Lamezia, operazione Piana nel 2013: assolto imprenditori edile

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Lamezia Terme - Assolto per non avere commesso il fatto. Si conclude il processo di appello celebrato nei confronti di un noto imprenditore lametino, Antonio Gallo, difeso dall’avv. Aldo Ferraro, che era stato coinvolto nell’operazione c.d. “Piana” condotta dalla Procura Distrettuale di Catanzaro ed eseguita dalla DIA di Catanzaro, nella quale 4 imprenditori lametini operanti nel settore edile furono tratti in arresto la mattina del 29/05/2013, con l’accusa di far parte della cosca Giampà in qualità di “imprenditori di riferimento” della cosca.

Due di loro furono giudicati con rito abbreviato e furono condannati con sentenza irrevocabile, mentre Antonio Gallo ed altro imputato scelsero di essere giudicati con rito ordinario, di cui è stato appunto concluso il giudizio di appello, con una assoluzione ed una condanna. All’esito dell’udienza di ieri, infatti, la Terza Sezione della Corte di Appello di Catanzaro (Presidente Battaglia, a latere Ciriaco e Fontanazza), ha confermato la sentenza di assoluzione che il Tribunale Collegiale di Lamezia Terme aveva già pronunciato, il 02/07/2019, nei confronti dell’imprenditore lametino, rigettando l’atto di appello proposto dal P.M. Distrettuale di Catanzaro. La Procura riteneva che il Giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto non attendibili i collaboratori di giustizia che in tutti gli altri processi celebrati nel lametino sono stati sempre ritenuti attendibili e credibili.

Ciò aveva indotto i Giudici di Appello ad accogliere la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale formulata dalla Procura, tanto che nei mesi scorsi sono stati risentiti in aula i collaboratori di giustizia Giampà Giuseppe, Torcasio Angelo e Cosentino Battista, che hanno ribadito le accuse mosse nei confronti dell’imprenditore, senza tuttavia riuscire ad individuare in cosa si sarebbe concretizzato l’apporto dell’imputato a favore della cosca, né cosa la cosca avrebbe fatto per lui. Dal controesame dell’avv. Ferraro è infatti emersa la genericità delle dichiarazioni rese dai collaboratori, nessuno dei quali è stato in grado di riferire alla Corte una sola circostanza che potesse dare concretezza all’ipotesi accusatoria. A maggior ragione considerando che l’assoluzione di primo grado si fondava sulla rigorosa dimostrazione, fornita dalla difesa, che gli appalti che la Procura riteneva fossero stati affidati all’imprenditore su pressione della cosca, gli erano stati invece affidati per ragioni di convenienza economica, al di fuori da contaminazioni mafiose o pressioni di sorta.

All’esito di tale rinnovazione istruttoria, il Procuratore Generale ha chiesto la condanna dell’imprenditore a 5 anni di reclusione, mentre l’avv. Ferraro, per l’imputato, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado, a fronte della conclamata estraneità, dell’imprenditore, alle gravissime accuse che gli sono state mosse, conclusioni integralmente accolte dai Giudici di appello, che hanno assolto Antonio Gallo per non avere commesso il fatto. Dovranno attendersi 90 giorni per il deposito delle motivazioni, ma ciò che è certo si legge in una nota del legale "è che la doppia assoluzione pronunciata nei confronti dell’imprenditore Antonio Gallo restituisce dignità a chi è stato suo malgrado sottoposto ad oltre un anno di misura cautelare carceraria e domiciliare, e ad oltre 12 anni di processo, e che non ha mai perso fiducia nella giustizia che, anche se lenta, arriva inesorabile".

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