La foto è tratta da Repubblica.it.
Cosenza – Alla vigilia della festa delle donne, una lettera di sfogo, disperazione e paura risalta sulle pagine del quotidiano Repubblica.it: tra le tante che arrivano alla rubrica di Concita De Gregorio, spicca quella della calabrese Serena Giordanelli, madre, moglie, sorella, figlia con una vita spezzata. Professoressa, originaria di Cetraro, è costretta a cambiare la sua vita un anno fa quando suo marito uccide sua sorella, una mattina di gennaio mentre fa jogging. Serena Giordanelli scrive disperata perché ora, dopo aver perso la sorella, ha paura di essere uccisa da quello che è il suo ex marito e che ora si trova in carcere in attesa del processo proprio per questo omicidio. “Se scrivo questa lettera è perché mio marito non mi ha ancora ammazzata. Ha promesso che lo farà”. Lapidaria quando scrive queste poche righe, indirizzata alla giornalista di Repubblica, spiegando la sua storia. Spiega che nonostante sia in carcere, pare che abbiano scoperto una lettera in cui scriveva “Lei va a camminare la mattina in direzione del porto, basta un colpo secco alla testa, mi raccomando scegli delle persone fidate. Se non l’ammazzi almeno mandala sulla sedia a rotelle, è l’unica cosa che può darmi un po’ di pace”. A scrivere queste parole è un infermiere anestesista dell’ospedale di Cetraro che ha ucciso sua cognata perché credeva fosse la causa della separazione con sua moglie, e ora minaccia di uccidere lei.
"La mia è una storia qualunque. – spiega Serena Giordanelli - Ho sposato Paolo, infermiere anestesista all’Ospedale di Cetraro, nel maggio 2004. Quasi subito mi sono accorta che beveva di nascosto. Ho fatto di tutto per cercare di farlo smettere. Ho sperato che la nascita dei figli lo aiutasse, ma al contrario: ha iniziato a fare uso di sostanze anestetiche (Midazolam) sottratte in reparto. Ho combattuto da sola: per molto tempo non ho rivelato a nessuno la verità. Familiari e amici lo conoscevano come un uomo cortese e generoso. Nel 2012 muore improvvisamente una delle mie tre sorelle e il mio equilibrio vacilla, inizio una psicoterapia. Realizzo come la mia situazione matrimoniale sia insostenibile. Ne parlo con mia sorella Annalisa che, da medico, penso possa aiutare me e magari anche lui. Quando Paolo capisce che ho rivelato il suo “segreto” è l’inizio della fine. Mi minaccia di morte davanti ai figli. Inizia a usare cocaina. Mi calunnia in pubblico: dice che lo tradisco e che gli rubo soldi.
Naturalmente è falso. E’ lui a rubare 100mila euro in casa di mia madre. Lo denuncio. Nessuna indagine. Frantuma il parabrezza e svita i bulloni della mia auto, le videocamere lo provano. Uccide mia sorella. Dopo due settimane dall’omicidio mi viene bruciata l’auto. I carabinieri pensano che sia qualche esponente della cosca mafiosa del mio paese, ma io so che il mandante è lui. Molti, primi fra tutti i suoi familiari, si schierano dalla sua parte contro di me, colpevole di averlo lasciato. Decido di trasferirmi per proteggere i figli: la più grande ha capito, anche se non parla”.
“Nell’udienza preliminare, - scrive ancora - novembre 2016, confessa giustificando l’omicidio come un momento di follia dettato da alcool e cocaina. Chiede il rito abbreviato per ottenere la perizia psichiatrica. La corte di Assise di Cosenza glielo accorda. Resto senza parole. Ha lavorato nella sala operatoria di un ospedale fino alle 14.30 e dopo un’ora ha ucciso. Era pazzo quando lavorava? Quando commissionava per scritto dal carcere il mio omicidio? In nome di mia sorella uccisa, dei suoi due figli orfani, di tutte le donne che ogni giorno vengono ammazzate vi chiedo: aiutateci finché siamo ancora vive, non ci piangete solo da morte”.
Un appello straziante, lanciato da una donna che dalla sua vita di insegnante con due figli e una vita da vivere in tranquillità, ora si è ritrovata costretta a scappare e a spostarsi in un’altra regione, con la paura quotidiana di essere uccisa. Un dubbio le rimane: “Ho paura perché la corte di Assise di Cosenza gli ha accordato il rito abbreviato. Vorrebbero farlo passare per incapace di intendere e di volere. Se mi ucciderà chi lo spiegherà ai miei figli?”.
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