Lamezia Terme – Santino Cardamone è un cantautore folk/blues calabrese, caratterizzato da un suono distintivo che lo rende, immediatamente, riconoscibile e unico nel suo genere; un genere che, d’altra parte, sembra quasi essergli cucito addosso. Il suo, infatti, è un perfetto connubio tra ironia ed estro, in grado di trasformarlo in un carismatico menestrello che, con simpatia e intelligenza, per l’appunto, canta le gesta, le virtù e i lati oscuri della nostra terra, allargandosi, poi, su scala e abbracciando tante altre realtà, senza mai risultare banale. Reduce da una partecipazione al programma televisivo X Factor, è impegnato, attualmente, in una serie di concerti, atti a proporre il suo repertorio, resosi più ricco e concreto, attraverso la pubblicazione dell’album Uomini ribelli. Lo abbiamo incontrato in occasione di un suo concerto, in un famoso locale lametino, su Corso Numistrano. Con un susseguirsi di sketchs e coinvolgenti ballate, e con l’intercedere di non convenzionali virtuosismi strumentali, resi, anche e persino, attraverso l’ausilio di posate o con la chitarra portata in spalla, Santino ha intrattenuto un pubblico coinvolto, partecipe e divertito, e si è reso disponibile per un’intervista.
Quando è iniziata la tua attività di cantautore?
"E’ cominciata quando sono partito per Bologna. Sentivo la necessità di scrivere della mia terra perché provavo una forte nostalgia. Solo a questo punto, è nata la mia passione per il cantautorato. Io sono nato come chitarrista, ho fatto il conservatorio e ho suonato, per l’ appunto, la chitarra in una band. Al primo anno di università, ho iniziato, invece, il mio percorso da cantautore".
Generalmente, scrivi prima i testi o la musica?
"Prima la musica. Le parole vengono dopo. Prima, trovo la melodia adatta per quello che voglio dire e, in seguito, scrivo le parole".
Ciò che caratterizza la tua musica è sicuramente la tua tecnica particolarissima nel rapportarti con lo strumento. E’ come se ci fosse una perfetta sinergia tra te e la tua chitarra. Ne sei consapevole?
"Sì, la chitarra è la mia forma massima d’espressione. Attraverso di essa, riesco a liberare tutto quello che ho dentro".
I tuoi testi spaziano tra l’ironia e il sociale. Tra di essi, spicca La cantata di un povero fesso che è una vera e propria denuncia nei confronti della società moderna. Ti va di approfondire?
"E’ un brano autobiografico. Il fesso sarei io. E’ l’unico brano che ho scritto in quindici minuti. Solitamente, sono molto pignolo e ricerco, minuziosamente, le parole giuste. Non lascio mai passare le prime che mi vengono in mente. Per un brano, impiego, sempre, quei due o tre giorni, o anche un mese. Invece, La cantata di un povero fesso è nata in maniera immediata e spontanea perché era, proprio, un mio sfogo rabbioso contro politici o calciatori che guadagnano tantissimi soldi, mentre la povera gente ha difficoltà ad arrivare a fine mese, ma, nonostante tutto, tira fuori l’ allegria, attraverso uno stornello, lo stornello del vino bello".
Ho considerato la tua partecipazione a X Factor come una provocazione e come la ricerca di un perfetto trampolino di lancio, senza avere, poi, allo stesso tempo, troppe pretese. La tua attività di musicista e cantautore ha ottenuto dei benefici da questa esperienza?
"Più di quanto mi aspettassi. Io sono andato lì, proprio, con l’intento di provocare, perché, in realtà, non ho mai amato molto i talent. Ringrazio X Factor, certamente, ma ha rappresentato, per l’appunto, un trampolino di lancio, dal momento che la gavetta di un tempo non esiste più. Ci dobbiamo adattare a quello che ci offre, oggi, il mercato. Ammiro coloro che ce l’hanno fatta anche senza andare in un talent, come Mannarino o Brunori Sas, ma, a pensarci bene, hanno avuto bisogno anche loro della televisione per essere conosciuti, seppur in maniera differente. Senza la televisione, del resto, manca la giusta visibilità. Quindi, sì, i benefici ci sono stati: un contratto discografico, una possibile partecipazione al Primo Maggio a Roma, collaborazioni con Luca Carboni, la Bandabardò e altre cose che non voglio anticipare finché non si concretizzano".
Sei un cantautore originale, ma ciò non esclude la possibilità di avere dei modelli di riferimento. Ci sono degli artisti a cui ti ispiri?
"Fabrizio De André e Modugno. Qualcuno mi ha detto, addirittura, di ricordare quest’ultimo".
Che cosa consigli a chi volesse perseguire il tuo stesso percorso artistico?
"Di non vendersi e di fare quello che più piace, quello che suggerisce la propria anima e il proprio cuore. Consiglio di non demordere e di non cambiare le proprie inclinazioni e tendenze, rendendosi banali e commerciali. Io, ad esempio, non immaginavo che il mio genere potesse attirare tanta gente. Eppure, ho ottenuto i miei risultati. Basta trovare la giusta vetrina. Auguro a tutti di riuscirci".
S.B.C.
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