trapani, in relazione all’ipotesi delittuosa di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti. In particolare, l’attività investigativa ha originariamente monitorato il funzionamento dell’imponente impianto di depurazione di Gioia Tauro gestito dalla società Iniziative Ambientali Meridionali. (I.A.M) S.p.A. (interessata dal presente provvedimento), in cui confluiscono, ogni giorno, i reflui fognari dei comuni di Anoia, Cinquefrondi, Cittanova, Feroleto della Chiesa, Melicucco, Polistena, San Giorgio Morgeto, Taurianova, Laureana di Borrello, Galatro, Gioia Tauro, Rosarno, Palmi, San Ferdinando, Rizziconi, per un indotto complessivo pari a 150.000 abitanti.
I fanghi di depurazione che diventavano fertilizzanti
Le indagini, in particolare, hanno documentato come amministratori e gestori della I.A.M., al fine di risparmiare sugli onerosi costi di smaltimento, si siano disfatti di ingenti quantitativi di rifiuti in maniera illecita, attraverso il conferimento di fanghi di depurazione, provenienti da impianti di tipo biologico ed industriale, per la produzione di compost per usi agronomici. Veniva in tal modo elusa, con il coinvolgimento di impianti di compostaggio siciliani e di ditte di trasporto reggine, la normativa vigente in materia di fertilizzanti. Le accertate criticità ambientali connesse con l’illecita gestione dell’imponente impianto di depurazione gestito dalla società e all’illecito smaltimento di ingenti quantitativi di rifiuti destinati a compiacenti impianti di compostaggio siciliani, hanno determinato l’A.G. a disporre il sequestro preventivo degli impianti e delle società coinvolte. In sostanza, chiusa la parentesi decennale al termovalorizzatore, a Domenico Pisano venne ritagliato analogo spazio presso l’azienda di depurazione, un tempo attribuitogli nell’altro impianto.
"I fanghi prodotti dal termovalorizzatore di Gioia Tauro, per volontà della cosca Piromalli, che controllava l'impianto, venivano trasformati in fertilizzanti destinati al settore agricolo, con conseguente pericolo per la salute pubblica". Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, illustrando i risultati dell'operazione.
L’operazione Metauros costituisce la naturale prosecuzione delle indagini Cent’Anni di Storia, Mediterraneo, Atlantide e Provvidenza condotte nel tempo dalla Procura della Repubblica - D.D.A. di Reggio Calabria nei confronti delle cosche imperanti nell’area della Piana di Gioia Tauro che, nel corso degli anni, hanno portato alla disarticolazione del menzionato cartello mafioso dei Piromalli e dei Molè.
De Raho: forti interessi in settore rifiuti
"Questa operazione certifica, per l'ennesima volta, l'interesse economico e di potere sul territorio della 'ndrangheta nel riciclo dei rifiuti". Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, incontrando i giornalisti sull'operazione "Metauros" che ha portato al fermo di sette presunti appartenenti alla cosca Piromalli della 'ndrangheta che aveva messo le mani sul termovalorizzatore e sul depuratore di Gioia Tauro. "Il termovalorizzatore - ha proseguito de Raho - era di fatto nella disponibilità del 'casato' dei Piromalli e dei loro sodali, tra i quali i fratelli Giuseppe, Domenico e Paolo Pisano, imprenditori di riferimento del clan".
I Piromalli avevano anche acquisito il controllo della società Iam (Iniziative ambientali meridionali) che gestisce le acque reflue dei comuni di Anoia, Cinquefrondi, Feroleto della Chiesa, Cittanova, Melicucco, Polistena San Giorgio Morgeto, Taurianova, Laureana di Borrello, Galatro, Gioia Tauro, Rosarno, Palmi, San Ferdinando e Rizziconi, per un bacino di utenza di oltre 150 mila persone. "Con il sistema della sovrafatturazione - ha detto il Procuratore aggiunto, Gaetano Paci - le persone coinvolte nell'operazione ottenevano, di fatto, il pagamento della tangente, occupandosi anche dello smaltimento dei fanghi di depurazione, provenienti da impianti di tipo biologico e industriale, per la produzione di 'compost' per usi agronomici". Secondo il questore di Reggio Calabria, "il lavoro di indagine sarà ulteriormente approfondito. A me preme però sottolineare - ha detto Grassi - l'efficacia della sinergia, con il coordinamento della Procura distrettuale, con l'Arma dei carabinieri nel contrasto di uno dei reati più pericolosi come l'inquinamento ambientale, su cui la 'ndrangheta e le mafie in generale puntano molto per ottenere il massimo vantaggio economico, incuranti assolutamente dei pericoli che ne possono derivare per la salute pubblica".
L'inchiesta, é stato riferito nel corso dell'incontro, punta adesso a verificare le quantità di sostanze inquinanti immesse nell'aria dal termovalorizzatore di Gioia Tauro, gestito fino a pochi mesi fa dalla multinazionale francese Veolia. L'attenzione é concentrata, in particolare, sul particolato di diossina, sostanza notoriamente tossica.
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