Lamezia, racket dello stipendio. Si tratta di prima denuncia in città

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Lamezia Terme, 5 marzo - Qualche cosa è cambiato. Non più silenzio sotto minaccia, ma rabbia che si trasforma in voglia di giustizia. Se la fame è tanta, e 1.000 euro sono solo su carta e non nel portafoglio, può scattare anche qui, dove il fenomeno è più diffuso di quanto non si riesca ad ammettere, la voglia di riavere quanto dovuto per legge. La Guardia di Finanza di Lamezia Terme al comando del maggiore Maurizio Pellegrino ha eseguito una misura cautelare (arresti domiciliari) a carico di un imprenditore lametino accusato di estorsione continuata ai danni di un dipendente della società di cui è amministratore. Si tratta di Salvatore Martino, 45 anni,  titolare di una società di distribuzione carburanti. Per cinque anni avrebbe fatto firmare al suo dipendente buste paghe fasulle sulle quali veniva attestato il regolare salario corrispondente a quelli previsti dai contratti nazionali di categoria; di fatto, però, il dipendente percepiva pressappoco la metà delle somme realmente spettanti per diritto. Se non avesse accettato tali condizioni sarebbe stato licenziato. Una forma di racket, quello dello stipendio, ben nota. Ma ora c'è un provvedimento restrittivo, quello emesso dal Gip Carlo Fontanazza, che su richiesta del sostiuto procuratore Maria Alessandra Ruberto, scaturito dall'esito degli accertamenti eseguiti dai finanzieri del nucleo mobile al comando del brigadiere Vito Margiotta. I militari hanno agito a seguito di un esposto presentato dallo stesso dipendente, il quale era ormai stanco del suo datore di lavoro,  che fin dalla sua assunzione lo aveva indotto a restituire parte della retribuzione figurante in busta paga, sotto la minaccia di licenziamento.

Gli immediati riscontri hanno consentito ai finanzieri di accertare che con la sua condotta, il responsabile della società avrebbe, di fatto, costretto il lavoratore a restituire ingiustamente circa 50.000 euro nel corso di tutto il periodo lavorativo. Tale somma potrà essere risarcita alla persona offesa se, al termine del processo, Salvatore Martino, sarà ritenuto effettivamente colpevole del reato per il quale oggi è indagato.

La vicenda, prima nel suo genere in città, desta sicuramente clamore, proprio alla luce del fatto che quanto accertato dagli organi inquirenti è un sistema spesso adoperato a Lamezia da alcuni imprenditori senza scrupoli, avvantaggiati dalla costante mancanza di lavoro che agevola, in qualche maniera, il lavoro sommerso. In città come nell'hinterland. L'operazionde della Guardia di Finanza di Lamezia si inserisce in quell'attività di contrasto al lavoro sommerso che ha come unico fine l'arricchimento di quegli impreditori che, a discapito di altri, evadono annualmente le tasse. La denuncia di questo lavoratore nei confronti del titolare fa quindi ben sperare che molti altri rompano il silenzio e denuncino a loro volta il "racket dello stipendio".

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